ASL e Comuni: una parentela difficile
L’art.32 della Costituzione stabilisce che “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Parole chiarissime, che lasciano pochi dubbi. In Italia la salute è un diritto individuale e collettivo, poiché non può esserci benessere in una società che abbandona gli individui nel momento del bisogno, nessuno escluso, neppure le persone prive dell’indispensabile per vivere.
Il compito di tutelare questi diritti spetta alla Repubblica, ossia ai Comuni, alle Province, alle Regioni e allo Stato.
Sono principi fondamentali che meritano una continua verifica perché troppo spesso non sono applicati. Faccio solo due esempi: le liste d’attesa e il ruolo dei nostri Comuni nella programmazione sanitaria. Liste d’attesa. La situazione della Val di Cornia è nota. Dieci mesi per una mammografia non garantiscono il diritto alla salute delle donne. Non è molto diverso per ecografie, ecodoppler e altri esami necessari talvolta per diagnosi urgenti di malattie gravi. Gli strumenti esistono, sono stati acquistati con soldi pubblici, ma restano immobilizzati per la maggior parte del tempo nell’ospedale. Chi può ricorre ai laboratori privati, che erogano le stesse prestazioni in pochi giorni e a costi di poco superiori ai ticket sanitari; chi non può rischia la salute con attese intollerabili e immotivate. Non ho ancora sentito una spiegazione razionale che giustifichi questo scandaloso fenomeno. Mi sembra evidente che per queste prestazioni la Costituzione non è applicata, mentre i cittadini sono ormai rassegnati e non chiedono neppure i rimborsi per la mancata prestazione entro 30 giorni, come sarebbe loro diritto. Del resto la nostra ASL si guarda bene dall’informarli e lo stesso fanno i Comuni che dovrebbero tutelarli. Ruolo dei Comuni. Sono tra le istituzioni che devono tutelare la salute dei cittadini. In realtà nei Comuni non si parla di sanità. Se accade è per qualche interpellanza sulla mala sanità o per votare qualche generico appello, ma nessuno degli atti di programmazione sanitaria viene discusso e votato nei consigli comunali. Gli strumenti ci sono e sono previsti da leggi regionali: si chiamano Conferenze dei Sindaci, Piano integrato di salute che deve raccordare le politiche sanitarie con quelle sociali, Piano Attuativo Locale con il quale l’ASL deve programmare le proprie attività sul territorio. In una recente interpellanza abbiamo chiesto al Sindaco di Campiglia se esiste il Piano attuativo locale della nostra ASL e quali indirizzi hanno dato i Sindaci per la sua elaborazione. La risposta è stata la seguente: “La Conferenza Aziendale dei Sindaci ha la sua sede a Livorno ed è presieduta dal Sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi. Ad oggi non risultano essere stati presentati indirizzi per l’elaborazione del Piano Attuativo Locale da parte della Conferenza dei Sindaci”.
Abbiamo chiesto, indipendentemente dalla formazione del Piano Attuativo Locale (che evidentemente non esiste), quante sono state le sedute verbalizzate della Conferenza Aziendale dei Sindaci dal 2009 ad oggi. La risposta è stata la seguente: “La Conferenza Aziendale dei Sindaci ha la sua sede a Livorno ed è presieduta dal Sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi. Alle sedute della Conferenza per la Val di Cornia partecipa il Sindaco di Piombino. I relativi verbali delle sedute non vengono inviati ai Comuni”
Non credo servano commenti. Mi pare però abbastanza evidente che anche in questo caso la Costituzione non è applicata. Proviamo a ripartire dai principi fondamentali, assumendo i diritti costituzionali come ragione stessa dell’impegno politico, e forse ci sarà più facile capire cosa c’è da fare per la salute dei cittadini.