Anche la sola laminazione non va liscia come l’olio
PIOMBINO 20 settembre 2017 — Seguendo le recenti vicende della ex Lucchini, che si intrecciano tra di loro creando solo una gran confusione che non permette (forse proprio questo è l’obbiettivo) una discussione pubblica libera e consapevole, si ha l’impressione che l’opinione comune, anche se non manifestata, sia che alla fine la conclusione minima e obbligata, dopo la caduta di tutte le altre ipotesi che circolano abbondantemente, non possa comunque non essere la continuazione della lavorazione dell’acciaio nei laminatoi di Piombino. Una conclusione tanto apparentemente logica e sicura che su di essa non vale nemmeno la pena di interrogarsi e riflettere.
È proprio così?
Prima di rispondere facciamo un passo indietro.
Una cosa appare evidente in questo caos imperante e cioè che notizie ad alto effetto riferite da importanti quotidiani nazionali oltreché locali che annunciano la rimessa in marcia dell’altoforno e dell’acciaieria per fabbricare 3 milioni di tonnellate all’anno di acciaio, con tanto di budget di spesa assolutamente insufficiente, non possono essere state partorite da JSW Steel Limited (JSW). JSW non è Rebrab, è troppo esperta per non sapere che un’acciaieria,nata con tre convertitori da 90 tonnellate, portati nel 1998 a 125 tonnellate, per produrre in questa condizione limite circa 2 milioni di tonnellate all’anno di acciaio, mai e poi mai arriverà a produrne 3 milioni di tonnellate all’anno. Ed ancora. JSW è troppo esperta per parlare di ripartenza di un altoforno già vecchio e fermo da 2 anni e mezzo senza prima interpellare chi fa altoforni come Paul Wurth (che già aveva studiato la questione per Rebrab) per avere una proposta tecnica/economica e di fattibilità. Insomma si può supporre che in tutto ciò ci sia la mano maldestra di chi, dall’alto della sua supponenza e totale inconpetenza, sta ulteriormente gettando fumo e generando confusione sull’intera vicenda. Come tecnico abituato a pensare sulla base della logica e del buon senso, tutto ciò mi sconvolge e mi inquieta perché non riesco a vederne le motivazioni, ma forse questa è la “politica”o la “malapolitica” ed allora io preferisco ragionare di altro.
Esaminiamo allora seriamente anche l’ipotesi della continuazione della lavorazione dell’acciaio nei laminatoi di Piombino, senza darne per scontata l’attuazione, per vederne costi e prospettive, se non altro per partecipare consapevolmente ad una eventuale discussione e non dare niente per scontato. Cosa che ormai da anni si fa molto raramente, come ha dimostrato la breve fallimentare esperienza di Rebrab e altre precedenti.
In caso di abbandono del ciclo integrale a favore della sola laminazione si possono aprire almeno due/tre scenari, sostanzialmente diversi tra di loro per contenuti e finalità.
Nello “scenario 1”, ovvero quello minimale, si ipotizza l’utilizzo degli impianti esistenti, ovvero treno a rotaie, laminatoio profilati medi (TMP), treno vergella (TVE), tal quali, tenendo conto che:
- il treno a rotaie per le problematiche impiantistiche non può superare le 300.000 tonnellate all’anno di produzione, con una qualità medio/alta,
- il TMP è critico e ormai superato nelle tecnologie per diversi aspetti ed anch’esso è limitato nella produzione (massimo 300.000 tonnellate all’anno con una qualità media),
- il TVE è dotato di buone tecnologie e di una condizione impiantistica ancora valida e potrebbe arrivare a produrre fino a 600/700.000 tonnellate all’anno con una qualità buona, pur con una tipologia di prodotti limitata e certamente da ampliare.
Nell’ipotesi sopra riportata, che riprende la prima proposta di JSW, quella per capirsi che nell’ anno 2014 venne scartata a favore della “bolla di sapone” di Rebrab, si possono laminare circa 1,2 milioni di tonnellate all’anno utilizzando, come noto, una forza lavoro di circa 800/900 dipendenti. Appare evidente come in tale situazione non si possa aggredire un mercato di eccellenza qualitativa e che comunque nel breve si debbano mettere a budget gli ammodernamenti degli impianti, in primis il TMP ed il treno a rotaie. Se questo non dovesse avvenire significherebbe la mancanza di una visuale profonda da parte di JSW (o altri) che condurrebbe lo stabilimento di Piombino verso un inesorabile declino.
Se si immagina invece lo “scenario 2”, che poi vuol dire andare ad aggredire mercati di pregio qualitativo aggiungendo nuovi prodotti, in modo da garantire lavoro anche in un’ottica di lungo termine e non solo nell’immediato, occorre mettere pesantemente le mani sul treno a rotaie e sul TMP, che comporta il rifacimento totale dei due laminatoi con nuove tecnologie, senza escludere alcuni interventi migliorativi anche sul TVE. In tal caso è bene essere assolutamente chiari riguardo ai costi poiché sarebbero sicuramente importanti: solo per il treno a rotaie, con un ventaglio di soluzioni impiantistiche diverse per contenuti tecnologici pur nella stessa ubicazione o nelle immediate vicinanze, si tratterebbe di investire circa 150 milioni di euro, mentre per il TMP, per il quale si può solo ipotizzare il rifacimento totale a partire dal forno di riscaldo con cambio di tecnologia pur nella stessa ubicazione, si tratterebbe di investire non meno di 120 milioni di euro. Ipotizzando, con un briciolo di fantasia e molta cautela, di investire 10/20 milioni di euro sul TVE, si arriva ad un totale di circa 280/300 milioni di euro da investire sui tre laminatoi, per garantire comunque di poter stare sul mercato, con prodotti lunghi di alto livello qualitativo.
Sempre in un’ottica di sola laminazione si può inserire uno “scenario 3” , ovvero un nuovo treno rotaie vicino ai laminatoi in padule, come più o meno previsto dal mega progetto di Aferpi, precisando che tale investimento non sarebbe necessario per una laminazione di alto livello qualitativo e quantitativo, ma rappresenterebbe una variante non priva di significato. Avrebbe i vantaggi di migliorare la logistica generale e soprattutto di rendere disponibile l’area dell’attuale impianto, assieme a quella della ex cokeria e dell’ex acciaieria, per attività diversificate. In tal caso però il budget complessivo aumenterebbe, poiché il costo del nuovo treno a rotaie, nella nuova ubicazione, supererebbe i 200 milioni di euro, portando il totale a circa 350 milioni di euro.
In conclusione anche in un’ottica di sola laminazione, con o senza lo “scenario 3”, l’impegno finanziario complessivo sarebbe tutt’altro che leggero, ma sarebbe significativo della volontà di JSW (o altri) di dare sviluppo alle attività anche per il prossimo futuro guardando ad un mercato di alto livello qualitativo.
C’è da aggiungere che lascerebbe aperta la possibilità, secondo le esigenze del mercato e riprendendo quanto il sistema d’informazione ha messo in bocca a JSW, ma con la precisazione che da parte della stessa JSW mai è venuta una dichiarazione ufficiale, di realizzare un laminatoio per coils con acciaio autoprodotto da forno elettrico e annessa colata continua. Ma ciò, per il grande impegno tecnologico e finanziario che comporterebbe, dovrebbe essere considerato separatamente da ogni altro investimento, in una logica che guarda anche al territorio con tutte le sue implicazioni.
Una grande opportunità o forse solo un nuovo inganno: meglio per il momento lasciar perdere facendo tesoro della recente esperienza.