Commedia dell’assurdo: dopo Rebrab ecco Jindal
PIOMBINO 7 settembre 2017 — Ieri è arrivata la dichiarazione del ministro Calenda che in relazione ai rapporti con Aferpi ha affermato che “difficoltà riscontrate in queste ultime settimane sono difficilmente accettabili e superabili. Per questo ritengo sia prossimo il momento di ricercare soluzioni alternative”. Come se a giugno le stesse difficoltà non ci fossero. Ma lasciamo stare. La cosa curiosa è che già da una settimana sono cominciate ad essere ospitate in quotidiani locali e nazionali le notizie non solo dell’interesse del siderurgico indiano Jindal per Piombino ma anche dei progetti su cui stava già lavorando, del piano già presentato alle autorità nazionali, regionali e locali, del budget di spesa, dell’occupazione futura. In realtà una gran confusione. Tutto naturalmente esposto sulla base di informazioni provenienti da personalità autorevoli e così via. Soltanto se si ricordasse la messe di promesse, certezze, previsioni, ma anche offese, tutte smentite dalla realtà, di cui siamo stati inondati dal 2004 in poi questo basterebbe a prendere con le molle anche le ultime notizie, ma facciamo, anche questa volta, un ulteriore sforzo per esaminare davvero il contenuto delle notizie riducendole a pochi temi fondamentali. Preannunciamo che lo sforzo porta ad una evidente conclusione: l’inattendibilità e l’irrealizzabilità del “piano Jindal” per come è stato raccontato.
Si riavvia il ciclo integrale
Si parla di riavviare il ciclo integrale escludendo la cokeria e acquistando il coke per produrre ogni anno 3 milioni di tonnellate di acciaio. Per raggiungere questa produzione occorrono 2,5 milioni di tonnellate/anno di ghisa liquida, che corrispondono grosso modo a una media di 7000 tonnellate/giorno. È doveroso ricordare che l’altoforno è nato per produrre al massimo delle sue possibilità, e quindi in condizioni tecniche ottimali, 6600 tonnellate/giorno di ghisa che, moltiplicati per i giorni di produzione stimati al netto delle fermate in circa 352 giorni, arrivano ad un totale massimo, comunque mai raggiunto, di 2,3 milioni di tonnellate/anno. Pensare di poter oltrepassare questi limiti imposti dal dimensionamento di componenti fondamentali dell’altoforno è quantomeno incauto, a meno che non si tolga ogni freno ed ogni limite suggerito, ma direi imposto, da precise specifiche tecniche che indicano quale sia la gestione corretta dell’impianto e si guardi solo ai volumi produttivi. È ovvio, peraltro, che ciò avverrebbe in disprezzo della sicurezza degli impianti stessi oltre che del rispetto dell’ambiente.
Problemi ambientali anche senza cokeria
La mancanza di una cokeria in tal caso può essere apprezzata, essendo note le problematiche che crea nell’ambiente circostante e le pesanti ricadute sulla salute degli addetti e, pur in minor misura, anche sulla popolazione circostante. Tuttavia il fatto che tutto il coke necessario arrivi dal porto (che tutt’oggi non esiste) trasportato lì con navi di grande portata non è esente da problemi. Anche utilizzando le migliori soluzioni tecnologiche, come nastri di trasporto chiusi o sigillati e depositi di carbone (carbonili) posti all’interno di capannoni, è impossibile non avere perdite di polvere nera durante le movimentazioni del materiale nell’ambiente circostante ovviamente in maggior misura con forti venti che da noi sono spesso presenti.
Problemi ancor più pesanti per l’acciaieria
Venendo poi all’acciaieria, dove probabilmente i problemi sarebbero più pesanti e maggiormente percepiti dalla popolazione, si possono fare le seguenti considerazioni:
- I tre convertitori esistenti, totalmente da rifare perché degradati e giunti a fine vita, non potrebbero in alcun modo produrre 3 milioni di tonnellate/anno. Le loro dimensioni già portate al massimo possibile nel revamping del 1998, con un tempo di produzione (tap to tap) di circa 45/50 minuti , non consentono di superare i 2 milioni di tonnellate/anno, a meno che non si riducano i tempi di fabbricazione aumentando il volume dell’ossigeno soffiato dalle lance, con pesanti ricadute in termini di fumosità e polverosità nell’ambiente circostante.
