Bene l’Unione dei Comuni ma subito cosa si fa?
PIOMBINO 15 novembre 2014 — Il Partito democratico della Val di Cornia (strano e preoccupante che non ci fossero le analoghe strutture di partito della Val di Cecina ed i partiti che almeno in Val di Cornia governano i Comuni insieme al Partito democratico) ha riproposto la sua volontà di fare politiche coordinate a livello sovracomunale e di impegnare in questa direzione tutti i Comuni presentando ufficialmente il documento sulle politiche istituzionali recentemente approvato, quello che sarà tradotto in ordini del giorno da sottoporre all’approvazione dei Consigli Comunali. Ne abbiamo già trattato in un precedente articolo (https://www.stileliberonews.org/svolta-nelle-politiche-istituzionali/), e ci sembra che la nostra interpretazione ne esca confermata, ma sicuramente qualche frase pronunciata nella conferenza stampa chiarisce un po’ le cose. Non parliamo tanto della valutazione se le attuali posizioni politiche costituiscono un’inversione di tendenza rispetto al passato: è così evidente che ieri si è contemporaneamente smantellato ogni coordinamento sovracomunale in Val di Cornia e rotto i rapporti tra Comuni inseguendo un improbabile disegno unitario con la provincia di Grosseto mentre oggi invece si dà priorità ad altro che non è nemmeno necessario discuterne. Parliamo del disegno complessivo che sostanzialmente dice: “facciamo subito l’Unione dei Comuni della Val di Cornia, chiediamo subito alla Regione di modificare una sua legge per unificare in un un’unico ambito di gestione dei servizi anche la Val di Cecina, permettiamo ai Comuni di Suvereto e Sassetta obbligati a farlo subito di andare a gestioni unitarie dei servizi con i Comuni della Val di Cornia, allarghiamo l’ Unione di Comuni ai Comuni della Val di Cecina una volta modificata la legge regionale”.
Ma è davvero acquisita la comprensione dell’utilità della sovracomunalità? E poi un’altra domanda: «Mentre viene costruita l’Unione dei Comuni con i tempi e le procedure che comporta cosa fanno i Comuni? Rimangono fermi e chiusi nei loro confini?»
Siccome un”idea è verificata positivamente se non è falsificata dalla sua realizzazione e se c’è coerenza tra idea e azione poniamo alcuni problemi immediati dalla soluzione dei quali si capirà se soltanto di un’ idea si tratta o di qualcosa di più. Ci rendiamo conto che chi deve governare questo territorio ha la necessità, prima di tutto, di sgombrarlo dalle tante macerie che gli ultimi dieci anni vi sono state depositate ma chi vuole “collocarsi dentro processi innovativi” (a proposito di macerie c’è anche l’abuso della retorica da eliminare) non può non fare i conti con tutti gli aspetti della questione.
Un primo problema riguarda le conoscenze del territorio. L’area di crisi industriale complessa ed il futuro molto problematico che si prospetta richiede una capacità di ideazione dei Comuni che non può che basarsi su un servizio dentro i Comuni capace di mettere in fila almeno i dati strutturali di base (la demografia, i cambiamenti sociali, le strutture produttive, i dati ambientali e così via). Non c’è bisogno di affidamenti esterni e tutto ciò che è stato prodotto, compreso l’ultimo studio del Sant’Anna, serve a poco. È questa una funzione che per definizione non può che essere dell’ Unione dei Comuni ma si può anche anticipare e senza costi aggiuntivi.
Un secondo problema riguarda l’assetto del territorio e degli strumenti relativi. In una situazione profondamente cambiata è chiaro che piani strutturali e regolamenti urbanistici debbono essere completamente rielaborati. È materia squisitamente sovracomunale e dunque compito della Unione dei Comuni. Ma è giusto aspettare che questa sia completamente realizzata e poi passare alla revisione degli strumenti urbanistici o è giusto invece iniziare la stagione della nuova progettazione sovracomunale sulla base di una semplice convenzione tra Comuni e poi riversare tutte le elaborazioni nel frattempo approvate nella Unione comunale? Se si vuole la sovracomunalità è possibile farlo subito.
Un terzo problema riguarda i servizi sociosanitari. Se l’ottica alla quale guardare fin da ora è il territorio della Val di Cornia e della Val di Cecina allora l’ipotesi di un ospedale nuovo unico tra la Val di Cornia e le Colline metallifere è del tutto superata (d’altra parte era anche impossibile). Lo si riconosca e si pensi e si lavori ad una giusta integrazione di ruoli e funzioni tra i due ospedali di Cecina e Piombino da subito.
Tre esempi che dimostrano che se si vuole la sovracomunalità si può partire subito. Tre esempi che, realizzati, sarebbero la dimostrazione in corpore vili che non siamo di fronte ancora una volta alle effervescenti inutilità, tanto più effervescenti quanto più dannose, della passata legislatura.
Ma come sempre è la prova dei fatti che decide e, come si sa, è la politica che è chiamata a fornirla.
(Foto di Pino Bertelli)