Cambiare e innovare con le tracce della storia
PIOMBINO 28 dicembre 2014 — Carissimo Direttore, da tempo in realtà pensavo di scrivere a te e alla redazione di Stile Libero per contribuire al dibattito che la rivista un paio di numeri fa ha promosso sul tema dell’archeologia industriale. Lo faccio oggi, in questo scorcio di fine anno in cui la pausa natalizia mi lascia il tempo per riordinare le idee e scrivere, stimolata dall’iniziativa, tua e di Sabin Khort, del gemellaggio fotografico con la Ruhr di cui ho letto in questi giorni.
Il tema di come nei processi di grande trasformazione di una città o di un territorio, come è quello che Piombino si appresta ad attraversare, si possano mantenere le tracce della storia di quel posto è, dal mio punto di vista, uno dei fattori di cambiamento e innovazione più importanti non solo dal punto di vista culturale, ma anche economico. Non è da ora che lo penso e che lo dico: esempi come quello della Ruhr testimoniano, del resto, che è una strada di successo più che percorribile.
Anche se ormai è dimostrato che gli artisti anticipano i cambiamenti e sono capaci di vedere dove la strada porterà una comunità o un popolo, e di comprendere che è finita un’epoca mentre tutti gli altri pensano di no, credo che l’errore più grave che potremmo commettere è considerare questo argomento come il passatempo di qualche intellettuale, o il sogno di qualche fotografo o uomo di cultura più o meno visionario, quale tu, in effetti, sei.
È per questo che a settembre, in veste di assessore all’urbanistica del Comune di Piombino, ho lavorato alla presentazione di un contributo al Piano paesaggistico della Regione Toscana, chiedendo che la valorizzazione dell’archeologia industriale e delle testimonianze fisiche che la caratterizzano fosse un obiettivo, al pari dell’archeologia classica.
È per questo che nei prossimi mesi, mentre esamineremo i progetti industriali e di investimento annunciati da Cevital, bisognerà discutere anche di quanto e come le tracce della presenza industriale che ha caratterizzato oltre 100 anni della nostra storia potranno contribuire al nuovo modello economico e sociale del territorio.
Non sarà una discussione facile. Molti tenderanno a contrapporre la centralità dei nuovi progetti industriali alla necessità di recuperare funzioni urbane, spazi e momenti di cultura, aggregazione, e di economia che, invece, sarebbero capaci di funzionare in autonomia dal polo logistico o agroalimentare o siderurgico, se non addirittura di arricchirne il valore, la peculiarità, l’unicità. Molti diranno che ci vogliono troppi soldi o che non ci sono strumenti per realizzare un Parco a tema, unico in Italia, proprio come a Huttington, che potrebbe benissimo essere il modello a cui ispirarci.
Nessuna di queste cose è vera.
Falsa la chiave di lettura che contrappone il “nuovo mondo” Cevital a un passato che non esiste più; perché quel passato esisterà sempre, nel disegno fisico della nostra città, perfino nel nostro modo di vivere e di affrontare quello che ci aspetta. La sfida sta nel renderlo parte del futuro che vogliamo costruire.
Non è neanche vero che non ci sono soldi e strumenti. Il piano paesaggistico della Regione Toscana accoglierà la nostra richiesta di inserimento della valorizzazione dell’archeologia industriale tra i propri obiettivi; la nuova legge regionale 65/2014 sul governo del territorio inserisce tra le azioni strategiche da promuovere e sostenere anche economicamente la cosiddetta “rigenerazione urbana”, vale il recupero di aree degradate, periferiche o contigue anche ai contesti industriali, favorendo il ricongiungimento e la riapertura di spazi e pezzi di città oggi non accessibili, così come introduce un apposito articolo dedicato agli accordi di programma per la ripianificazione della aree industriali dismesse. Altre risorse potrebbero venire dall’attuale accordo di programma, reimpiegando ad esempio una parte dello stanziamento previsto in prima battuta per la realizzazione della tecnologia Corex, alla quale è ormai chiaro Cevital non è minimamente interessato, risorse reimpiegabili solo per progetti di innovazione e ricerca. Cevital stesso, infine, dovrà e potrà fare la sua parte, anche in termini economici, a sostegno di progetti e percorsi che la comunità nel suo insieme vorrà mettere in campo.
Come sempre, in questi casi, si tratta di credere nell’importanza dell’argomento, e di spingere perché sia preso veramente in considerazione. In questo senso credo che il ruolo di chi fa cultura, della stampa, e del mondo degli intellettuali nel suo complesso sia e sarà fondamentale nei prossimi mesi.
Per quanto mi riguarda, sai bene che su molti terreni siamo piuttosto lontani, ma su questo, caro direttore, ci incontreremo senz’altro.
Del resto non poteva che essere così, almeno per me, di fronte a quell’immagine che ti appare ogni giorno quando torni a casa dopo la curva del Gagno. L’altoforno 4, meraviglia della tecnica e dell’ingegneria degli anni ‘70, messo lì al centro della scena, forte, imponente, imprescindibile, come se tutto il resto delle cose che si trovano dopo, lungo la strada, in fondo non fossero altro che una sua conseguenza.
So che non interpreterai le mie parole come una nostalgica rievocazione del passato. Non lo è, infatti. Non è del nostro passato che stiamo parlando, ma del nostro futuro. Sono solo convinta che la possibilità di renderlo migliore passi anche da qui.
Con i miei migliori auguri di buon anno a te e a tutta la redazione, ti ringrazio dello spazio che vorrai concedermi e ti saluto con stima e amicizia.