Ammortizzatori sociali in attesa del jobs act
PIOMBINO 15 maggio 2015 — Dal 1° maggio 2015 il cosiddetto “Jobs Act” è entrato in vigore riformando il sistema degli ammortizzatori sociali e modificandone contenuti, limiti e strutture: di conseguenza, chi d’ora in avanti perderà il lavoro incorrerà nella nuova normativa.
Ad oggi però il numero di coloro che ancora godono delle previgenti forme di tutela è ancora elevato e, al di là di ASpI, mini-ASpI e le prime sperimentazioni dei cosiddetti “contratti di ricollocazione” (ne avevamo già parlato con riferimento al caso Alitalia – Etihad), il nostro territorio è stato interessato prevalentemente da tre istituti: la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, la mobilità e i contratti di solidarietà.
La normativa di riferimento in materia è decisamente ampia e risalente nel tempo, in quanto la tematica degli ammortizzatori sociali è difficilmente sintetizzabile in un solo provvedimento normativo, soprattutto per la sua natura, che la vede inscindibilmente connessa con i cambiamenti sociali legati all’evoluzione del mercato del lavoro e le relative oscillazioni.
1. Come accennato precedentemente, la cassa integrazione si suddivide in due diverse tipologie:
a) La cassa integrazione ordinaria, istituita con d.lgs. luogotenenziale del 9 novembre 1945, n. 788 e con il d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato del 12 agosto 1947 n. 869 e costantemente riformata nella storia della Repubblica Italiana (basti qui ricordare gli interventi legislativi più importanti, ossia la l. 164/1975 e la l. 223/1991). Come si può leggere sul sito dell’INPS, è «una prestazione economica erogata dall’Inps con la funzione di integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori che vengono a trovarsi in precarie condizioni economiche a causa di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.» Le aziende destinatarie sono individuate dall’art. 1, co. 1 della l n. 223/1991 e dall’art. 3, co. 1 della l. 92/2012 (più conosciuta come legge Fornero), mentre i lavoratori sono identificati dall’ art. 8, co. 3 l. n. 160/1988 e dalla successiva circolare n. 171 del 4/8/1988, successivamente integrata dal d.lgs n. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi), come illustrato dalla circ. n. 41 del 13 marzo 2006.
b) La cassa integrazione straordinaria invece è prevista in alcuni casi tassativi: nei confronti, cioè, delle «imprese soggette alla disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di dichiarazione di fallimento, di emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è altresì concesso nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni.» (art. 3, co.1, l. 223/91 e successive modifiche e integrazioni). Le principali leggi che la disciplinano sono le seguenti: l. n. 1115/1968, l. n. 164/1975 (art. 1 e 2), l. n. 236/1993 e legge Fornero.
2. Come indicato dal sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la procedura di mobilità «si avvia quando in seguito a una crisi, una ristrutturazione o una riorganizzazione, le imprese che hanno fruito della CIGS per un certo periodo non riescono a reinserire tutto il personale: i lavoratori eccedenti vengono allora licenziati e inseriti nelle liste di mobilità». Con la l. 92/2012 si è stabilito che dal 1° gennaio 2016 l’indennità di mobilità sarà integralmente sostituita da ASpI e mini – AspI, vigendo nel frattempo un regime transitorio che prevede la progressiva riduzione della durata di tale indennità. C’è da presumere che, con l’entrata in vigore del Jobs Act, anche questa previsione venga inglobata dall’onnicomprensiva “NASpI” (nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Anche le procedure di mobilità trovano la loro fonte principale nella l. 223/1991.
3. I contratti di solidarietà, regolamentati dalla l. 863/1984 e successive modifiche e integrazioni, infine, in linea di massima prevedono una riduzione dell’orario lavorativo contestualmente ad una diminuzione salariale. Sono detti difensivi se stipulati per “salvaguardare” il posto di lavoro di chi già occupato (art. 1 l. 863/84) attraverso la concessione di un trattamento di integrazione salariale per compensare la parte di retribuzione persa a seguito della riduzione dell’orario di lavoro. Essi inoltre “convengono” anche ai datori di lavoro, in quanto comportano una riduzione dei contributi previdenziali ed assistenziali. Al contrario sono detti espansivi se destinati a favorire nuove assunzioni (art. 2 l. 863/84) attraverso benefici contributivi per i datori di lavoro, ma questi ultimi hanno avuto una scarsa diffusione nel nostro ordinamento.
I cosiddetti “difensivi” si articolano a loro volta in due sottotipi: i contratti di tipo A, a cui possono fare ricorso tutte le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS, e i contratti di tipo B, introdotti con la legge 236/93, art. 5, co. 5 e 8, come modificata dall’art. 7‑ter, comma 9, lettera d), della legge n. 3 del 9 aprile 2009, che riguardano le aziende non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia di Cassa Integrazione.
(Foto di Pino Bertelli)