A chi credette al grande progetto dai piedi di argilla

· Inserito in Lavoro e lavori, Lettere
pervenuta in redazione

PIOMBINO 20 agos­to 2016 — Il Sin­da­co e il Vicesin­da­co di Piom­bi­no, in un recente comu­ni­ca­to, se la pren­dono con “una mino­ran­za di lavo­ra­tori” per nascon­dere le respon­s­abil­ità delle isti­tuzioni. Non sap­pi­amo se si riferis­sero anche a noi, ma per quan­to ci riguar­da pos­si­amo tran­quil­la­mente invi­tar­li a “stare sereni”: noi lavo­ra­tori in CIG ( a 800 euro al mese) siamo rispet­tosi del­la isti­tuzione sin­da­ca­to e riman­di­amo con facil­ità ai mit­ten­ti le accuse di dividere i lavo­ra­tori e tentare di iso­lare i sin­da­cati; quei sin­da­cati (tut­ti! … a propos­i­to di unità dei lavo­ra­tori) che noi abbi­amo dife­so (il Sin­da­co lo ha fat­to?) nel nos­tro ulti­mo comu­ni­ca­to, in rifer­i­men­to alle assem­blee di fab­bri­ca pro­mosse dall’ azien­da . Si, per­ché in una Repub­bli­ca fon­da­ta sul lavoro (Art. 1 …) il sin­da­ca­to è nos­tro, di tut­ti i lavo­ra­tori iscrit­ti, e nes­suno più di noi ha inter­esse a difend­erne la natu­ra di luo­go aper­to alla dis­cus­sione (anche aspra se occorre), di stru­men­to di dife­sa del salario, dei dirit­ti, del­la democrazia in fab­bri­ca. Quan­do critichi­amo i diri­gen­ti che a nos­tro avvi­so sbagliano è per­ché sap­pi­amo che la for­ma di divi­sione più peri­colosa è quel­la tra appa­ra­to e lavo­ra­tori, come suc­cede quan­do alcu­ni diri­gen­ti prat­i­cano una lin­ea che guar­da più alle com­pat­i­bil­ità e agli inter­es­si del sis­tema di potere politi­co-isti­tuzionale dom­i­nante (cui il Sin­da­co appar­tiene) che non alle esi­gen­ze dei lavo­ra­tori.
Se Afer­pi, dopo più di un anno, è al pun­to zero del pro­prio piano indus­tri­ale (a parte aver taglia­to le buste paga dei lavo­ra­tori e tolto loro una serie di dirit­ti) non è cer­to addeb­itabile alle osser­vazioni nos­tre, o di altri grup­pi. Anzi, le critiche ci sono pro­prio per­ché delle promesse fat­te non se ne è man­tenu­ta una.
È pro­prio per­ché il prog­et­to ha mostra­to, fin dall’ inizio, delle pre­oc­cu­pan­ti falle ai fini del­la fat­tibil­ità e del­la sosteni­bil­ità finanziaria, che anco­ra oggi Cevi­tal rin­corre inutil­mente le banche, le quali cer­to non han­no con­sul­ta­to noi per riscon­trare l’ insuf­fi­ciente cred­i­bil­ità nec­es­saria per rischiare i cor­posi cap­i­tali nec­es­sari. Oppure cer­ca vie d’us­ci­ta da “ulti­ma spi­ag­gia”, come la ces­sione del con­trol­lo a fon­di inter­nazion­ali ( sono solo voci “in lib­ertà ?) che rimet­tereb­bero tut­to in dis­cus­sione (com­pre­si i nos­tri posti di lavoro), for­ti delle con­vinte pro­fes­sioni di “assen­za di alter­na­tive” al piano che avrebbe risolto ogni prob­le­ma!
Col­oro che han­no cre­du­to, in modo acriti­co, al grande prog­et­to dai pie­di di argilla (ammin­is­tra­tori, diri­gen­ti politi­ci e sin­da­cali), e non altri, devono essere chia­mati a rispon­dere delle cose che non van­no; da parte loro, infat­ti, si è accetta­to l’avven­to, a Piom­bi­no, del grup­po algeri­no come se fos­se una nuo­va reli­gione, un dog­ma, sino alla accettazione pas­si­va del nuo­vo “piano truf­fa”, pre­sen­ta­to dal­l’azien­da a loro insa­pu­ta (almeno così affer­mano). Pec­ca­to che tale piano preve­da centi­na­ia di esuberi e la fine del­l’in­dot­to (altri mille lavo­ra­tori cir­ca). Con­tro tut­to questo chiede­va­mo, all’us­ci­ta dal Mise, di orga­niz­zare una forte mobil­i­tazione, facen­do diventare Piom­bi­no un caso nazionale da risol­vere, con Rebrab o sen­za di lui; e affer­man­do che i lavo­ra­tori non pos­sono essere carne da macel­lo di col­oro che nel cor­so del tem­po ( nel­la siderur­gia di Piom­bi­no) sono sta­ti pre­sen­tati come i sal­va­tori del­la Patria, ma in realtà han­no sal­va­to solo i loro inter­es­si.
