A Piombino trattamento dell’amianto e non solo
PIOMBINO 5 febbraio 2016 — Ho letto con attenzione un articolo dal titolo “L’unica alternativa è lasciare le cose come stanno”. È un po’ troppo colto per le mie capacità cognitive (fenomenologia sociale, makerting, pedagogia) ma se dovessi farne un raffazzonato riassunto, specie sulla questione amianto, credo che sarebbe questo:
— finché le fabbriche tiravano tutti zitti e consapevoli che l’amianto era dappertutto,
— ora che il problema si pone, perché l’amianto continua ad essere dappertutto, le anime belle si oppongono a un possibile impianto di raccolta e smaltimento (in sicurezza) di questo schifo di materiale,
— allora (con ironia), “l’unica alternativa al riciclo, alle bonifiche e allo smaltimento in sicurezza di ciò che non può essere riciclato è continuare a ignorare il problema lasciando le cose come sono state e come stanno”, tanto più che si potrebbero creare almeno 50 posti di lavoro. Quindi, tra le righe, capto una opinione favorevole al progetto.
Certo la tecnologia odierna consentirà di trattare l’amianto in sicurezza; meglio una cosa avvertita come pericolosa ma gestita bene, che l’attuale inerzia.
Concordo pertanto con l’idea di mettere in atto a Piombino un centro nazionale di concentramento e trattamento dell’amianto, data la evidente ricaduta occupazionale ma anche ambientale, tema non secondario.
Pochi anni fa mi divertii a farmi ridere dietro lanciando l’idea provocatoria — ma mica poi così tanto — di trasformare le cave delle nostre colline in deposito per rifiuti nucleari; opportunamente coibentate di piombo e ben sigillate potrebbero accogliere scorie nucleari almeno dall’Italia. E poi, perché non pensare anche ad un impianto di trattamento delle scorie stesse, invece di spendere milioni per farle lavorare in Germania. Anche qui, posti di lavoro e contributi governativi, non lo si farebbe certo gratis, e il territorio ne avrebbe beneficio economico. Invece, meglio straccioni ma poter scrivere “Comune denuclearizzato” (qualsiasi cosa significhi ) sul cartello di ingresso al paese. A supporto di questa mia idea c’è la praticamente nulla storia tellurica delle nostre zone.
Quindi perché amianto sì e atomico no, oppure perché no a tutti e due. Le trovo meno impattanti di un inceneritore e più tecnologicamente avanzate.
Insomma, le due cose potrebbero essere i fers de lance per una nuova ripresa economica e non in contrapposizione con altri comparti ( turismo, agricoltura ).
Buonasera,
Una curiosità…in questo scritto del signor Guidi si fa riferimento ad un articolo scritto da Barbara Noferi. Io ho lo stesso nome e sono giornalista ma non ricordo di aver scritto un articolo con questo tema. C’è forse una mia omonima che fa il mio stesso mestiere? Scusate la mia curiosità, saluti.
Diamo atto alla collega Barbara Noferi di non aver scritto l’articolo a cui si fa riferimento nel testo di Luca Guidi. Per un caso di omonimia il “pezzo” citato da Guidi proviene da altro autore che ha lo stesso cognome della signora Barbara non avendo – e di questo ci scusiamo – anche lo stesso nome. Per evitare ulteriori equivoci abbiamo provveduto a togliere il riferimento in questione dall’articolo di Luca Guidi. Le stesse scuse anche ai lettori per l’ involontario errore. Un ringraziamento a Barbara Noferi per la segnalazione.