Incertezze, timori e mancanza di notizie
PIOMBINO 7 marzo 2015 - La sensazione nettissima che si avverte dopo tre ore di dibattito al Perticale sulla crisi della Lucchini e sull’arrivo di Cevital è quella dell’incertezza, della preoccupazione per un futuro che non è solo quello immediato e pressante della fabbrica e dell’indotto, ma nettamente si estende ad un intero Comprensorio che, smarrito, si aggrappa ad ogni speranza nel tentativo ormai non di vivere ma di sopravvivere.
Una situazione indubbiamente grave, come tale non è mai stata dal dopoguerra ad oggi e che così va riconosciuta per poterla affrontare.
Quando, come è accaduto nell’intervento di Paolo Cappelli, si sente più volte urlare il richiamo al domani dei propri figli, è il momento davvero di temere per ciò che generazioni di lavoro hanno conquistato, per la futura tranquillità delle famiglie, per la tenuta sociale delle nostre comunità.
Al Perticale, dove hanno sentito il bisogno di partecipare solo due sindaci (Massimo Giuliani e Giuliano Parodi), si è fatto strada perfino il dubbio circa gli strumenti che si hanno per affrontare una tale emergenza. Perché è chiaro che gli annunci, le esternazioni quotidiane sui media, le promesse che valgono solo poche settimane non sono il metodo né il mezzo per risollevarci.
La cronaca impietosa di oggi, rivissuta anche al Perticale (iniziativa delle associazioni “Lavoro, salute e dignità”, “Ruggero Toffolutti”, “Legambiente”e“Restiamo umani”), purtroppo questo regala.
Dopo aver rincorso su un chiattone il mare “pericoloso” verso Genova che il relitto della Concordia ha percorso poi senza difficoltà e senza causare inquinamento, dopo aver applaudito in Comune e brindato al Calidario alle iniziative di mister Kaled conosciuto più nelle galere Usa che nelle sale di contrattazione delle borse, dopo aver respinto le mire parziali e limitate (solo 700–800 riassunzioni) degli indiani di Jindal, dall’ Algeria è arrivato Cevital. Va subito detto che il gruppo di Issad Rebrab ha solidità e caratteristiche che non lo assimilano certo ad altre imprese che popolano i quartieri dell’avventura quando sentono odore di crisi in un territorio.
Semplicemente va (e soprattutto andava) preso atto che Cevital non ha per missione il quotidiano prodigarsi in opere di beneficienza. Più banalmente e normalmente il gruppo algerino persegue i propri affari, fa i propri conti, investe dove ritiene di dover ricavare profitti, sa quando è il caso di insistere e quando invece è opportuno mollare. Sicuramente avrà visto in Piombino un’occasione di investimento che – crediamo – possa essere legata più ad un porto in sviluppo e che offre un approdo sul versante europeo del Mediterraneo, che non ad una acciaieria in crisi da anni. La quale tuttavia può benissimo integrarsi col nuovo porto e da esso trarre nuova linfa.
Con questo spirito e con questa consapevolezza gli algerini andavano accolti anche quando essi hanno indicato progetti altisonanti che verosimilmente si configuravano non come impegni formali ma semplicemente come manifestazioni di interesse che, a verifiche eseguite, potevano o non potevano trasformarsi in atti concreti.
Forse non è un caso che mister Rebrab sia rimasto abbastanza estraneo rispetto al dibattito mediatico che lo ha coinvolto lasciando ad altri ogni tipo di interpretazione delle sue azioni.
Il risultato è che finora abbiamo conosciuto forni elettrici, vari revamping, porto, vetreria, polo agro alimentare ecc, ecc.. Roba impegnativa e roba indicata come realizzabile in tempi da centometrista. Della serie, secondo una facile interpretazione, “presto tutti di nuovo al lavoro”.
Negli ultimi tempi il quadro è radicalmente cambiato. Lo storico altoforno, spento ad aprile e rimasto solo come presenza ingombrante in mezzo alla fabbrica, è di nuovo balzato agli onori delle cronache.
Da qualche giorno siamo bombardati da notizie e contro notizie: “Forse lo riaccendono, forse non lo riaccendono, forse si può, forse i tecnici dicono che non si può”.
Sulla materia, come si è udito anche nel dibattito al Perticale, le valutazioni sono opposte. Il sindacato, e soprattutto il maggiore di essi, cioè la Fiom, è uscito con una dichiarazione forte: “Il riavvio è una genialata”. Oggi magari ci va più piano ma continua a sostenere l’ipotesi riaccensione considerandola l’unico possibile strumento per ricollocare subito i lavoratori ai quali stanno scadendo i periodi degli ammortizzatori sociali e che a breve potrebbero quindi trovarsi in una condizione drammatica.
Cosa significhi, temporalmente, l’immediato riavvio dell’altoforno non è dato sapere ma di sicuro non si può parlare in termini di settimane e, considerando la necessità di una rivisitazione dell’intera area a caldo, è forse più opportuno indicare scadenze in più e più mesi.
Sui costi per un’operazione del genere il buio è ancora più pesto. Limitiamoci a dire tanti, tanti milioni. Un bel gruzzolo tale da rimettere in discussione i previsti due forni elettrici perché anche da Babbo Natale tutto non si può avere, ovvero non si può mettere mano all’area a caldo per riattivare il ciclo integrale e contemporaneamente costruire due forni elettrici destinati a sostituire il vecchio, restaurato Afo.
