Aferpi: se i Comuni hanno un ruolo servente
PIOMBINO 3 novembre 2015 — Raccontano le cronache che l’ultimo incontro politico tra il sindaco Massimo Giuliani e il presidente di Cevital Issad Rebrab «…si è tenuta negli uffici comunali — lo racconta Il Tirreno del 22 ottobre scorso — una riunione tecnica, presieduta dal sindaco e con la partecipazione di azienda e dirigenti dell’urbanistica, per fare il punto sulle concessioni e gli adeguamenti urbanistici collegati al piano di Aferpi. Riunione operativa sui temi generali a cui ne seguiranno altre in cui via via verranno puntualizzati i vari elementi specifici…».
In questa frase c’è tutto, o comunque molto, dell’atteggiamento servente che il Comune di Piombino, non da solo, ha assunto fino ad oggi nei confronti di Cevital e delle sue intenzioni (non ci riferiamo alla loro credibilità ma proprio ai loro contenuti) senza un minimo inquadramento nell’insieme del territorio, delle sue risorse e dei suoi problemi.
Non parliamo del fatto che negli accordi di programma non c’è una scelta precisa e dirimente per le infrastrutture prioritariamente così necessarie, magari al posto di inutili agevolazioni a pioggia per le imprese, o che non c’è il tema rifiuti e riciclaggio di materiali che è esattamente il contrario di ciò che su altri tavoli il Comune di Piombino sostiene a proposito di rifiuti speciali pericolosi e non o che allegate agli accordi di programma stanno tante roboanti intenzioni industriali ma non molto di più.
Ci riferiamo alla funzione propria del Comune quale titolare della pianificazione del territorio. Quella funzione alla quale l’istituzione pubblica non può abdicare.
In realtà ciò che fino ad oggi è avvenuto reca il segno dell’abdicazione almeno nell’individuazione delle aree demaniali passate ad Aferpi (solo la zona dei carbonili è rimasta all’ Autorità portuale) e nell’accettazione di un piano industriale (si fa per dire) e di strategie per la messa in sicurezza in contraddizione tra sé. O nell’accettazione di previsioni, senza la minima valutazione economica ed ambientale, come quelle della creazione di un complesso di triturazione di semi oleosi e di un complesso di raffinazione e trattamento di oli vegetali con relativi silos e banchine. O addirittura nell’invocazione della demolizione della vecchia area a caldo senza una minima riflessione sulla sua possibile riutilizzazione non siderurgica.
Il fatto che ci sia un precedente non giustifica, anzi. Tutti ricorderanno la variante urbanistica che accoglieva il piano Lucchini che, in contrasto persino con la ragionevolezza, avvicinava la fabbrica alla città e la città alla fabbrica. Proprio quel precedente e l’usanza del collage scriteriato, così largamente praticata da anni, che sul territorio rende possibile tutto ed il contrario di tutto dovrebbero essere messi nel cassetto.
La presenza di vastissime aree industriali non utilizzate meriterebbe prioritariamente qualche considerazione sul rapporto con l’intero territorio e sulla loro collocazione all’interno di una prospettiva di riconversione e sviluppo che certo l’amministrazione pubblica non può non avere, anzi deve avere. Anche la Regione nell’occasione del varo della nuova legge urbanistica, che è del 10 novembre 2014, si accorse che quello delle aree industriali dismesse e della loro riqualificazione urbanistica era un problema che si sarebbe posto e per questo stabilì in un articolo (il 128 per l’esattezza) che «…La Regione promuove accordi di pianificazione finalizzati alla riqualificazione urbanistica di aree industriali dismesse o parzialmente dismesse …. » e che a questo fine «…promuove le iniziative necessarie al reperimento delle risorse…». Lo fece accogliendo un emendamento dell’allora consigliere regionale Matteo Tortolini.
Bene, allora il Comune di Piombino e gli altri Comuni della Val di Cornia, invece di perdere tempo e risorse in eventi solo propagandistici, e già prima della elaborazione di un piano strutturale e di regolamenti urbanistici comunque assolutamente necessari, perché non si fanno portatori di un’iniziativa politica e amministrativa nei confronti della Regione perché quell’art. 128 sia attuato in primis per la grande area industriale dismessa che c’é a Piombino?
Con Cevital, certamente, ma non subordinatamente e solo subordinatamente ai voleri, fino ad oggi del resto non chiarissimi e molto precari anche ammesso e non concesso che siano giusti e praticabili, di Cevital.
(Foto di Pino Bertelli)