A senso unico l’accordo di programma con Jindal
PIOMBINO 28 agosto 2018 — La nostra associazione ha esaminato attentamente l’ Accordo di Programma (AdP) e il “Business Plan” (BP) relativi al caso Jindal/Piombino. Dalla discussione, con la partecipazione anche di tecnici del settore, sono emerse valutazioni e interrogativi che qui esprimiamo in sintesi e più dettagliatamente in un documento di prossima diffusione.
JSW Steel si è assicurata un “pied à terre” in Europa, un porto in ottima posizione e con buoni fondali, aree industriali di discreto valore immobiliare, impianti vecchi o da demolire ma pur sempre compresi in un “pacchetto” corredato da consistenti sussidi, agevolazioni e incentivi pubblici. I modesti investimenti previsti per il riavvio dei treni (“Fase 1” del BP) assicurano la fruibilità degli ammortizzatori e la gestione “morbida” della connessa questione sociale per un periodo di un paio d’ anni, quanto basta a Jindal per uscire definitivamente dal periodo di sorveglianza ministeriale e avere completa libertà di manovra. Uno “Studio di fattibilità” “dovrebbe” (il condizionale è nel testo del BP) essere presentato a 18 mesi dalla firma dell’ AdP e indicherà se e come si darà corso alla “Fase 2” del BP, quella cioè degli investimenti per nuovi impianti. JSW Steel deciderà in piena e assoluta libertà se e quanto investire, in che tempi, come e dove dislocare gli impianti: non si tratta di impegni, ma di ipotesi subordinate all’ esito dello studio di fattibilità, sulla base del quale verrà anche revisionato l’ AdP.
Non è affatto assicurato che si coli acciaio a Piombino. Non è affatto assicurato che si facciano le demolizioni (subordinate a studi di fattibilità e sostenibilità) e le bonifiche.
Nello AdP la parte pubblica (governo locale e nazionale) si auto-obbliga ad una serie nutrita e precisa di oneri procedurali, amministrativi e finanziari, che JSW assume singolarmente (nessuno escluso) come condizione necessaria per gli investimenti, a fronte della sostanziale assenza di impegni vincolanti e sanzionati per JSW Steel stessa. La parte pubblica firma l’ AdP senza un vero piano industriale (come fu già con Rebrab: perseverare diabolicum !); senza che ne venga minimamente discussa, nei consigli comunali e nella collettività, neanche la versione “bignami” ad uso divulgativo (l’ unica ad oggi nota). La parte pubblica non inserisce “paletti” che vincolino benefici e concessioni ai tempi di realizzazione degli investimenti; non prolunga la vigilanza ministeriale oltre il biennio dalla firma, contrariamente a quanto aveva promesso il viceministro Dario Galli nell’ incontro al Ministero dello Sviluppo Economico con la nostra associazione (quando aveva altresì promesso che, in mancanza dell’ avvio degli investimenti a 18 mesi dalla firma, avrebbe avviato le procedure per la riacquisizione dello stabilimento da parte dello Stato); non esplicita limiti urbanistici per la collocazione degli impianti. Si dichiara anzi la disponibilità dell’ amministrazione locale a rivedere gli strumenti urbanistici vigenti sulla base delle esigenze che l’ impresa manifesterà alla fine dello “studio di fattibilità” (inizio 2020). La scelta di “allontanare la fabbrica dalla città”, tanto enfatizzata al tempo della “variante Aferpi” verrà rimessa in discussione?
Alla fine del percorso, che potrebbe essere tra il 2022 e il 2025 (secondo cosa si attui della “Fase 2”) ci saranno molti esuberi: qualche centinaio tra i dipendenti di JSW Steel, nella ottimistica quanto improbabile ipotesi di piena realizzazione degli investimenti evocati, o più di un migliaio, nella pessimistica ipotesi (malaugurata ma possibile) che a Piombino si lamini ma non si coli più acciaio. Ciò senza contare la strage (in buona parte già avvenuta) di posti di lavoro nell’ indotto .
In sostanza l’ AdP rispecchia una trattativa a senso unico: mani completamente libere per la multinazionale e un vero salto nel buio per i lavoratori e per la città. È indispensabile guardare negli occhi questa realtà (la cui responsabilità ricade sul governo precedente quanto sull’ attuale) impedendo nuove narrazioni felici e invertendo le politiche che hanno prodotto questa “débacle” del pubblico interesse.
Coordinamento Art 1 – Camping CIG