Agricoltura e piano paesaggistico toscano
SUVERETO 11 settembre 2014 — Molto ampia levata di scudi dal mondo agricolo che credo debba far riflettere tutti, dalla Giunta Regionale, all’Assessore Anna Marson ma anche dagli stessi agricoltori o imprenditori agricoli. Confesso che leggendo il piano non ho trovato divieti o vincoli, forse sono stato distratto, poco attento, ma in esso ho trovato indicazioni e suggerimenti per i quali credo sia necessaria una valutazione serena, fuori da schemi precostituiti o voglie libertarie delle produzioni che nessuno intende incanalare.
Partiamo dai punti in piena sintonia: l’agricoltura è quella che garantisce il paesaggio, che lo costruisce e lo rende fruibile per i vari usi che sono necessari alla vita dell’ambiente e quindi anche dell’essere umano. Bene, però dobbiamo avere la capacità di saper guardare bene intorno a noi e trovare quali limiti oggettivi sono stati prodotti e che debbono essere migliorati per garantire quel ruolo fondamentale. Ad esempio abbiamo visto molte volte coltivazioni a “ritto chino” che di fatto annullano la capacità di organizzazione idraulica che sappia reggere le piogge, invece di trasferire a valle quantità d’acqua sempre crescenti (le cosiddette bombe d’acqua); oppure una troppo alta concentrazione di una sola coltura che di fatto rende impossibile garantire salubrità al territorio; o la messa a dimora di impianti di vigneto in zone che la qualità dei terreni lo sconsiglierebbe; e come non riconoscere che il troppo uso di prodotti di chimica di sintesi trasmette nel suolo quei residui che sono inquinanti, nitrati ad esempio, che di fatto indeboliscono la falda acquifera che con la terra è il primo anello essenziale a garantire la nostra vita e del territorio.
Tutto questo lo abbiamo visto e lo continuiamo a vedere, purtroppo, però non solo non vogliamo riconoscerlo, anzi ci teorizziamo e in nome dello sfruttamento immediato vogliamo giustificare tutto. Addirittura si è arrivati a sentir dire che l’olivo non rende, il vino si, ed allora bene tanti vigneti e nessuno ci dica niente. Queste affermazioni mi hanno molto amareggiato, perché nel mio piccolo credo di aver dato un discreto contributo nella valorizzazione del prodotto vino, quindi vigneti e cantine, ma questo era ben inserito in una programmazione oggettiva che non voleva la monocultura, non voleva l’abbandono dell’olivo e chiedeva anche altri prodotti della nostra agricoltura avanzata.
Ritengo che sia utile fare una riflessione ma senza mai far finta che problemi non esistano, dobbiamo farci i conti se vogliamo contribuire a costruire un futuro per i nostri nipoti. Abbiamo dimenticato troppo in fretta che: “la terra l’abbiamo ottenuta in uso e dobbiamo restituirla hai nostri nipoti in condizioni ambientali e di salubrità, migliori di quelli da noi trovati”. Ed allora verifichiamo tutti gli investimenti che andiamo progettando, da ogni punto di vista, sia quello idraulico, sia il bisogno di liberare la terra dalla chimica di sintesi, per portare tutte le produzioni verso il biologico e biodinamico, garantire diversificazione produttiva in agricoltura, proprio per evitare le debolezze della monocoltura e impedire inquinamento della falda acquifera dalla quale dobbiamo attingere per dissetare i bisogni umani ma anche per irrigare le nostre produzioni.
Non trascuriamo quindi il bisogno della diversificazione produttiva nelle aziende agricole, che tra l’altro mette al riparo anche dal rischio di blocco in caso di crisi di un settore, ma inoltre ci spetta il compito di tenere alta la nostra capacità produttiva in termini qualitativi e rispettosi delle qualità autoctone, perché se vogliamo governare dal basso questa sciagura della globalizzazione si fatta, dobbiamo saper produrre tutte quelle essenze e specialità che possono distinguere il valore del territorio. Diamo forza alle tante toscane che sono contenute nella nostra amata e invidiata Toscana, solo così potremo dare forza alla attività agricola nel suo complesso, mettendo alla porta chi intende solo sfruttare tutto e subito, per dare invece prospettiva e continuità reale alle nostre eccellenze.
Walter Gasperini