Aggiustamenti cercansi per il nuovo canile
PIOMBINO 12 maggio 2018 — Non sarà mai bello e forse, così come è oggi, neanche troppo funzionale. Il nuovo canile municipale di Montegemoli è nato nell’emergenza di una sentenza di sfratto di 45 animali dalla vecchia struttura dei Macelli e ha finito per risentire dell’esigenza di provvedere con sollecitudine. L’unica eccezione alla fretta ha riguardato i tempi di realizzazione dell’opera slittati dalla fine dei lavori prevista per il 21 novembre 2017 all’ultimo rinvio annunciato dal Comune (fine di giugno prossimo). Roba comunque difficilmente giustificabile con il meteo o con altro che si voglia se solo si pensi che il periodo del ritardo è stato ben maggiore di quello indicato per realizzare tutto il progetto. Il nuovo canile, progettato da tecnici comunali con l’apporto dell’attuale gestore Enpa, sorge su un superficie di 7.000 metri quadrati e questo offre la possibilità in futuro di adeguarlo e ampliarlo. Al momento non si può che cercare di migliorarlo non baloccandosi troppo sul fatto che nel nuovo canile gli animali staranno meglio che ai Macelli (ci mancherebbe altro dopo aver stanziato 600mila euro di denaro pubblico!).
E la ricerca di perfezionamenti è stato l’obbiettivo di un incontro che le associazioni animaliste hanno avuto con l’assessore Claudio Capuano, presenti i progettisti Marianna Alagna e Luca Cavazzuti nonché il direttore dei lavori Luisa Casula, i tecnici comunali Stefano Vivarelli e Paolo Giomi.
Il primo rilevante appunto giunto al Comune dagli amanti degli animali, ha riguardato il mancato coinvolgimento delle associazioni al momento della elaborazione progettuale. Non solo una questione di metodo ma anche di sostanza perché – come ha rilevato la presidente della Casa di Margot, Cristina Biagini - i progettisti sono senz’altro preparati sul profilo tecnico ma non possono avere l’esperienza di chi da anni si interessa di cani e di canili.
L’appunto ha sortito qualche effetto se è vero che lo stesso assessore ha accettato la proposta di un tavolo per cercare di apportare ritocchi significativi al canile prima dell’arrivo dei cani che oggi sono per lo più parcheggiati a Campagnatico. Un metodo “normale” che si intenderebbe estendere anche di fronte a possibili, futuri ampliamenti del canile. Forse già a partire dalla installazione di un prefabbricato da utilizzare come ambulatorio, struttura, sollecitata in particolare dalla Biagini, prevista peraltro dalla legge e che, nel caso, è stata eliminata in fase progettuale per la convenzione che l’attuale gestore Enpa ha con un veterinario. Circostanza che, durante il dibattito, è apparsa ininfluente e senza dubbio dettata solo dall’esigenza del Comune di risparmiare nella realizzazione. Un’economia che invece non ha riguardato la verifica del possibile disagio acustico conseguente all’abbaiare dei cani. Scottato pesantemente dalla causa persa, l’ente locale ha commissionato uno studio dal quale il rumore dei possibili latrati è risultato nei limiti anche nel caso che tutti i 45 cani ospiti abbaiassero insieme per 8 ore di seguito al giorno e 4 di notte. Mai come in questo caso l’iniziativa si giustifica col proverbio: “Meglio aver paura che buscarne”.
Punti dolenti invece il caldo e il freddo nei box dei cani, le aree di sgambatura, la natura argillosa del terreno e soprattutto il verde.
Per le temperature estive e invernali un’assicurazione è giunta dalla notizia che i pannelli che rivestono le gabbie, indicati come fonoassorbenti, garantirebbero anche un isolamento termico grazie alla lana di roccia che questi pannelli contengono nel loro spessore di tre centimetri e mezzo. La speranza, in questo caso, è che la protezione risulti sufficiente perché sicuramente caldo e freddo si faranno assai sentire in uno spazio aperto come quello in cui è stato realizzato il canile.
Secondo alcune associazioni le aree di sgambatura risulterebbero invece troppo esigue anche se i progettisti hanno assicurato di aver rispettato le indicazioni di legge e garantito circa il rischio che, con la pioggia, queste zone possano trasformarsi in pantani (sono state effettuate opere di imbonimento del terreno e di consolidamento del piano di calpestio). Anche in questo caso non c’è che da attendere una verifica a struttura funzionante.
Molto più problematico il discorso sul verde che attualmente, nella zona, proprio non esiste. Rispetto all’originario progetto sono state aggiunte una decina di piante che verranno piazzate a ridosso dei box dei cani. Gli alberi che saranno sistemati non sono, come specificato dall’agronomo Giomi, i platani “dal fusto dritto e che raggiungono facilmente i 30–40 metri di altezza” indicati nella relazione al progetto. La volontà, come ultima opera da attuare, è quella di mettere a dimora piante “pronto effetto” già di un paio di metri e oltre, da acquisire in vivaio, e che abbiano caratteristiche tali da poter essere sistemate già oggi (la stagione idonea per i platani sarebbe giunta solo a gennaio lasciando comunque perdere quelli da 40 metri di altezza che verosimilmente — consentiteci la battuta — avrebbero proiettato la loro ombra in una zona forse più vicina alla stazione ferroviaria che non ai box dei cani).
Per l’intera superficie non occupata dalle strutture il progetto prevede poi la sistemazione a prato (3.400 metri quadrati). Anche in questo caso le difficoltà indicate non sono poche. Sia per il terreno argilloso, sia per la manutenzione (verosimilmente ricadrà sul gestore attuale e su quello futuro per cui la identificazione a breve verrà espletata una apposita gara) e sia per i costi relativi all’annaffiamento (bollette dell’acqua indicate in 10–15mila euro l’anno). Quindi per il verde siamo ad un capitolo ancora da definire.
Per concludere, anche se non è emerso nell’incontro, non si può trascurare il problema rappresentato dai fossi che costeggiano il canile. In questo caso la competenza è del Consorzio di bonifica. Per questi due corsi d’acqua il termine manutenzione è sconosciuto da tempo. Gli alvei sono ricoperti da vegetazione spontanea e non poco rigogliosa: topi, zanzare e insetti vari festeggiano. La distanza tra i fossi e i box dei cani si misura in poche decine di metri. Impensabile non mettere mano a sollecite operazioni di risistemazione.