In attesa della risposta di Aferpi meglio prepararsi
PIOMBINO 21 aprile 2017 — Gli inni alla gloria si sprecano in Val di Cornia. Oggi ne è oggetto il ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda per la conduzione della difficile vicenda Aferpi e della decisione di invio di una lettera di messa in mora di Aferpi come acquirente della Lucchini, viste le sue inadempienze. Il ministro prende il posto che fu già del direttore generale del ministero dell’ambiente Gianfranco Mascazzini, del ministro dei lavori pubblici Altero Matteoli, del giordano Khaled al Habahbeh, dell’indiano Sajjan Jindal, dell’algerino Issad Rebrab (nella foto in basso a sinistra).
Come sono andate e come stanno andando a finire quelle vicende tutti lo sanno e dunque sarebbe bene non applicare anche al ministro Calenda il servo encomio e il codardo oltraggio di manzoniana memoria.
Speriamo, insomma, che non si ripeta la stessa recita.
Meglio sarebbe tentare di comprendere lo stato reale della situazione o almeno ragionarci e non dare per scontati risultati che proprio non sono stati raggiunti o perché improbabili o perché impossibili o perché inesistenti.
«Altrettanto giusto il prolungamento di ulteriori due anni della “legge Marzano” mettendo in sicurezza i lavoratori» dice ad esempio il segretario del Pd della Val di Cornia Valerio Fabiani (nella foto a sinistra) ripetendo un mantra molto diffuso, anzi anticipato dallo stesso sindaco Massimo Giuliani
È proprio vero?
L’unico documento ufficiale uscito dalla riunione del 19 aprile al ministero dello sviluppo economico, con il ministro Carlo Calenda, la vice ministro Teresa Bellanova, la sottosegretaria Silvia Velo, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il sindaco di Piombino massimo Giuliani, i rappresentanti nazionali e locali delle organizzazioni sindacali e il presidente di Cevital Issad Rebrab accompagnato dai più alti dirigenti compreso l’amministratore delegato Said Benikene, è il comunicato stampa del ministero dello sviluppo economico, già pubblicato da Stile libero, che non pare dire esattamente la stessa cosa: «Le indicazioni ricevute dall’azienda non hanno purtroppo consentito di rilevare significativi avanzamenti sia per quanto riguarda i tempi di realizzazione dei nuovi impianti, sia per quanto concerne la copertura finanziaria dell’investimento. Per questa ragione il Governo ha comunicato la decisione di inviare nelle prossime ore ad Aferpi una lettera formale di denuncia delle inadempienze contrattuali finora rilevate. Con questo atto ufficiale il Governo intende sollecitare l’Azienda a riconoscere la prosecuzione, oltre il biennio che scadrà il prossimo mese di giugno, delle attività di sorveglianza previste dalla Legge per le Amministrazioni Straordinarie. Qualora non venisse accolta tale richiesta, non resterebbe che avviare la procedura di rescissione del contratto di cessione degli impianti sottoscritto a luglio del 2015».
Cosa può contenere la lettera e cosa significa la richiesta fatta ad Aferpi “di riconoscere la prosecuzione, oltre il biennio che scadrà il prossimo mese di giugno, delle attività di sorveglianza previste dalla Legge per le Amministrazioni Straordinarie”? Difficile dirlo. Vediamo di mettere in ordine almeno alcuni elementi.
Non è il prolungamento degli effetti della legge Marzano, quella che il ministero chiama la Legge per le Amministrazioni Straordinarie. Né un provvedimento governativo né un intervento legislativo possono farlo perché si tratterebbe di un’applicazione retroattiva per andare a disciplinare un contratto sottoscritto nel 2015 e sarebbe in contrasto con il principio della non retroattività della legge che vuole che un contratto sia regolato dalla normativa vigente al momento della sua stipula.
Un prolungamento degli effetti della legge Marzano può aversi solo attraverso un accordo che sottoscriva anche Aferpi, tant’è che il ministero chiede ad Aferpi di riconoscere “oltre il biennio che scadrà il prossimo mese di giugno, delle attività di sorveglianza previste dalla Legge per le Amministrazioni Straordinarie”. Insomma occorre la volontà di Aferpi.
