San Vincenzo, ha vinto il Partito comunista italiano
SAN VINCENZO 3 giugno 2015 - Non è un titolo d’altri tempi ma una constatazione aritmetica allarmante. Il totale dei voti validi espressi per tutte le liste domenica a San Vincenzo rimane bene al di sotto dei soli voti ottenuti dal Partito comunista italiano tra il 1975 e il 1985 nonostante gli aventi diritto siano cresciuti in numero dagli anni ’70 ad oggi. Il PCI poteva infatti contare su un numero di voti compresi tra 2.879 del 1985 e 3.025 del 1975. Oggi la somma dei voti validi di tutte le liste in competizione sono appena 2.741 per le liste e 2.866 per i candidati presidente.
Quest’assurdo storico e politico è reso possibile dall’affluenza più bassa di sempre. In linea con il resto della Regione e dell’intero Paese, a San Vincenzo si sono recati a votare il 52,66% degli aventi diritto con un calo dell’11,5% rispetto alle regionali del 2010 e del 22% rispetto alle ultime elezioni europee del 2014 quando alle urne si era recato il 74,04% degli aventi diritto.
Le regionali si confermano elezioni poco interessanti per i cittadini che scelgono di disertare in massa le urne. I risultati delle singole liste in uno scenario simile hanno uno scarso interesse perché oggi è chiaro che se esistesse una proposta politica in grado di motivare gli elettori delusi, tutti gli altri soggetti in campo sarebbero facilmente spazzati via.
Non si può neppure invocare la pretesa “lontananza” delle istituzioni regionali per giustificare una partecipazione così esigua. I cittadini sanno che le Regioni hanno competenze sempre più importanti sulle vite di tutti noi, a partire da quella sulla sanità. A riprova di ciò, basti il grafico relativo alle affluenze per le elezioni regionali tra il 1970 e il 2015 a San Vincenzo.
Mettendo in fila i vari dati sull’affluenza per le sole elezioni regionali (97,02% — 95,84% — 94,1% — 93,64% — 90,6% — 88,89% — 79,16% — 74,98% — 64,16% — 52,66%), si può notare facilmente quando avvenga il crollo della partecipazione.
Fino al 1995 l’affluenza subisce un calo costante ma contenuto, nel 2000 c’è una disaffezione di quasi un decimo dell’elettorato, un ulteriore 5% si perde per strada nel 2005 e da quella data l’affluenza precipita di oltre dieci punti percentuali ad ogni appuntamento elettorale. Non sono le elezioni regionali in quanto tali a scoraggiare la partecipazione, sono le ultime elezioni regionali, con i relativi partiti e candidati che hanno tenuto lontano l’elettorato.
La metà che ha scelto di recarsi alle urne non sempre ha espresso un voto valido. La somma di schede bianche e nulle, in costante e drastico calo negli ultimi anni, ha subito un’impennata.
Se nel 2000 era di 338, nel 2005 si era dimezzata (152) e aveva toccato appena 106 schede nel 2010. Stavolta le 172 schede bianche e nulle superano i dati del 2005 e del 2010 e, in proporzione, non sono affatto dissimili dalle 338 schede del 2000 quando l’affluenza era del 79,16%. Si amplifica così il dato sulla protesta e disaffezione del corpo elettorale.
I voti validi sono dunque 2.866 ovvero il 49,67% degli aventi diritto. Una minoranza.
Analizziamo comunque gli aspetti salienti del voto di questa minoranza. Partiamo dal “vincitore”, Enrico Rossi che ottiene 1.601 voti come presidente pari al 55,86%. Sembrerebbe un’affermazione netta. In realtà mancano voti, molti, per essere soddisfatti.
Claudio Martini, nel 2000, aveva ottenuto 2.582 voti e ne aveva guadagnati 118 nel 2005 arrivando alla quota di 2.700. Cinque anni fa i voti per Rossi erano 2.407 pari al 64,90%. Il presidente riconfermato riesce quindi a perdere ben 10 punti percentuali e circa un terzo dei consensi (806 voti in meno).
Nel crollo generale tanto basta per arrivare primi e staccare nettamente tutti gli altri, ma c’è poco da esultare.
Anche il Partito democratico perde un terzo dei consensi. 1.209 voti contro i 2.094 voti del 2000, i 2.110 del 2005, i 1.706 del 2010 e i 2.279 voti delle tanto celebrate europee del 2014. Anche la percentuale, 44,11% è ben al di sotto delle precedenti elezioni regionali.
