Annus horribilis: nel 1953 la prima crisi in Magona

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PIOMBINO 12 otto­bre 2013 — Il 1953 e la crisi del­la Mag­o­na sono un anno dram­mati­co nel­la vita di Piom­bi­no. I 411 capi­famiglia dis­oc­cu­pati del 1952, su una popo­lazione di 33008 abi­tan­ti, nel 1953 era­no diven­tati 2027, su una popo­lazione di 33460 res­i­den­ti. Un aumen­to del 393%. La Mag­o­na era pas­sa­ta da 2650 occu­pati a 870 men­tre l’oc­cu­pazione nelle altre imp­rese, eccettua­ta l’IL­VA, era pas­sa­ta da 1216 unità a 638.
Che cosa era suc­ces­so?
Appun­to la crisi del­la Mag­o­na, in realtà la pri­ma crisi del­la Mag­o­na per­ché un’al­tra vi fu qualche anno dopo.
Una vicen­da sul­la quale molti sono sta­ti i silen­zi, sopratut­to locali, ma con­tem­po­ranea­mente anche gli appro­fondi­men­ti stori­ci come dimostra­no tra gli altri i lib­ri di Rosel­la Luc­chet­ti e Gra­ziel­la Poli, La Mag­o­na d’I­talia 1944/1970, e di Pietro Bian­coni, Il movi­men­to operaio a Piom­bi­no, edi­ti ambedue da la Nuo­va Italia e di Michele Lun­gonel­li, La Mag­o­na d’I­talia, edi­to da il Muli­no.
Men­tre a par­tire dal 1942 negli Stai Uni­ti e poi in Gran Bre­tagna, Cana­da, Fran­cia e Bel­gio si era­no affer­mati nuovi pro­ces­si di lam­i­nazione e di stag­natu­ra «di tut­to questo, ricor­da Lun­gonel­li, non c’è trac­cia nei pro­gram­mi ricostrut­tivi del­la Mag­o­na. La riat­ti­vazione degli impianti dan­neg­giati dai bom­bar­da­men­ti avviene sen­za intro­durre mod­i­fi­cazioni. All’inizio del 1947 fig­u­ra­no per­tan­to in fun­zione nel­l’ac­ciaieria due forni Mar­tin-Siemens e un treno trio per la trasfor­mazione dei lin­got­ti in bidoni men­tre il repar­to lam­i­nazione oper­ante inizial­mente con 8 treni di cui 4 per lamiere e 4 per bande, viene affi­an­ca­to nel­la sec­on­da metà del 1948 da altri 8 treni…Sono sta­ti inoltre ripristi­nati gli appa­rati di stag­natu­ra, zin­catu­ra e piom­bat­u­ra».
L’aper­tu­ra dei mer­cati dopo il pro­tezion­is­mo del­l’autarchia fascista e la sta­tic­ità dimostra­ta a liv­el­lo impiantis­ti­co met­tono fuori mer­ca­to la Mag­o­na che il 21 dicem­bre del 1950 viene invi­ta­ta dal min­is­tero del­l’In­dus­tria a fronte di una richi­es­ta di finanzi­a­men­ti per un piano di poten­zi­a­men­to tec­ni­co ad elab­o­rare un nuo­vo prog­et­to che prevede la lam­i­nazione a fred­do di lamiere sot­tili e bande stag­nate par­tendo da coils lam­i­nati a cal­do da Cornigliano. L’ab­ban­dono del­la pro­duzione diret­ta di acciaio è la con­seguen­za inevitabile, è solo ques­tione di tem­pi.
La magonaInizia di fat­to la «verten­za Mag­o­na» la cui pri­ma fase si svolge tra il feb­braio e l’ot­to­bre 1953. Ces­sazione di ogni attiv­ità azien­dale decisa dal­la direzione, occu­pazione del­la fab­bri­ca da parte degli operai, inter­ven­to del­la forza pub­bli­ca e sgombero forza­to degli occu­pan­ti, licen­zi­a­men­to di tut­to il per­son­ale operaio e di una parte degli imp­ie­gati sono le fasi che por­tano nel­l’ot­to­bre alla ripresa del­l’at­tiv­ità con la mes­sa in fun­zione di uno dei due forni del­l’ac­ciaieria e di 4 treni per lamiere nonché con la rias­sun­zione di 800 lavo­ra­tori.
E siamo solo nel­la pri­ma fase, un’al­tra ci sarà nel­l’ot­to­bre 1956 quan­do a segui­to del­la deci­sione di fer­mare l’ac­ciaieria , il treno ad essa col­le­ga­to e gli impianti di lavo­razione a cal­do si ver­i­ficherà un’ul­te­ri­ore riduzione di occu­pati fino ai 535 del del­l’aprile 1957.
Rima­nen­do sem­pre alla pri­ma fase vale la pena di sot­to­lin­eare la rif­les­sione ripor­ta­ta sem­pre da Lun­gonel­li sul­la base di una tes­ti­mo­ni­an­za orale resa molto tem­po dopo ed esat­ta­mente nel 1989 da Ser­gio Manet­ti, all’e­poca seg­re­tario del­la FIOM per la provin­cia di Livorno: «L’im­postazione appare quel­la tipi­ca, ril­evabile anche in altre verten­ze sin­da­cali del dopoguer­ra ital­iano: la più che com­pren­si­bile dife­sa dei liv­el­li occu­pazion­ali viene in sostan­za iden­ti­fi­ca­ta con il “sal­vatag­gio del­la fab­bri­ca”, sen­za com­pren­dere che quel­lo che ne avrebbe assi­cu­ra­to la con­ti­nu­ità era pro­prio l’adozione di quelle nuove tec­nolo­gie di tipo labour-sav­ing di cui si anda­vano dotan­do i più impor­tan­ti sta­bil­i­men­ti siderur­gi­ci nazion­ali. La grande sol­i­da­ri­età polit­i­ca che nel con­testo piom­bi­nese si crea intorno ai lavo­ra­tori del­la Mag­o­na finisce per­tan­to col ritar­dare la soluzione del­la verten­za stes­sa».

 

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