Acciaio: smorzato l’idillio, ecco le preoccupazioni
PIOMBINO 26 novembre 2016 — Issad Rebrab evidentemente crede fermamente nella sinergia ma i dubbi sono molti, perfino troppi, e questa volta arrivano anche da direzioni inaspettate. L’affitto degli impianti della Leali steel, gruppo facente capo al fondo finanziario svizzero Klesch, è stato concepito, secondo notizie mai smentite, per rifornire lo stabilimento ex Lucchini di billette e blumi in attesa dell’entrata in funzione dell’acciaieria elettrica dei tedeschi di Sms.
Gli svizzeri, che sono proprietari della Leali da marzo, posseggono l’acciaieria di Borgo Valsugana in provincia di Trento e il laminatoio di Odolo nel bresciano. L’una rifornisce l’altro e secondo Rebrab, evidentemente, potrebbe servire anche Piombino.
È così?
Secondo notizie confermate da tecnici attendibili la produzione di Borgo non potrebbe andare oltre le 370 mila tonnellate, ovvero una quantitativo sufficiente solo per il laminatoio di Odolo e non anche per lo stabilimento ex Lucchini.
All’industriale algerino evidentemente questo rilievo pare superabile ed egli, decisamente, continua ad andare avanti tanto che la trattativa pare sul punto di essere conclusa. Anche se – e questo ormai appare chiaro – l’accordo con la Leali non sembra prevedere la fornire dei blumi, semiprodotto indispensabile per la fabbricazione di rotaie. Un manufatto per la cui qualità Piombino ha una fama consolidata. Così per questo tipo di materiale Aferpi si dovrà ancora rivolgere agli indiani di Jindal i quali, più che al business con Piombino, stanno oggi guardando a quello enormemente più consistente con Taranto. In previsione di un acquisto in Puglia quanta ancora sarà la disponibilità indiana a guardare con interesse a Piombino?
Di più. Con la formula dell’acquisto, chi se ne intende rileva che i vantaggi nella fornitura di billette, per esempio, sarebbero quasi tutti del venditore più di chi è impegnato a verticalizzare il prodotto.
Anche tralasciando le difficoltà economiche degli stabilimenti del gruppo svizzero, le incursioni della magistratura soprattutto per questioni ambientali e le preoccupazioni dei sindacati bresciani per i posti di lavoro nelle due fabbriche, l’affare Leali lascia oggettivamente aperti molti dubbi.
Vero è che questa volta la mossa di Rebrab non pare avere il consenso del Governo, il quale si sarebbe già espresso negativamente riguardo all’affare che il patron sta concludendo.
Una presa di posizione che l’industriale algerino, forte delle proprie convinzioni, sembra non aver gradito. Vero è che, per la prima volta, dopo aver ottenuto ogni consenso, Rebrab ha trovato una porta sbarrata. Evidentemente egli ha la libertà di andare avanti comunque ma non può non registrare che la situazione è mutata. La novità Leali steel è peraltro arrivata nel momento in cui i tempi dell’attesa di una mossa concreta di Aferpi a Piombino si stanno dilatando e parallelamente crescono le difficoltà e con esse l’incertezza. Neanche si può dire che in Val di Cornia vengano salutati con soddisfazione i numerosi annunci di consistenti investimenti che Cevital lancia da un capo all’altro del mondo. E parallelamente non può non destare preoccupazione la serie di notizie poco edificanti che giungono dall’Algeria il cui governo non è certamente amico di Rebrab al punto da rendere difficile ogni esportazione di denaro per far fronte ai molti progetti esteri di Cevital.
Che l’aria sia cambiata del resto si è percepito anche nel giorno della visita di Matteo Renzi al palatenda. Il premier ha ricevuto larghi applausi quando ha riferito di non voler fare sconti e di pretendere il rispetto degli accordi sottoscritti a palazzo Chigi. Un invito deciso a Rebrab che Renzi non ha neanche mai nominato.
E localmente, dopo il caldo afflato di mesi, alcuni attori, sordi in passato di fronte ad ogni minima perplessità, hanno cominciato con i distinguo, quando non addirittura con le prese di posizione decise per non dire smarcanti.
Il sindaco Massimo Giuliani ha convocato i capigruppo e ha fatto capire loro che la situazione non è rosea tanto da invitare anche i più storicamente critici ad un atteggiamento solidale e responsabile.
Fim, Fiom e Uil hanno addirittura rischiato di procedere velocemente fino a Lecce per incontrare il patron ed il ministro Calenda impegnati in un convegno. I sindacati esigono a questo punto un chiarimento con Aferpi in una sede ufficiale. Ovvero governativa.
Netto l’intervento su Facebook di Gianni Anselmi. L’ex sindaco ha postato un pensiero che è stato assimilato ad una sorta di ultimatum. Si facciano – ha scritto — in tempi socialmente sostenibili le verifiche residue, anche con le banche, che si ritengono necessarie; e soprattutto si stabilisca (questo tocca alla politica) un termine oltre il quale si mettono in campo idee e strumenti nuovi, pubblici e privati, per il futuro di quei 600 ettari. Non si vive con l’industria dell’attesa e della speranza e arriva il momento in cui le corna del toro debbano essere afferrate”.
Sembrano davvero trascorsi anni luce dai giorni in cui l’arrivo dell’industriale algerino veniva salutato come una manna caduta dal cielo dopo l’ubriacatura del dimenticato pseudo investitore Kaled al Habahbeh.
Invece dal “merci monsieur Rebrab” è passato poco più di un anno e mezzo nel quale poco o nulla è accaduto mentre le preoccupazioni sono fortemente aumentate.
Il futuro non è facilmente prevedibile. Certo, la speranza è che l’industriale algerino possa inventar qualcosa e farcela comunque. Le difficoltà sono però notevoli. Fonti esperte evidenziano come la strategia di correre da soli, che caratterizza Aferpi ed il suo leader, sia quantomeno in contrasto con l’universale tendenza ad accorparsi, comune oggi ai principali produttori di acciaio, nazionali ed internazionali. Gli esempi, in questo senso, sono numerosi.
Sul piatto della bilancia, cosa decisamente vantaggiosa per Rebrab, sta la valutazione del patrimonio avuto da Lucchini per 5,8 milioni di euro. Impianti che, malgrado la loro vetustà ed il loro stato di conservazione qualcuno, capace di macrovalutazioni nel settore, ha considerato ancora decisamente consistenti: 170–190 milioni. Pezzi che oggi non sono certo sul mercato ma che, sul mercato, potrebbero ancora far gola.