A cosa servono le cave: risposta al sig. Bartalesi
CAMPIGLIA 28 aprile 2014 — Il Sig. Vito Bartalesi responsabile PD del settore Ambiente per la Val di Cornia e Elba, torna a sostenere l’imperativo categorico di mantenere, promuovere e potenziare l’attività di cava in Val di Cornia. Questo convincimento si basa su quattro presupposti: la protezione dell’ambiente consiste nel garantire livelli accettabili di inquinamento acustico, dell’aria e delle acque; l’attività di cava fa parte della storia dei luoghi; i materiali estratti sono destinati ad altre attività vitali per l’economia (Lucchini, Solvay, Saint Gobain ecc.); i posti di lavoro devono essere tutelati ad ogni costo.
Queste affermazioni in realtà sono molto imprecise e parziali.
La protezione dell’ambiente, come è inteso nelle stesse regionali, passa attraverso la protezione di tutte le componenti di un territorio (la cultura in senso lato, tutte le attività economiche che hanno modellato il paesaggio fisico e culturale di una comunità, la tutela dei patrimoni non rinnovabili come le colline, ecc.) e l’Ambiente al quale si riferiscono Bartalesi e il sottosegretario all’Ambiente Velo, si configura come una ristretta visione che risale alla metà del secolo scorso. L’ipotesi allora del Sig. Bartalesi di ricorrere a tecnologie raffinate e innovative nell’attività estrattive per garantire un ambiente migliore, non affronta il problema nella sua complessità.
I materiali estratti non vanno se non in minima parte ad attività vitali per l’economia, infatti per quanto riguarda la Val di Cornia, a parte la Cava di San Carlo che è destinata a rifornire la Solvay, le altre cave servono solo a fornire materiale inerte per l’edilizia, visto che purtroppo la Lucchini non produrrà acciai per altri due o tre anni (secondo il Presidente della Regione). Questo vuole dire che le cave di Monte Calvi e Monte Valerio al 2010 (dati provinciali) potevano scavare ancora mc. 11.000.000 rispetto ai mc. 7.000.000 già estratti e che tutti questi inerti andranno nell’edilizia o, in attesa che questa rinasca, a fare porti e autostrade che la Provincia auspica a gran voce dimenticando di avere detto, insieme a Regione e Legge Regionale, che in queste opere bisogna assolutamente privilegiare i materiali di recupero.
Tutelare i posti di lavoro è fondamentale e ancora più importante è l’aumentarli. Il Sig. Bartalesi sotto questo aspetto sembra poco informato, infatti sembra non sapere che a livello europeo l’indirizzo prevalente è ormai da anni il potenziamento del riciclo dei materiali residuali da cave o demolizioni o scorie di altri impianti di lavorazione. Il Sig. Bartalesi dovrebbe anche dire quello che ormai tutti sanno e cioè che ogni mc. 100.000 cavati occupano 9 operai in cava e che invece diventano 12 negli impianti di riciclo.
Il Sig. Bartalesi dimentica di dire che l’Europa chiede ai paesi membri di arrivare nel 2020 a impiegare nell’attività edilizia il 70% di materiali riciclati, che Francia e Inghilterra sono già da alcuni anni al 60%, che l’Italia nel 2012 era al 10% e la Toscana al 17%, che una legge (pochissimo rispettata) obbliga in tutti i lavori pubblici l’utilizzo di almeno il 30% di materiali riciclati; infine il sig. Bartalesi dovrebbe spiegare come mai l’impianto TAP che è costato 9.000.000 euro di soldi pubblici e che permetterebbe di riutilizzare le scorie delle acciaierie e di impiegarli in molti casi in sostituzione degli inerti cavati dalle montagne, viene lasciato inutilizzato.
Al Comitato per Campiglia sembra allora che il Sig.Bartalesi oltre ad avere una visione arcaica dell’ambiente e della sua tutela, proponga di proteggere il lavoro con formule fuori del tempo che sembrano risolversi nella protezione di un sistema che, prima dell’ambiente e dei lavoratori, privilegia i fortissimi interessi dei proprietari delle cave.
Alberto Primi, Comitato per Campiglia