La posizione degli “anti altoforno” si sintetizza ripetendo ancora una volta la valutazione di Stelio Montomoli: “Una supercazzola”. Non si è arrivati a tanto al Perticale ma, chi si è detto contrario al riavvio, è stato altrettanto incisivo giudicandolo un ritorno al passato con la possibilità di accumulare nuovi debiti e nuove crisi.
Un vero guazzabuglio ma non il solo nel dibattito dentro la affollatissima sala dell’incontro sulla Lucchini.
Se guazzabuglio infatti è, esso è legato ed anzi è soprattutto conseguenza di un’informazione precaria per non dire assente da parte degli attori in causa. I quali saranno giustamente tenuti ad una comprensibile riservatezza ma non possono ignorare l’esigenza di una conoscenza da parte di una comunità che sta alla finestra col fiato sospeso.
L’esempio più illuminante è datato addirittura 2 dicembre 2014, ovvero oltre tre mesi fa quando Cevital era appena sbarcata a Piombino. Quel giorno a Roma in un lungo tavolo presente il premier Renzi, si verificò un avvenimento importante: Rebrab per Civital e il commissario Nardi per Lucchini e Lucchini servizi firmarono un contratto preliminare di vendita, ovvero quello che, negli acquisti importanti della gente comune, si chiama compromesso. L’aggettivo che di solito si usa in occasioni del genere è “storico” e quindi “storico” fu anche quel preliminare che raccoglieva – crediamo – i programmi di Cevital, reduce da una recente vittoria sui rivale indiani di Jindal.
Renzi per le firme importanti non lesina spese e così nel salone vennero convocati giornalisti, fotografi e cameramen che ebbero occasione di immortalare tutti i convenuti, esponenti locali compresi come il governatore Rossi e come il sindaco Massimo Giuliani, arrivato con un po’ di ritardo ma diligentemente presente.
Fu detto che a Renzi ed al governo quella sorte di show serviva per dimostrare l’attenzione romana su Piombino, ovvero per alimentare la convinzione che l’esecutivo non pensasse soltanto a Taranto come punto di riferimento nazionale per l’acciaio. Ma questa è da considerarsi solo una supposizione la cui attendibilità sarà verificata solo col passare del tempo.
Fatto è che ci si sarebbe attesi che, come avviene in questi casi, il testo fosse diffuso, almeno in sunto. Invece nulla.
Nel dibattito al Perticale in molti e tante volte sono tornati sull’esigenza di poter conoscere il documento. Sarebbe stato importante se non altro sapere, come ha sottolineato il capogruppo di Rifondazione Fabrizio Callaioli, a quanto ammonti la caparra che verosimilmente Cevital avrà versato. Silenzio anche su questo particolare senz’altro significativo perché chiaramente interesse del compratore e somma versata a garanzia sono parametri direttamente proporzionali (solo se l’interesse è alto la caparra potrà essere altrettanto alta).
Non ci piace riportare voci ma tuttavia corre l’obbligo di segnalare insinuazioni, sottolineiamo non confermate, di un basso ammontare di questa caparra al punto che alcuni riferiscono che neanche esista. Non sarebbe male che almeno questo fosse smentito. Al riguardo per ciò che ci compete siamo pronti ad ospitare testi in merito che possano chiarire.
Dal Tirreno apprendiamo che il 19 marzo mister Rebrab sarà nuovamente ospite del governo. Da augurarsi che qualche notizia utile dall’incontro possa derivare a beneficio della gente e dei dipendenti di Lucchini e dell’indotto in particolare.
In verità, picchia e mena ed a stento, qualcosa sul preliminare di vendita si è riusciti ad avere traendolo da un documento che Nardi e Rebrab hanno firmato il 15 gennaio scorso in forza della legge Marzano del 1990. Si tratta della comunicazione, che a fronte di una trattativa in corso come quella della Lucchini, le parti devono fornire alle organizzazioni di categoria. In questo documento, alla fine di pagina 4, si scrive testualmente: “in data 2 dicembre 2014 è stato sottoscritto il relativo contratto preliminare di vendita prevedendo, quali condizioni per il verificarsi di tale trasferimento, che: …”. Segue una nutrita serie di indicazioni relative soprattutto ai criteri di riassorbimento del personale e che occupano in particolare le pagine 5 e 6 del documento. Si tratta di elementi indubbiamente interessanti che, chi vuole, può leggere cliccando qui.
Più ancora importante ai fine della informazione sarebbe la conoscenza del piano industriale di Cevital. Pare evidente – ed è emerso anche dal dibattito – che un piano industriale, ovvero un puntuale documento, nero su bianco, fatto di numeri e di adeguate considerazioni, al momento non ci sia. Il difetto condiziona qualsiasi serio tentativo di giudizio e quindi sono assolutamente giustificate le pressanti raccomandazioni, giunte praticamente da ogni parte, perché il documento venga prodotto.
Quando? Ovviamente risposte precise, come al solito, non esistono.
Quel che si sa è che il termine per la firma del contratto definitivo di vendita è slittato dal primo aprile a maggio.
L’impressione è che Civital stia valutando, che la mole di rischi, di incognite, di problemi imprevisti possa essere per gli algerini anche più grande di quel che essi potessero attendersi.
Se così è, nulla può escludersi e l’attesa dell’eventuale piano potrebbe anch’essa raggiungere maggio.