Aferpi-Jindal: salto nel buio o salto nel baratro?
PIOMBINO 16 gennaio 2019 — Circa 1000 posti di lavoro già persi nell’indotto siderurgico, altri 1000 ad alto rischio tra i “diretti”. Dei quasi 1900 dipendenti ne lavorano 3–400; 1500 sono fissi a casa e “godono” di una Cigs con retribuzione al limite (o anche sotto) della soglia ufficiale di povertà, senza “scivoli” o altri paracaduti per gli esuberi, cioè a condizioni complessive ben peggiori di quanto previsto all’ ILVA di Taranto. Risultato che ha portato diversi lavoratori a chiedere le dimissioni dei segretari provinciali delle quattro organizzazioni firmatarie.
Ci sono preoccupanti difficoltà dell’azienda a rientrare nel mercato (dopo la lunga sosta dello stabilimento nel periodo Cevital); pressoché totale assenza di investimenti sui treni di laminazione, che limita lo sviluppo della qualità del prodotto e quindi la capacità di rientrare nel mercato; scarso numero dei lavoratori attivi (circa 350–400); risparmi spinti all’osso che rischiano di creare difficoltà alla pur esigua produzione in atto; ritardi nelle procedure di appalto per lo smantellamento dei vecchi impianti; omertà sul numero di posti di lavoro che andranno comunque persi, anche nella ipotesi ultra-ottimistica di completa realizzazione del piano (i “mitici” tre forni elettrici con rientro in produzione di 1500 lavoratori); assenza di qualsiasi azione preliminare concreta (al di la delle dichiarazioni) che testimonino la volontà di andare verso una moderna acciaieria con colaggio da forno elettrico.
Le nostre preoccupazioni si rafforzano dopo i fatti di questi ultimi giorni.
- Richiesta dell’Azienda di ridurre ulteriormente tutti i costi di produzione e soprattutto i costi del personale, con l’ ipotesi di portare in diverse postazioni di lavoro da cinque a quattro i lavoratori previsti nelle squadre; e questo mentre al treno TPP si chiedono gli straordinari. Un bel modello per l’ avvenire!
- Accordo sindacati/Aferpi sulle rotazioni, previste per pochissimi lavoratori, che faranno affiancamenti gratuiti e con spese di trasporto e mensa a loro carico; accordo siglato dai sindacati di fabbrica senza discutere con i lavoratori, anzi nascondendo accuratamente il testo dell’accordo.
Sembra che per l’ azienda la parola d’ ordine sia “aspettare — assicurarsi supporti e incentivi pubblici — spendere il meno possibile e soprattutto non investire ”; azienda disponibile, però, a mettere altri 300 milioni di euro sul porto. C’è chi interpreta tutto questo come un disegno per arrivare non ad una moderna acciaieria ma ad un centro, in territorio europeo, per lo smercio di semilavorati in acciaio importati ed eventualmente di prodotti di altro tipo, avendo cura di assicurarsi il monopolio delle attività portuali. Un disegno che porterebbe a più di un migliaio di esuberi, dopo il migliaio già fatto fuori nell’ indotto. Intanto Piombino si spopola, i negozi chiudono a centinaia, i giovani se ne vanno tutti e le file alla mensa della Caritas si allungano. Tutto senza l’ ombra di mobilitazione sindacale.
Ora i sindacati hanno chiesto un incontro col governo perché finalmente il caso Piombino abbia l’attenzione che merita. Se non ci sarà mobilitazione e lotta, se non si accendono i riflettori mediatici su Piombino (a cominciare dalla presenza dei segretari nazionali dei sindacati), l’incontro non ci sarà, o se ci sarà, alla riunione il governo manderà l’ usciere del Mise (con tutto il rispetto per l’ usciere). Altro che …”occupare le fabbriche”, come disse un importante leader sindacale non molto tempo fa in TV.
L’ azienda tranquillizza; i partiti di governo (locale rosa pallido e nazionale giallo-verde) spargono metadone sociale; i sindacati, finora accodati e tranquilli, cominciano a mostrare disagio, ma non si decidono a promuovere quelle mobilitazioni incisive che impongano Piombino come una drammatica emergenza di portata nazionale, nel quadro di una vertenza dei lavoratori siderurgici che eviti differenze inaccettabili tra i maggiori stabilimenti.
Coordinamento Art. 1 – Camping CIG Opposizione CGIL
Giusti dubbi, giusta richiesta di una perenne e massima attenzione, anche perchè questi indiani hanno fatto altre spese sul mercato italiano e questi ne sono i risultati:
“Battipaglia, i lavoratori Treofan celebrano il Natale davanti alla fabbrica
Questa mattina il parroco ha celebrato in loco la Santa Messa per i lavoratori e le loro famiglie nel piazzale dello stabilimento situato in via delle Industrie.
Il loro futuro è ancora incerto. E, molti, temono di perdere definitivamente il posto di lavoro. Per questo, nonostante oggi sia il giorno di Natale, i 78 dipendenti della Treofan di Battipaglia hanno proseguito la protesta davanti allo stabilimento.“
„Gli impianti produttivi sono fermi a seguito della cessione dell’azienda, dello scorso 24 ottobre, per la somma di cinquecentomila euro, dalla Management & Capitali, spa fondata da Carlo De Benedetti, al colosso indiano Jindal Group. La Treofan è un’azienda che produce film polipropene per imballaggi alimentari. Ha due sedi, una a Terni e l’altra a Battipaglia. In totale sono duecento i lavoratori occupati nelle due sedi che rischiano il posto di lavoro“.
Aggiungo che l’azienda è, anzi era, in attivo e non aveva problemi di mercato. La volontà della Jindal è la solita di questi gruppi: acquistare, chiudere, dislocare gli impianti in luoghi dove il costo energia/lavoratori è nettamente inferiore.
La vertenza sta proseguendo ma a tutt’oggi, pur con gli incontri al MISE, la visita di Di Maio, le posizioni prese da tutti gli enti locali ecc.ecc. non hanno smosso la situazione di un centimetro.
Attenti piombinesi, attenti e vigili.
Anzi correggo il commento precedente: acquistare non per trasferire, ma acquistare per chiudere ed eliminare un concorrente, visto che la Jindal group ha un proprio stabilimento di film di polipropilene a Brindisi targato Jindalfilm Europe.
Ecco l’epilogo della Jindal :
Alla fine la Jindal ha sciolto le riserve. Lo stabilimento battipagliese della Treofan, che da oltre un mese era fermo, sarà chiuso. La comunicazione ufficiale dell’azienda, firmata dal ceo Manfred Kaufmann, è giunta soltanto pochi minuti fa ai lavoratori. Per adesso, l’amministratore delegato parla di ricerca di «soluzioni socialmente accettabili per i lavoratori».
Già questa mattina, senza preavviso né motivazioni, all’esterno dell’azienda si erano presentati alcuni agenti di un istituto di vigilanza privata. Gli operai in presidio avevano invano chiesto agli operatori di allontanarsi. Poco dopo pranzo, la doccia gelata. Le maestranze, in tutto 78 lavoratori, sono già state convocate presso Confindustria Salerno. Nella lettera trasmessa dall’associazione degli industriali, la notifica dell’attivazione della procedura di licenziamento collettivo.
Ecco, la Jindal è anche questa, perciò piombinesi state attenti e vigilate.