Acciai al piombo da non prendere alla leggera
PIOMBINO 11 febbraio 2019 — Abbiamo appreso, da una telefonata aziendale e dal comunicato delle Rls Fim Fiom e Uilm, dell’intenzione di intraprendere la lavorazione di acciaio al piombo in Aferpi.
Noi al tavolo aziendale, durante il quale veniva illustrato il progetto, non siamo stati convocati, quindi esterniamo pubblicamente il giudizio che avremmo espresso in quell’occasione.
Tutti conosciamo la tossicità di questo elemento di lega e la malattia professionale detta “saturnismo” che comporta altre varie pesanti patologie.
Il D.Lgs. 277/91 stabilisce i limiti a cui possono essere esposti gli addetti agli impianti nei quali viene utilizzato questo metallo . Ci sono, per legge, obblighi e sanzioni, sia per il datore di lavoro che per i lavoratori.
L’elenco delle prescrizioni è lungo ma vale la pena conoscerlo per far capire quanto problematica e aggiungiamo pericolosa sia questa lavorazione.
Sanzioni per:
— mancato controllo periodico dell’esposizione al piombo (ambientale e biologico);
— mancata attuazione degli interventi atti a ridurre l’esposizione ( limitazione dei quantitativi piombo in lavorazione, pulizia dei locali, impianti di aspirazione, mezzi di protezione individuali, ecc…);
— mancata adozione degli interventi per il superamento dei valori limite (redazione di un piano di lavoro, tempestiva comunicazione alla ASL);
— mancata informazione dei lavoratori;
— mancata registrazione dei lavori esposti;
— mancata realizzazione di servizi sanitari idonei (docce, spogliatoi, lavaggio degli indumenti presso una lavanderia specializzata ed attrezzata).
Fatta questa doverosa premessa passiamo alle nostre considerazioni.
La prima è che riteniamo che per partire con questa tipo di lavorazione “rischiosa” non sia esaustivo il solo consenso degli RLS . Occorre che le organizzazioni sindacali, per espletare il loro compito di tutela dei lavoratori, siano resi edotti di tutta la documentazione aziendale comprese le consulenze e i responsi degli enti presposti in merito .
Questo tipo di lavorazione non può partire senza dovuti approfondimenti perché fortemente impattante sia per la salute dei lavoratori che dei cittadini .
Non ci entusiasma neanche il comunicato delle RLS che sicuramente nel momento della stesura sarà stato supportato da materiale cartaceo fornito dall’azienda .
La seconda considerazione da fare è sulla relazione di Carlo Mapelli sull’argomento. Ovvero su quanto sembrerebbe che lo stesso, interpellato sull’argomento, avesse dicharato.
In particolar modo: che non ci sia possibilità di volatilità del Pb , in quanto questo metallo passa allo stato gassoso a una temperatura di 1800°, mentre le barre escono dal forno a 1200° .
Pur non essendo blasonati professori del Politecnico di Milano, la sua affermazione ci pare semplicistica, più rassicurante che altro.
Se fosse come afferma perchè dovrebbero essere forniti così tanti DPI (indumenti protettivi) ai lavoratori esposti? Si parla di maschera FFP3 (alta protezione contro particelle solide e aereosol acquosi), occhiali, guanti in lattice sotto quelli normali, copriscarpe, tute monouso (di carta durante la laminazione??!! ).
Si parla di ben 5 centraline di rilevamento necessarie (controllate da chi?).
Se il professore è così sicuro che bisogno ci sarebbe di tutta questa attrezzatura ? Sarebbe un po’ come dire che si può tornare ad utilizzare l’amianto, basta avere i dovuti dispositivi di protezione ed eludere le conseguenti contaminazioni ambientali!!
Il Pb fonde a 375° e vaporizza completamente attorno a 1800°. Tra queste 2 temperature, sia nel forno di riscaldo, sia durante il passaggio nella descagliatrice, sia durante il passaggio dai rulli del treno di laminazione sotto i getti d ’ acqua del raffreddamento, vi è rilascio di particelle di piombo allo stato gassoso e polveri che si potrebbero spargere in tutti gli ambienti!!!
Per questi motivi deve essere prevista una accurata pulizia industriale di tutto il capannone, le polveri che si depositano possono volatilizzare anche successivamente il passaggio di tale materiale.
Non ci risulta che, sia al treno a barre che al vergella vi siano :
‑impianti di aspirazioni fumi/vapori e filtri adatti alla laminazione di questo materiale;
‑particolari dispositivi a norma per la purificazione delle acque di raffreddamento contaminate e delle scaglie di laminazione.
Questa tipologia di lavorazione non era prevista nel piano industriale presentato da Jindal al Mise ed alle OO.SS. La Regione e l’amministrazione locale ne erano a conoscenza?
Come Uglm chiederemo incontri con tutti i soggetti interessati pretendendo impegni e responsabilità formali precise. In primis chiederemo un incontro con il primo cittadino, garante della salute pubblica . Lo faremmo anche con l’assessore all’ambiente se ci fosse e con gli enti che dovranno rilasciare autorizzazioni in merito.
Se tutto, e ribadiamo TUTTO, verrà fatto a norma di legge e certificato da tutti i soggetti e all’azienda converrà economicamente (cosa che qualche dubbio ci desta), potremmo avere le garanzie migliori per i lavoratori. Ma anche le istituzioni locali e gli organi preposti, dal canto loro, saranno chiamati a dare garanzie ai lavoratori ed ai cittadini.
Resta comunque difficile metabolizzare che 30 anni fa a Piombino questo progetto fu abbandonato nel momento in cui il PIOMBO veniva riconosciuto come sostanza pericolosa e fu tolto anche dalla benzina. Oggi perché si torna al suo utilizzo? Non sarebbe possibile ricorrere ad altri sistemi meno impattanti per la salute come fu fatto in passato? Ci auspichismo che il materiale non sia già nei magazzini e che non siano già previsti altri arrivi. In questo caso allora quella di marzo non sarebbe solo una prova. Assolutamente necessario è dunque un approfondimento in tal senso. In un territorio già profondamente martoriato sul lato ambientale, occorrono dovute rassicurazioni sia per i lavoratori che per i cittadini.
Claudio Lucchesi RSU Uglm Aferpi
Sabrina Nigro Segretario generale Ugl Livorno