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Il bus per Grosseto è finito in panne nel tunnel lungo 475 metri che collega la statale 398 al porto di Piombino. I sogni spesso finiscono all’alba e l’ora del risveglio è scandita a veloci rintocchi sull’orologio mattutino che vorrebbe segnare il bramato passaggio della Val di Cornia alla provincia di Grosseto.
Una doccia fredda in Commissione al Senato (voto unanime) ha gelato gli entusiasmi e drasticamente posto fine, nel Comprensorio, all’ardita discussione circa i tempi per affrontare tanto argomento: cotto e mangiato, ovvero decidiamo tutto prima di Natale, oppure ripensiamoci un altro po’ e scegliamo a feste consumate.
Le province, nonostante i buoni propositi, nonostante i programmi elettorali di partiti importanti, nonostante le mediazioni di Monti e Patroni Griffi per accorpare anziché eliminare, resteranno come si sono sempre conosciute. Anzi, come colui che precipitosamente scappa dal barbiere a capelli mezzi fatti, le nostre amministrazioni sono state abbandonate in mezzo al guado. Con provvedimenti che, forse si cancelleranno e forse no, hanno perso parte dei loro antichi poteri e decisamente oggi non sanno come affrontare, per esempio, i problemi delle frane che, come si sa, interessano parimente le strade, interrotte dagli smottamenti, ed i vecchi tetti delle scuole superiori. Per non parlare dell’agricoltura.
In più il coro dei presidenti provinciali è un pianto: “A breve potremmo rischiare la bancarotta”.
Questo è il “mare” nel quale, con la rotta verso sud, naviga il vascello del comitato che, sindaco di Piombino in testa, ha raccolto le firme per il trasloco nel grossetano.
Ci si dirà che la petizione fa presa su un articolo dello statuto comunale e addirittura il trasferimento della Val di Cornia a Grosseto non era neanche concepito in uno degli infiniti emendamenti e sub emendamenti che di fatto hanno affossato il provvedimento di riordino delle province. Ci si dirà che il cammino verso il capoluogo maremmano segue un’altra strada indipendente dalle scelte governative.
Tutto vero. Però – riflettiamo – comunque occorrerà un norma che deve uscire in sede romana per trasformare l’assetto di due province. E credete voi che un parlamento che ha sfidato la volontà popolare (tutti i sondaggisti indicano il desiderio comune di eliminare tutte le province e non di accorparle) si rimetterà a sedere per varare in questa materia un provvedimento ad hoc per la Val di Cornia? E chi lo sosterrà se, ignorando le indicazioni del Comitato piombinese, neanche un emendamentino — lo ripetiamo — è stato presentato, per questo comprensorio, in sede di discussione del riordino delle province? E poi quando tutto ciò avverrà se le Camere si preparano allo scioglimento per l’inizio della campagna elettorale?
Ogni passione, ogni desiderio, ogni tentativo animato da buona volontà va rispettato perfino quando la sensazione talvolta è quella di trovarci di fronte ad un problemino tra i tanti problemoni che la Val di Cornia ha. Ecco, magari nell’impasse forzata per il trasloco, verosimilmente molto rimandato, pensiamo a quelli, ai problemoni, che in queste terre non sono pochi e che non vale neanche la pena di ricordare tanto sono presenti nella quotidianità di tutti.
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