Pro­prio ai sal­va­tori del­la Patria le isti­tuzioni si sono affi­date, conce­den­do  loro tut­to ciò che vol­e­vano, dal pun­to di vista urban­is­ti­co, ambi­en­tale e del­la riduzione di salario e dirit­ti dei lavo­ra­tori. Tan­to che l’ azien­da, forte del “non abbi­amo alter­na­tive”, rilan­cia: vuole sot­trar­si alla V.I.A. (forse speran­do nell’ acqui­escien­za di isti­tuzioni che si sono messe con le spalle al muro ) e cer­ca con le “assem­blee padronali” in fab­bri­ca, nel momen­to in cui annun­cia più di 700 “esuberi” (cioè 700 lavo­ra­tori, 700 famiglie) di met­tere all’ ango­lo i sin­da­cati.
Se le isti­tuzioni avessero fat­to il loro mestiere da tem­po dove­va essere pron­to un piano B, non solo per evitare il dis­as­tro, caso mai il prog­et­to Afer­pi  non si real­iz­zasse, ma  anche per­ché la siderur­gia non potrà, comunque, fornire lavoro a tut­ti. Dire a Piom­bi­no ” o  Afer­pi o morte” sig­nifi­ca met­tere la comu­nità sot­to il ricat­to per­ma­nente di dover accettare qual­si­asi con­dizione l’im­pren­di­tore vor­rà imporre al nos­tro ter­ri­to­rio.
Eppure un “piano B” a Piom­bi­no, “in nuce” c’è già. Si trat­ta di met­tere a frut­to le dis­cus­sioni che per decen­ni si son fat­te sul­la diver­si­fi­cazione eco­nom­i­ca (e su tan­ti aspet­ti ci tro­verem­mo d’ accor­do), decla­man­dola sen­za mai attuar­la con con­vinzione e cor­ag­gio. Si trat­ta final­mente di met­ter mano, o meglio di azionare le ruspe, per rimuo­vere gli enor­mi cumuli di rifiu­ti spe­ciali e peri­colosi e bonifi­care ciò che va boni­fi­ca­to (lavoro imme­di­a­to per molti e tutela del lavoro futuro). Si trat­ta di dare “un colpo di reni” alla ques­tione del­la 398 fino al por­to, (mag­a­ri evi­tan­do per­cor­si in con­trasto con le neces­sità cit­ta­dine): tan­ti anni di col­ore uni­forme dei gov­erni locale, regionale e nazionale, (gov­erni del par­ti­to del Sin­da­co), han­no inchioda­to ques­ta cit­tà ad un semi­iso­la­men­to che pesa come un macig­no su qual­si­asi ipote­si di svilup­po. Si trat­ta di poten­ziare i col­lega­men­ti fer­roviari, ma per gli inter­es­si del­la cit­tà, non per regalare altre aree preziose di ter­ri­to­rio ad una azien­da che non ne ha bisog­no. Si trat­ta di guardare alle aree por­tu­ali come un bene pub­bli­co prezioso che non si cede alla cieca per mez­zo sec­o­lo all’ impren­di­tore squat­tri­na­to di turno. Si trat­ta di sal­va­guardare una siderur­gia mod­er­na ed eco­com­pat­i­bile, cosa che si può real­iz­zare solo nell’ ambito di un Piano Siderur­gi­co Nazionale, con­cet­to che dovrebbe ess­er caro anche al par­ti­to del Sin­da­co, con­sideran­done la sto­ria. Temi­amo purtrop­po che l’ accettazione supina degli appro­di recen­ti di quel­la sto­ria con­sen­tano all’am­min­is­trazione comu­nale attuale solo di assec­on­dare le leg­gi sel­vagge del liberis­mo glob­al­iz­za­to, facen­do “mar­ket­ing ter­ri­to­ri­ale” nel­la accezione peg­giore del ter­mine, quel­la di sven­di­ta del ter­ri­to­rio. Mag­a­ri salu­tan­do l’ arri­vo in loco di rifiu­ti peri­colosi da ogni dove (da col­lo­care non lon­tano da aree tur­is­tiche) e la demolizione delle navi come l” ingres­so nell’ econo­mia del futuro.
Se il Sin­da­co e il suo Vice non han­no in mente nien­t’al­tro che l’in­ter­ven­to ester­no di un impren­di­tore  cui con­seg­nare le chi­avi del­la cit­tà, dichiari­no la loro inca­pac­ità a gov­ernare e ne traggano le deb­ite con­seguen­ze. Ci pos­sono essere idee alter­na­tive che non preve­dono né sal­va­tori venu­ti dal cielo, né di ren­dere sud­di­ti i cit­ta­di­ni e i lavo­ra­tori di Piom­bi­no.

Coor­di­na­men­to Art. 1 – Camp­ing CIG

(Foto di Pino Bertel­li)

2 risposte a “A chi credette al grande progetto dai piedi di argilla”

  1. Paolo Luppoli says:

    A tut­ti gli attori del­la verten­za Afer­pi: si pas­si, subito, da loquimur a fac­ta, non ver­ba.

  2. Sergio Tognarelli says:

    Quan­do (spe­ri­amo pri­ma pos­si­bile) ques­ta vicen­da finirà come si annun­cia, cioè in un bel nul­la, dovrà cadere anche tut­to l’ap­pa­ra­to del regime par­ti­to­crati­co che l’ha sostenu­ta.

Commenta il post