- Gli impianti di aspirazione esistenti non sono assolutamente in grado di consentire una produzione superiore alle 2 milioni di tonnellate/anno. In particolare l’impianto Lurgi Thissen per i fumi primari è stato dimensionato per questo obiettivo, sfruttando al massimo gli spazi disponibili, e non consentirebbe aumenti di soffiaggio dell’ossigeno, necessari, come sopra detto, per ridurre i tempi di fabbricazione. Dato lo stato di abbandono e di degrado in cui versa, essendo un impianto molto sofisticato, dovrebbe essere interamente revisionato in ogni suo componente, ivi compresa la parte di recupero gas CO fino alla centrale elettrica di utilizzo.
In aggiunta a quanto sopra, va detto che due milioni di tonnellate/anno (oltre 60 colate/giorno con tre convertitori in marcia) sono state possibili per brevi periodi con gli impianti in condizioni ottimali. Oggi abbiamo in tutta l’acciaieria impianti degradati (sono state persino smantellate le linee elettriche per recuperare il rame) che necessiterebbero di importantissime attività di manutenzione e, in molti casi, di rifacimento totale.
Impossibile produrre tre milioni di tonnellate di acciaio
In sintesi il sistema altoforno-acciaieria per come è dimensionato, anche riportando l’acciaieria in condizioni di produrre con investimenti importanti, non sarebbe assolutamente in grado di produrre tre milioni di tonnellate/anno di acciaio necessari ad alimentari ben quattro laminatoi (treno di laminazione per profilati vari TMP, treno di laminazione per vergella TVE, treno di laminazione per rotaie TPP, treno di laminazione coils), ma resterebbe lontanissima da questo obiettivo. Se lo scopo di Jindal è inderogabilmente quello di produrre 3 milioni di tonnellate/anno, vanno adottate soluzioni impiantistiche alternative che, da quanto si evince dalle notizie pubblicate, non sono prese in considerazione.
L’incognita del laminatoio per coils
Riguardo al laminatoio per coils, punto molto oscuro della questione, in mancanza di un progetto complessivo non risulta comprensibile la strategia, ovvero se Jindal intende riattivare la macchina a bramme e da quelle produrre coils o se persegue un’altra strategia. Il tutto è estremamente fumoso e, forse volutamente, al momento non definito. Certo è che un laminatoio per coils è un impianto molto grande e complesso, costituito da una colata continua con annessi impianti di metallurgia e, a seguire in linea il laminatoio, con aspo avvolgitore e finimenti, che dovrebbe essere alimentato da un forno elettrico dedicato: in sintesi un’acciaieria completa. Questo vorrebbe la logica e la ragionevolezza tecnica, ma dove andare a realizzare un impianto simile, non è assolutamente chiaro.
Ipotesi di costi campate in aria
Parlando infine dei costi è evidente che i 400 milioni di euro indicati, sono assolutamente insufficienti per condurre a buon fine un progetto come quello ipotizzato anche nell’ipotesi minimale, ovvero produrre coils da bramme dell’esistente colata continua. In linea di massima 400 milioni di euro sono sufficienti per realizzare solo un nuovo treno rotaie ed il laminatoio per coils, ovviamente senza il forno elettrico. Se così non fosse allora si aprirebbero scenari che non sembrano essere stati presi minimamente in considerazione ma al momento attuale si può solo dire che la confusione e l’indeterminazione imperanti danno spazio a considerazioni e ipotesi tutt’altro che positive. È assolutamente indispensabile che politici e amministratori a tutti livelli, pretendano la massima chiarezza sulle intenzioni, le finalità e le risorse finanziarie necessarie.
Chiunque sia, Jindal o altri, deve elaborare un progetto di massima tecnicamente credibile. Oggi siamo alla commedia dell’assurdo, ma la commedia dell’assurdo è già stata recitata da Issad Rebrab e da coloro che a livello nazionale, regionale e locale hanno creduto nel suo piano industriale del tutto inattendibile.
*Leonardo Mezzacapo è stato responsabile dell’ufficio tecnico della ex Lucchini
Gli interventi del sig. Mezzacapo sono sempre puntuali ed esaustivi e concordo, pur non avendone le competenze, sulle sue conclusioni. Faccio solo una semplice considerazione: non è che Jindal tenti la strada che ha seguito Rebrab? Ovvero spara alto per avere quasi la certezza di mettere le mani su Piombino? Rimango e rimarrò dell’idea, fino a prova contraria, che il loro obbiettivo rimangono i laminatoi, anche con l’aggiunta del laminatoio dei coils ma sempre e solo laminatoi!! E l’acciaio necessario? Di dove verranno i 3ML/tons?!! Non certo dall’AFO ma da un’altro continente!!