Ma cosa significa ciò che ad Aferpi si chiede? E sopratutto, quali sono gli oggetti della messa in mora di Aferpi?
Hanno a che fare certamente con quelli esposti dal ministro Calenda nell’ultima riunione romana e cioè quelli relativi al fatto che
- Aferpi non ha soldi per mantenere la normale gestione e che pertanto perde due milioni al mese,
- il personale è stato tutto assunto ma il suo impiego è stato ed è largamente inferiore rispetto a quanto pianificato e quindi è in discussione lo stesso accordo sui contratti di solidarietà,
- gli investimenti previsti dall’ultimo accordo di programma del 30 giugno 2015 “per l’attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell’area dei complessi aziendali ceduti dalla Lucchini” sia per la siderurgia sia per l’agroalimentare sia per la logistica non sono stai realizzati.
Nel contratto di compravendita tra Lucchini e Lucchini servizi in amministrazione straordinaria e Aferpi (30 giugno 2015) quest’ultima si obbligava a proseguire l’attività imprenditoriale secondo quanto previsto nello stesso piano industriale per un periodo di almeno due anni dalla “Data di Efficacia” e dunque fino al 1° luglio 2017, fatti salvi casi di forza maggiore (per tali intendendosi disastri naturali, terremoti, incendi, guerre, sommosse e simili). In quel piano industriale oltre gli investimenti per gli impianti da costruire o riqualificare era inserito un piano operativo 2015 – 2017 in cui si prevedevano attività produttive di laminazione di vergella, barre e rotaie mai lontanamente raggiunte.
Nell’accordo di programma del 30 giugno 2015 “per l’attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell’area dei complessi aziendali ceduti dalla Lucchini” veniva richiamato lo stesso piano industriale ed in particolare la realizzazione da parte di Aferpi degli interventi di reindustrializzazione e sviluppo economico secondo i tempi e le modalità lì indicate che prevedevano, fermiamoci ai tempi già trascorsi, entro il dicembre 2016 la realizzazione di una prima fase con costruzione della prima acciaieria elettrica e i servizi di stabilimento nonché il revamping dei treni di laminazione.
Come è chiaro, nessuno di questi impegni è stato mantenuto.
Qual’è l’ipotesi del ministero? Quella di chiedere ad Aferpi di ammettere la non ottemperanza agli obblighi contrattuali (né i primi né i secondi elencati sopra), di accettare che quegli obblighi siano prorogati al 1° luglio 2019 e di permettere la sorveglianza prevista dalla Legge per le Amministrazioni Straordinarie? E il ministero è disponibile ad accettare la promessa che ciò che non è stato fatto in due anni venga fatto in quattro senza nessuna certezza di disponibilità finanziaria? E solo nel caso in cui non venisse accolta tale promessa (perché solo di promessa si tratterebbe) avviare la procedura di risoluzione del contratto di cessione degli impianti sottoscritto il 30 giugno 2015?
Decisiva ovviamente la risposta di Aferpi ma non sarebbe male che da parte delle istituzioni pubbliche venisse un po’ più di chiarezza rispondendo precisamente alle domande.
Altro argomento complicato è quello riguardante il destino dei lavoratori Aferpi. Solo di loro si parla (inutili gli impegni dichiarati sui lavoratori dell’indotto che sanno più di retorica che di azione politica e sindacale). L’accordo sindacale sul contratto di solidarietà difensivo ha individuato quest’ultimo come strumento ottimale per la gestione del piano industriale di Aferpi e lo ha previsto per tutti i lavoratori ex Lucchini e Lucchini servizi per quarantotto mesi (ventiquattro mesi rinnovabili di altri ventiquattro mesi) a partire dalla data di efficacia della cessione dei complessi aziendali e cioè dal 30 giungo 2015. I secondi ventiquattro mesi sono stati rinnovati recentemente. È una norma particolare non più prevista dalla legge sul lavoro oggi vigente cioè dal jobs act nel caso di nuovi accordi.
Lo stesso ministro ha dichiarato che il personale è stato tutto assunto ma il suo impiego è stato ed è largamente inferiore rispetto a quanto pianificato e quindi è in discussione lo stesso accordo sui contratti di solidarietà. Cosa che del resto si trova scritta papale papale anche in alcune relazioni non recentissime del commissario straordinario Piero Nardi.