Analizzando le preferenze è da rilevare il successo personale di Anselmi nonostante gran parte del partito sanvincenzino fosse schierato con Maestrini. Fausto Bonsignori (nella foto), per la lista Popolo toscano, ottiene 284 preferenze e, di fatto, costituisce la quasi totalità dei consensi ricevuti dalla lista (311).
Un successo personale, lontano dalle precedenti affermazioni per le provinciali ma notevole, tanto da far balzare all’11,24% una lista che, a livello regionale, si ferma all’1,71%
Dietro il PD, arriva il M5S che si ferma a 451 voti pari al 16,45%. Non si arresta l’emorragia di consensi il cui effetto sulla percentuale è attenuato dal crollo dell’affluenza. Alle politiche del 2013 il Movimento ottenne 1.100 voti pari al 24,22% ridimensionati a 742 voti pari al 18,33% alle europee del 2014. Non ci sono comparazioni con le precedenti elezioni regionali, ma la tendenza è abbastanza chiara. La volontà di cambiamento che si era sentita rappresentata dal M5S trova oggi altre modalità per esprimersi: non voto o Lega.
La Lega nord, appunto, è l’unico partito a crescere nettamente sia in termini percentuali sia in termini assoluti. 353 voti ovvero il 12,88% delle schede valide, rappresentano un balzo del 9% rispetto al 2010 quando i voti erano 125. Triplicati i voti e quadruplicata la percentuale. Senza voler sminuire il successo nettissimo della Lega, dobbiamo rilevare due aspetti. Il primo è relativo, manco a dirlo, all’affluenza. 353 voti sono esattamente lo stesso numero ottenuto da Rifondazione comunista alle europee del 2004 ma all’epoca quei voti rappresentavano solo il 7,58%. L’altro aspetto che, in parte, ridimensiona il successo leghista, è l’arretramento significativo di Fratelli d’Italia che appena un anno fa aveva ottenuto 97 consensi e oggi deve accontentarsi di 37 voti. Dunque la Lega sfonda e ridimensiona il fattore geografico che ha sempre condizionato i suoi risultati elettorali ma appare difficile, ad oggi, credere che possa bissare i livelli di consenso ottenuti negli anni passati da Forza Italia e all’avanzata leghista non corrisponde una significativa crescita del polo di centrodestra, casomai cresce la destra a discapito del centrodestra.
Forza Italia crolla ma non scompare. Solo cinque anni fa i voti al Pdl erano 840, la percentuale era il 25,74%. Oggi il partito di Berlusconi, dopo numerose scissioni, si attesta al 9,3% con 255 voti validi. Non si ferma l’emorragia di consensi neppure rispetto al già deludente dato delle Europee quando Fi aveva raggiunto il 12,85% grazie a 520 voti. Luca Cosimi, consigliere comunale sanvincenzino in carica e candidato nelle fila di Forza Italia, non riesce a fare da traino alla lista come è riuscito a fare Bonsignori con il Popolo toscano e deve accontentarsi di 147 preferenze. Non poche ma, a giudicare dalla campagna elettorale capillare di Cosimi, probabilmente al di sotto delle attese.
Infine la sinistra. La sinistra si sta estinguendo. San Vincenzo non è mai stato, rispetto ad altri comuni toscani, un Comune dove la sinistra ha mai avuto risultati eclatanti ma 105 voti di lista sono davvero pochi. Per limitarci alle regionali, nel 1995 la sola Rifondazione ottenne 401 voti, pari all’8,81%. Rifondazione e Comunisti italiani potevano contare su 315 voti nel 2000 e su 377, pari al 10,04% nel 2005. Ancora cinque anni fa, Sel e Federazione della sinistra ottennero 248 voti per un totale del 7,6%. Oggi i 105 voti equivalgono al 3,83%, meno di un terzo della Lega nord. Non si frena la caduta di consensi neppure nel breve periodo, ancora nel 2013 SEL e Ingroia sommavano 303 voti e nel 2014 la lista Tsipras raggiunse il 4,62% con 187 voti.
A San Vincenzo, per concludere, risultato in linea con il resto della regione. Pd in fortissimo calo, il M5s perde molti voti e poco in percentuale, Fi crolla ma non scompare e il deserto lasciato dalle altre forze politiche e dall’astensionismo allarmante esalta il risultato della Lega, comunque decisamente buono. Sinistra da reinventare, Area popolare non pervenuta.