A Campiglia una lista unitaria di cambiamento
CAMPIGLIA 15 GENNAIO 2014 — Quando decidemmo, nel 2009, di dar vita ad una lista civica a Campiglia pensavamo all’apatia politica degli anni precedenti: nessun dibattito in Consiglio Comunale (la Sindaca uscente, onorevole Velo, si vantava di chiudere i Consigli in poche decine di minuti), nessun confronto tra i partiti di maggioranza e di opposizione, pochissime informazioni ai cittadini. A prevalere era stato il silenzio dietro al quale erano però maturate decisioni rilevantissime come quelle di raddoppiare le escavazioni a Monte Calvi o di far costruire un grande impianto di betonaggio nel mezzo ai campi delle Lavoriere senza nessuna ragionevole logica urbanistica. Dicemmo anche che “era meglio se non ce ne fosse stato bisogno” perché la lista civica nasceva dalla difficoltà dei partiti a svolgere il proprio ruolo e dalla crescente sfiducia verso la politica. Ci proponevano di contenere l’astensionismo e di favorire il dibattito politico. Non spetta a noi giudicare, ma ritengo che l’impegno della lista civica abbia fatto emergere limiti e problemi che i cittadini mai avrebbero potuto conoscere.
La realtà che abbiamo trovato è stata peggiore dell’immaginazione. Sono risultati evidenti i legami con i poteri forti (sostanziati dalla propensione a non discutere dei temi complessi, come le attività estrattive) e l’assenza di una solida cultura democratica a partire dal mancato rispetto del Consiglio Comunale, dalla poca trasparenza, dal difficile accesso agli atti pubblici, fino al perdurare di intimidazioni verso cittadini anche solo sospettati di avere posizioni critiche verso l’amministrazione. Abbiamo assistito alla completa dissoluzione della sovracomunalità e all’emergere di vere e proprie ritorsioni tra i Comuni della Val di Cornia. Sono mancati idee e progetti innovativi e si presenteranno a mani vuote per l’accesso ai fondi europei della programmazione 2014–2020. Non c’è stato impegno per contenere la spesa improduttiva e di fronte ai tagli dello Stato l’unica manovra è stata quella dell’inasprimento dei tributi comunali a danno di cittadini e imprese.
Più che del confronto politico la maggioranza si è avvalsa della forza dei numeri grazie anche ad una legge elettorale che, per i Comuni sotto i 15.000 abitanti, assegna i 2/3 dei consiglieri alla lista che prende anche solo un voto in più della seconda.
Dopo l’esperienza di questi cinque anni ci siamo fatti l’opinione che “il migliore servizio che oggi possiamo fare ai nostri cittadini è provare a dargli amministrazioni alternative a quelli che conosciamo”. Non basteranno le divisive lotte intestine interne al PD (caratterizzate più da personalismi che da alternative programmatiche) a modificare il sistema di potere che rende difficili cambiamento e innovazione in questi territori.
Per favorire il processo unitario abbiamo avanzato la proposta di superare l’esperienza della lista “Comune dei Cittadini” per dar vita ad una più larga “lista unitaria del cambiamento” in grado di competere davvero con un PD che alle ultime elezioni politiche del 2013 era di poco sopra il 40%. Obiettivo difficile, ma non impossibile perché tra i cittadini c’è molta insoddisfazione. Il presupposto è che tutti coloro che non hanno condiviso il governo di questi anni facciano prevalere la ricerca delle convergenze programmatiche sulle specifiche appartenenze e identità politiche per dare una chance reale di cambiamento. Continuiamo a pensare che i nostri cittadini abbiamo il diritto di sperare in qualcosa di più e di meglio di pur onorevoli opposizioni nei consigli comunali. La sfida è il governo alternativo senza il quale il futuro lo conosciamo già.