Basta col presente modello politico e culturale

· Inserito in Spazio aperto

PIOMBINO 9 novem­bre 2018 — A dicem­bre del 2016, in una sedu­ta stra­or­di­nar­ia del con­siglio comu­nale di Piomb­no, il dott. Faus­to Azzi (nel­la foto in alto con Saj­jan Jin­dal, ndr) sostene­va con enfasi la bon­tà del piano Cevi­tal par­lan­do però di un’operazione di sis­tema, dove con il “sis­tema”, la respon­s­abil­ità, come si dice, “morì fan­ci­ul­la”, accom­pa­g­na­to da un “per­ché nes­sun la volle”. Il sin­da­co Mas­si­mo Giu­liani, in quel­la sede, non si sprecò, definen­do quel prog­et­to Cevi­tal come …“ il più grande prog­et­to indus­tri­ale degli ulti­mi ven­ti anni d’I­talia, il più grande d’I­talia del­l’ul­ti­mo ven­ten­nio!”.
Oggi, il dott. Faus­to Azzi, oltre a cer­care di tran­quil­liz­zarci sul piano Jin­dal, entra nel­la ques­tione del ciclo dei rifiu­ti, definen­do strate­gi­ca la dis­car­i­ca di RIMa­te­ria per con­cretiz­zare pro­prio il prog­et­to indus­tri­ale, ma riman­da un’eventuale parte­ci­pazione in RIMa­te­ria. Qual­cuno non per­cepisce anche solo un leg­gero fas­tidio, dovu­to a tante promesse ascoltante e pun­tual­mente smen­tite? Ques­ta cit­tà, insieme ai lavo­ra­tori del­la ex Luc­chi­ni, sono in ostag­gio da anni, fer­mi, rispet­to a qual­si­asi tipo di svilup­po che sia ver­so il com­par­to indus­tri­ale, piut­tosto che quel­lo del­la diver­si­fi­cazione. Ostag­gi di promesse ras­si­cu­ran­ti, di aspi­razioni che dopo tut­ti questi anni, sono finite al lim­i­tar­si di garan­tire il min­i­mo di assis­ten­za. È il momen­to di rib­altare com­ple­ta­mente il piano dei rap­por­ti, la cit­tà attra­ver­so i suoi rap­p­re­sen­tan­ti deve iniziare a dis­eg­nare il pro­prio futuro, attra­ver­so le pro­prie pecu­liar­ità, inizian­do a riap­pro­pri­ar­si degli spazi vitali per un pos­si­bile rilan­cio eco­nom­i­co. Bisogna rompere la sub­al­ter­nità con questo mod­el­lo politi­co e cul­tur­ale, pro­pe­deu­ti­co solo alla con­tin­ua incertez­za, vela­ta di false sper­anze, dove spes­so solo pochi, molto pochi, ne trag­gono un ben­efi­cio spes­so tutt’altro che col­let­ti­vo. La fab­bri­ca, come un tem­po, deve tornare a dialog­a­re con la cit­tà, con­tribuen­do al suo svilup­po, com­pen­san­do la sua pre­sen­za con opere e parte­ci­pazioni; la dis­gregazione fisi­ca del­la fab­bri­ca può e dovrà assumere una valen­za architet­ton­i­ca, sal­van­do e rin­no­van­do; tut­to questo attra­ver­so un prog­et­to di rilan­cio del nuo­vo tes­su­to urbano del­la Piom­bi­no futu­ra. Altro che mega dis­cariche, a Piom­bi­no serve una nuo­va sta­gione, con men­ti nuove, che dialogh­i­no riso­lu­ta­mente, sen­za sud­di­tan­za, con tut­ti gli inter­locu­tori che vor­ran­no affac­cia­r­si sul ter­ri­to­rio di Piom­bi­no.
Ma il futuro lo dis­eg­n­er­an­no i piom­bi­ne­si.

Ric­car­do Gelichi, Por­tav­oce Lista Civi­ca Ascol­ta Piom­bi­no

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