Algeria: autarchia e ferri corti Cevital-Hyundai
PIOMBINO 25 febbraio 2016 – La chiave di lettura giusta l’ha forse fornita lo stesso Rebrab, quando ad ottobre, estremizzando una situazione sicuramente preoccupante, dichiarò ai giornali: “In Algeria mi vogliono arrestare per farmi tacere”. La soluzione dei problemi di Piombino è assai probabile che non stia in Val di Cornia e, per certi versi, neanche a Firenze o addirittura a Roma. Quel che, giorno dopo giorno, sta emergendo lascia supporre che i veri sblocchi si trovino assai più lontano, sull’altra sponda del Mediterraneo. Il berbero Issad Rebrab, classico industriale che si è fatto da solo, è legato a filo doppio con la sua terra di origine che indubbiamente ama, che in anni passati gli ha dato tutto e dove conserva la maggior parte di quello che, con il determinante appoggio della classe politica al potere, è riuscito a creare.
Non si discute infatti la consistenza economica di Cevital e della galassia che intorno ad essa ruota. Rebrab resta uno degli uomini più ricchi dell’Africa e, come ha riferito anche di recente un industriale algerino, è un capitano d’industria esperto e capace. La sicurezza e la capacità di azione in patria sono per lui la condizione essenziale per agire all’estero. Le notizie che si possono leggere sui giornali algerini non sono sempre di facile comprensione per chi, come noi, è abituato ad una diversa cultura; un elemento costante però emerge in ogni articolo che capita di leggere. Per Rebrab e per il suo gruppo la situazione in patria è da qualche tempo cambiata. Chi lo ha sostenuto ed è stato a sua volta sostenuto ha perso potere a vantaggio di altri che non hanno altrettanto benevoli rapporti con Cevital. La forza di Rebrab e la sua condizione economica rendono difficile una guerra al maggiore industriale del paese che gode del favore di gran parte della popolazione, che ha l’appoggio di molti altri capitani d’industria e che ha sostegni anche dall’estero. Ma la guerra, ormai neanche troppo nascosta, è stata dichiarata e colpisce Rebrab con azioni quasi quotidiane minando proprio quella sicurezza e quella capacità di azione interna che per il patron di Cevital sono vitali per allargare i propri orizzonti ai mercati del mondo, ivestimenti a Piombino ampiamente inclusi.
In Algeria non ci sono solo le fabbriche di Cevital, i progetti, molti dei quali fermati da tempo, di Cevital e la vita vera di Cevital, c’è da sempre la cassaforte del gruppo. Una quantità sterminata di dinari che la banca d’Algeria ed il governo algerino non possono permettersi di perdere. Per capirlo basti ripensare per un attimo all’attività di Cevital in Francia per rilevare la fabbrica di elettrodomestici Brandt, un investimento per il quale fette non trascurabili del governo algerino hanno lanciato l’accusa di “esportazione di capitali all’estero”.
Ed proprio di queste ore un provvedimento del governo Sallal che ha deciso di interrompere in modo unilaterale gli accordi commerciali con l’Unione europea e con i paesi arabi legati da intese per il libero scambio. L’Algeria ha problemi economici, i suoi indici fondamentali, ultimamente non sono stati proprio eccezionali e la classe dirigente al potere ha deciso di proteggersi nel modo più rigido ed autarchico possibile. Una visione della realtà economica diametralmente opposta a quella di Rebrab. Non c’è dubbio che il governo algerino vada avanti in questa direzione nonostante le proteste internazionali ed anche da parte della imprenditoria interna (da Bruxelles l’imbarazzato ambasciatore algerino ha perfino smentito la notizia all’agenzia TSA nello stesso momento in cui Sellal precisava, in una sua nota, i termini reali del provvedimento).
È quindi indubbio che la situazione interna stia di fatto diventando soffocante per un imprenditore che passa parecchie ore in aereo per partecipare alle vicende dei mercati internazionali.
Le cronache quotidiane riempiono questo poco edificante quadro di riferimento con notizie che attengono alla vita pratica delle imprese di Rebrab in Algeria. Si è appena finito di discutere del monopolio della zucchero che, governo non certo inattivo, Cevital sta perdendo e proprio in queste ore sta scoppiando la grana Hyuyndai di cui hanno parlato alcuni giornali algerini e il parigino Mondafrique. È noto che da diversi anni Cevital è concessionario dell’azienda sud coreana per tutta l’Algeria. Il management della concessionaria vede al vertice Omar Rebrab, figlio maggior di Issad. Non si pensi che con il termine concessionaria si intenda una banale rivendita di auto. No, l’attività di Cevital, in questo campo, è una vera e propria attività industriale. Basti leggere su Liberté i frequenti articoli dedicati all’attività di Omar Rebrab e alla HMA, ovvero la Hyundai Motor Algerie. E soprattutto si faccia riferimento all’intervista che il 15 dicembre 2014 Omar ha rilasciato alla redazione del giornale per tracciare i programmi a lunga scadenza della HMA: assemblaggi di veicoli pesanti in catene di montaggio e loro ampia collocazione.
Ebbene ad aprile la Hyndai metterà sul mercato camion assemblati a Batna, una città di 250mila abitanti nel nord est del paese, non da Rebrab ma da un nuovo partner dei coreani, il gruppo Global motors.
Omar ha gridato al tradimento (“Una cosa del genere dopo 18 anni in cui mi sono dedicato anima e corpo alla HMA”) e ha denunciato la mancanza dei requisiti minimi di sicurezza previsti dalla legge, nei veicoli che stanno per uscire a Batna. Il solito giornale di famiglia Liberté, ha riportato la notizia arricchendola denuncia di numerosi e circostanziati particolari per concludere con le parole di Omar Rebrab: “Il futuro ci riserverà molte soprese”. Ovvero, interpretando, il governo algerino prenderà in considerazione le violazioni indicate dal giovane industriale di Cevital?