Aspettare volontà altrui o anticipare idee pubbliche
PIOMBINO 24 novembre 2017 — Sembra che tutto possa ricominciare come prima. Tra chi continua a urlare “bisogna produrre acciaio”, chi ripropone incentivi inutili, chi sogna trattative private con questo o quell’imprenditore, chi sommessamente prende atto e chi tace, nessuno che si assuma le responsabilità che il ruolo giocato gli assegna e dica concretamente cosa debba essere fatto ora anche alla luce degli insegnamenti scaturiti dalla vicenda della crisi siderurgica piombinese (per memoria ricordiamo che la procedura di amministrazione straordinaria della Lucchini è iniziata il 21 dicembre 2012 e quella della Lucchini servizi il 14 marzo 2013).
Una vicenda che ci ha portato
- a non avere nessun imprenditore che abbia riattivato totalmente o parzialmente le produzioni siderurgiche, dato che l’imprenditore al quale la Lucchini è stata venduta il 30 giugno 2015 non ha rispettato i patti (cosa prevedibile fin dall’inizio),
- a un accordo di programma per risanamento ambientale e reindustrializzazione della zona di Piombino firmato anche da quell’imprenditore e dunque da riscrivere (non solo per questo ma anche per questo),
- a destinazioni urbanistiche di centinaia di ettari derivate dal quel piano industriale presentato da quell’imprenditore inadempiente e dunque inutili, paralizzanti e da riscrivere.
Che cosa fare ora?
Ovviamente sono molti gli insegnamenti ma uno in particolare: ciò che è avvenuto è scaturito anche dal fatto che tutto è stato rovesciato, temporalmente e concettualmente.
Il commissario straordinario, autorizzato dal governo, ha venduto tutti gli asset della Lucchini, di fatto edifici, strumenti, terreni in proprietà e terreni in concessione demaniale, a prescindere da una riflessione comunale e regionale sul futuro di quella zona. In altre parole senza che Comune di Piombino e Regione Toscana si fossero poste l’interrogativo sul futuro possibile di quelle zone (per la verità l’interrogativo avrebbe dovuto riguardare almeno tutta la Val di Cornia) e se si poteva puntare sì sulle attività siderurgiche ma non solo su quelle, così come ha dimostrato positivamente l’esperienza di tante altre zone siderurgiche o minerarie dismesse. Ed invece no, si è semplicemente presa la proposta di un imprenditore, abbagliati da numeri e da attività che non avevano né capo né coda , e gli si sono persino di fatto assegnate decine e decine di ettari di aree demaniali anche ma non solo marittime. Tutto andava bene: progetti impossibili di agroindustrie, attività logistiche e siderurgiche a prescindere dalla loro possibilità di attuazione e soprattutto a prescindere da una idea pubblica autonoma di sviluppo di questo territorio.
Il mondo rovesciato.
Ebbene, adesso il problema nelle mani del/dei Comuni e della Regione è proprio questo: lasciare che il commissario straordinario emani un bando aperto in attesa di proposte o approvare almeno degli indirizzi pubblici (gli strumenti amministrativi esistono) di destinazione di quei territori come guida e riferimento per lo stesso bando?
L’esperienza indica l’ovvia e naturale scelta da fare, anche perché tanti concetti fino ad oggi usati come naturali non lo sono affatto:
- non è naturale pensare in toto alla demolizione di manufatti esistenti a prescindere da una possibile riutilizzazione, ad esempio per un parco di archeologia industriale inserito nel sistema dei parchi culturali e naturali della Val di Cornia,
- non è naturale che le zone più vicine alla città siano necessariamente vocate ad insediamenti agroindustriali o industriali in genere,
- non è naturale che gli asseti delle infrastrutture vengano decisi da un imprenditore e non siano invece il prodotto di una visone territoriale più generale.
E non è nemmeno naturale che tutto il territorio vada ad un solo imprenditore; dipende dalle previsioni degli enti pubblici, tanto più che in questo caso moltissime aree sono demaniali e dunque pubbliche.
E potremmo continuare.
Compito semplice? Nient’affatto ma per favore non si venga a sollevare la contraddizione tra i tempi ristretti che la crisi (e la sua gestione) comportano ed i tempi lunghi che una nuova pianificazione comporta. Sono le esperienze ed i precedenti che dimostrano il contrario. Basta volerlo e sapere cosa fare ed anche le esigenze temporali possono essere risolte.
Abbiamo parlato di un bando pubblico del commissario straordinario, ma ci rendiamo conto che nemmeno questo è scontato. Di nuovo si torna a parlare da un lato di trattative dirette del governo con imprenditori e dall’altro di incentivi da mettere sul piatto sempre da parte del governo o della Regione. È esattamente il modello messo in crisi dall’esperienza: conquistarsi l’imprenditore con accattivanti promesse di incentivi, aiuti e quant’altro.
Due sono gli elementi su cui far chiarezza.
Disegnato un quadro programmatico sia pur generale è utile che il campo sia lasciato aperto al gioco del mercato nel quale possano competere diversi imprenditori. Tanto più largo e aperto è il campo e meglio è. Naturalmente con un ruolo decisionale pubblico che esamina, valuta e decide seriamente e razionalmente, non che si fa abbagliare dalle promesse.
Il pubblico, stiamo parlando di Comuni e Regione, si dia come compito fondamentale la realizzazione del contesto ambientale (le bonifiche) e di quello infrastrutturale (strade e ferrovie). E lo faccia dando e pretendendo certezze vere su tempi, modi e finanziamenti non le ripetute promesse fallimentari alle quali ci ha abituato.
E siccome c’è da riscrivere anche quell’accordo di programma, questo ci sia scritto, non la litania degli spizzichini finanziari pubblici fatti solo per accontentare demagogicamente tutti e poi col tempo scontentare ugualmente tutti dato che gli spizzichini non risolvono i problemi.
È vero, nessuno lo nega, siamo ancora di fronte (e tempo se ne è perso tanto) ad un problema immane, ma proprio per questo se ognuno fa la propria parte e non si diletta ad immaginare scorciatoie già un pezzo del problema è risolto.
Come si vede sono tutti problemi politici quelli che la risoluzione del contratto di vendita della Lucchini fa emergere, ma questo sta nel piatto ed è del tutto inutile non farci i conti.