Nonostante che Aferpi abbia acconsentito al prolungamento per i secondi due anni non è affatto scontato che anche nel caso di risposta positiva di Aferpi alla condizione annunciata dal ministro Calenda nella lettera, a questo punto si suppone già inviata, esistano le condizioni del mantenimento dei contratti di solidarietà se non si sbloccano i problemi tuttora presenti del finanziamento della gestione corrente e degli investimenti. A parte il fatto che un accordo può sempre essere disdetto.
Anche su questo non sarebbe male che da parte delle istituzioni pubbliche venisse un po’ più di chiarezza.
Cosa succederebbe nel caso di messa in mora dell’ azienda, di risoluzione del contratto di vendita e del conseguente contenzioso ad oggi non è proprio possibile immaginarlo, anche se si può supporre che tutti gli accordi imprudentemente stipulati non solo per la parte industriale ma anche per quelle delle bonifiche e degli ammortizzatori sociali con Aferpi vengano annullati e si torni indietro in questo gioco dell’oca che dura ormai da anni. Per non parlare poi del fatto che, lo dice il commissario straordinario Piero Nardi nella sua ultima relazione, a seguito del decreto del Tribunale di Livorno del 24 marzo 2017 l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, procedura concorsuale liquidatoria e si occuperà, prioritariamente, del recupero dei crediti, dello sviluppo delle azioni revocatorie e di richieste di danni avviate, della cessione dell’ immobile e dei macchinari di Condove e di alcune partecipazioni minori.
Non sarebbe male che le istituzioni pubbliche autonomamente cominciassero ad esplorare anche questa ipotesi (messa in mora e risoluzione del contratto di vendita) e le sue conseguenze sia sulla gestione corrente, sia sugli ammortizzatori sociali, sia sugli investimenti. E sopratutto sull’intera società della Val di Cornia, quella in particolare che non ha difesa alcuna. Ne hanno tutta la possibilità e sarebbe bene lo facessero invece di strologare su possibili partner italiani e stranieri, su prestiti statali, sul ritorno di vecchi proponenti e chi più ne ha più ne metta.
E sarebbe anche bene sottoporre gli interrogativi dell’oggi e del domani alla riflessione pubblica serenamente ed esplicitamente.
Naturalmente questo presuppone che si voglia vedere in faccia la realtà, che si vogliano affrontare i problemi e che non si preferisca la propaganda. Condizione che fino ad oggi proprio non si è verificata.
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Bellissimo articolo, serio e illuminante, il momento di chiarezza che serviva in questa fase di confusione imperante.
Ottimo articolo, complimenti. In attinenza ai vari politici menzionati: è solo un gioco di potere fine a sé stesso. Ormai, la sensazione della stragrande maggioranza della gente (e io ne frequento tanta) è che siano degli incompetenti, senza arte né parte. Fanno finta di fare qualcosa di tangibile nel marasma degli eventi, che poi si rivela completamente inutile e slegato dall’insieme e non produce nulla a beneficio del fine ultimo. Si sono arroccati sui loro piedistalli e, come non capirli, si rifiutano di scenderne perché la posizione di prestigio conviene di gran lunga rispetto alla routine quotidiana. Sono lì, molti per puro caso, eletti in nome di un sistema creato per premiare chi pare a loro e non a noi. Non si fanno scrupolo di diramare proclami, promesse, vittorie (di Pirro), nel quasi immediato smentite dagli eventi, ma di cui neppure si vergognano. Perché ormai, a quanto pare, non ha più valore raggiungere concretamente l’obiettivo per cui si è stati “eletti”, quanto piuttosto aggiungere consapevolmente tasselli di vuoto ad un castello di aria fritta; così la “massa” è soddisfatta e il “contributo”, che giustifica la posizione di prestigio, è dato! Che bello se, colti da reale consapevole presa d’atto della loro assoluta inutilità e inettitudine, scomparissero in massa. Meglio il vuoto che quest’odore di funesto marcio, imperante da troppo, troppo tempo.
Il suo commento lo inciderei nel marmo.
Certo come no, in campagna elettorale me li immagino quanta voglia avranno di “guardare in faccia la realtà e affrontare i problemi” ahahahah, faranno le gomitate!!