Record: da noi le bollette dell’acqua più care d’Italia
PIOMBINO 22 marzo 2018 – Fossero differenze di pochi euro si potrebbero comprendere e anche giustificare. Qui invece stiamo parlando di distanze abissali, quando va bene il doppio altrimenti anche maggiorazioni superiori a cinque volte. L’argomento riguarda le bollette del servizio idrico integrato, ovvero l’erogazione dell’acqua potabile, la depurazione e le fognature, e segnatamente il riferimento è all’indagine che, ogni primavera da tredici anni, Cittadinanzattiva distribuisce per la conoscenza e la valutazione generale. Un mare di dati che mai hanno ricevuto smentite quand’anche invece sono stati apprezzati come del resto meritano.
Cominciamo col dire che non esiste un’altra regione che, come la Toscana, si mantenga stabilmente in vetta alla classifica del caro-bollette.
Dati alla mano per capire. Una famiglia presa a modello – tre persone per un consumo annuo di 192 metri cubi – nel 2017 ha pagato mediamente in Italia (tra l’altro è il paese d’Europa con i consumi pro capite più alti) 408 euro, 16 in più rispetto al 2016. Ebbene in Toscana la stessa famiglia ha dovuto sborsare 648 euro. Questa è la media della regione con oscillazioni che vanno dal minimo di Lucca (450 euro) al massimo di Grosseto e Siena (722 euro).
Quindi rispetto alla media nazionale una famiglia tipo in Toscana è gravata di 240 euro in più rispetto alla media del Paese. E se per caso questa famiglia ha la sventura di abitare a Siena o a Grosseto, città leader nella classifica nazionale di demerito per il caro-bollette acqua, la differenza con la media del Paese sale a 314 euro. Come tutto questo sia possibile, cioè come siano giustificabili differenze così evidenti a distanza spesso di pochi chilometri, non è dato a sapere.
Tra le città più virtuose, cioè quelle con le tariffe più basse, troviamo realtà del nord, del centro e del sud. Province con territori in montagna o sul mare, in collina o in pianura, metropoli o realtà contenute. Per capire basta elencare le prime dieci località con le tariffe più basse: Isernia, maglia rosa da anni, 120 euro all’anno e nessun aumento dal 2016 al 2017, Trento 147 euro e un aumento dell’1,4%, Milano 149 euro e nessun aumento, Campobasso 166 euro e nessun aumento, Cosenza 171 euro e nessun aumento, Imperia 212 euro e nessun aumento, Catania 215 euro e un aumento del 7%, Rieti 220 euro e nessun aumento, Monza 223 euro e nessun aumento, Bolzano 228 euro e una diminuzione del 6,2%.
Forse queste realtà erogano un servizio peggiore rispetto a quello fornito in Toscana? In qualche caso può anche essere così ma, di certo, una giustificazione del genere in assoluto non può reggere stante le omogenee esigenze delle popolazioni di Regioni spesso confinanti.
Per giustificare la situazione delle province toscane non si può neanche far riferimento a parametri relativi a maggiori investimenti. In questo senso ci illumina il dato relativo alla dispersione dell’acqua potabile lungo la rete di distribuzione. È indubbio che il contenimento delle perdite costituisca per tutti un problema essenziale da perseguire con ogni attenzione se non altro a tutela di un bene indispensabile che non è tuttavia inesauribile.
Ebbene la dispersione media nazionale è indicata nel 35 per cento rispetto alla quantità di acqua immessa in rete. In Toscana siamo al 36 per cento registrato nel 2016 quando nel 2007 lo stesso dato si fermava al 34 per cento. Come dire che in nove anni non si sono eseguite opere indubbiamente necessarie o, se si vuole, si sono tentati rimedi che hanno portato addirittura a peggiorare la situazione di due punti percentuali. Se è pur vero che la Toscana, a questo riguardo, presenta casi poco omogenei, bisogna pur dire che i peggioramenti nelle dispersioni lungo la rete degli acquedotti sono tutt’altro che fenomeni rari o concentrati. Le indicazioni puntano su Firenze, Lucca, Massa. Pisa, Pistoia, Prato.
Questa volta a onor di Livorno va sottolineato che la provincia è in controtendenza essendo passata da un dispersione del 35% del 2007 ad una contenuta nel 2016 al 26%. Non il miglior dato toscano che detiene, in questo caso, Siena (21%) in virtù, pare, di meriti antichi se è vero che la città del palio in nove anni ha migliorato la propria dispersione di un solo punto percentuale.
Cittadinanzattiva, quest’anno, ha introdotto nel suo lavoro una novità. Non solo ha effettuato una ricerca capillare riferendosi alla famiglia tipo con consumi di 192 metri cubi annui per tre persone ma ha anche ipotizzato, per lo stesso nucleo, la possibilità di un risparmio nell’uso dell’acqua contemplando la possibilità di contenere il bisogno da 192 metri cubi a 150. Un sacrificio concepito nell’ottica di favorire la consapevolezza che una risorsa, assolutamente essenziale, va protetta, preservata e usata con parsimonia non essendo infinita. Ma anche una indicazione per possibili risparmi a fronte di bollette che sono salate anche se riferite a acqua dolce.
Il gruppo di ricerca ha fornito addirittura alcuni suggerimenti pratici per arrivare al risparmio di 42 meri cubi all’anno: sostituzione una volta su due della doccia al bagno (risparmio 4,5 metri cubi), riparazione di rubinetti difettosi (21 metri cubi), uso di lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico (8,2 meri cubi), chiusura del rubinetto mentre si lavano i denti (8,7 metri cubi).
Con 150 metri cubi consumati non cambia ovviamente la classifica del caro-bollette nelle diverse zone: la Toscana, Grosseto, Siena o Livorno non migliorano la loro posizione ma, risparmiando 42 metri cubi, parallelamente i risparmi per la famiglia campione risultano evidenti arrivando a una media toscana del 30,7 per cento che, per esempio, per la provincia di Livorno possono giungere ad un esborso inferiore di 189 euro all’anno.