Canile: il prepotente è chi ha perso non chi ha vinto
Chissà se leggerà questo articolo quella ragazza che, sui social network, si è augurata che mi venisse un tumore, oppure quell’altra ragazza che annunciava, sempre sui social, che una di queste sere avrebbe tirato una martellata in testa a mia moglie o ancora, ma tra ingiurie e minacce abbiamo l’imbarazzo della scelta, quel ragazzo che qualche mese fa proclamava a gran voce che se ci fosse stata l’occasione mi avrebbe investito con la sua macchina.
Se lo leggessero vorrei che sapessero che a loro imputo solamente un elevato grado di maleducazione ma nulla più; sì certo anche questi soggetti parlano di argomenti di cui non conoscono nulla ma questo oramai, il parlare di ciò di cui non si sa assolutamente nulla, sta diventando disciplina olimpica.
Quindi a mio avviso la loro colpa finisce qui, perché forse anche io, in un’occasione analoga, leggendo sugli organi di stampa determinate dichiarazioni del sindaco e dell’assessore alle politiche ambientali della mia città, mi unirei, magari in modo più urbano, alle manifestazioni di odio nei confronti di un cittadino che, “con incomprensibile accanimento” ed “intransigenza”, ha imposto lo spostamento di cinquanta poveri animali entro il termine di otto giorni.
Questo avviene perché chi ricopre una carica pubblica, per definizione, ha un’influenza particolarmente rilevante sull’opinione pubblica e, pertanto, dovrebbe porre maggiore attenzione a ciò che dice, prima di tutto assicurandosi che le proprie affermazioni corrispondano almeno alla realtà e, in seconda battuta, evitando di fomentare, con le proprie dichiarazioni, l’odio della comunità nei confronti di un singolo cittadino, la cui colpa consisterebbe nell’aver fatto ciò che molti vorrebbero ma per molteplici ragioni non fanno, ovvero tutelare i propri diritti nei confronti di chi, in modo arrogante e negligente, amministra il potere locale nella curiosa convinzione di poter decidere impunemente delle sorti dei cittadini, avendo come unico scopo il mantenimento del proprio bacino elettorale.
A volte però questa incomprensibile cortina di onnipotenza cede e, cedendo, mette a nudo tutte le fragilità e tutte le inadeguatezze che improvvisamente appaiono chiare, limpide e non più occultabili.
Venendo al caso concreto, vincere una causa è il fine ultimo della professione di avvocato; se poi l’oggetto della contesa riguarda la salute della propria famiglia, il raggiungimento dell’obbiettivo dovrebbe suscitare sensazioni di gioia e soddisfazione; nella vicenda del ricorso contro il Comune per il problema del canile municipale invece, il sentimento prevalente, per quanto mi riguarda, è di amarezza e dispiacere, sentimenti dovuti principalmente alla definitiva presa di coscienza dei modi mediocri in cui, talvolta, viene amministrata la cosa pubblica.
Non avevo mai ribattuto alle dichiarazioni dell’assessore Chiarei e non avrei voluto farlo nemmeno alla fine del giudizio, ma quando è troppo è troppo! Chi vuole farsi una propria fondata idea su come si è svolta l’intera vicenda può consultare gli atti processuali, in questa sede è opportuno solo chiarire alcuni principali aspetti.
L’amministrazione comunale, consapevole di non poter mantenere un canile in zona residenziale, nel lontano 1995 incarica l’architetto Gabriele Priami di redigere, ovviamente a spese dei cittadini,una relazione tecnica per un nuovo canile in località Asca.
Nel 2007, senza che nel frattempo venisse fatto nulla, il Comune affida, sempre a spese dei cittadini, un nuovo incarico all’architetto Priami per un altro studio di fattibilità ma anche questa volta non viene fatto nulla.
Anzi qualcosa viene fatto: il Comune approva il nuovo strumento urbanistico qualificando la zona dei Macelli come zona a vocazione turistico-residenziale e concedendo a varie imprese le autorizzazioni a costruire immobili, appunto residenziali, incassando legittimamente centinaia di migliaia di euro a titolo di oneri di costruzione e urbanizzazione da chi confidava nell’adempimento degli impegni formalmente assunti dall’amministrazione.
Si dovrebbe considerare che la questione non riveste rilevanza formale o patrimoniale bensì personale, perché vivere ad una trentina di metri dalle gabbie di cinquanta cani, che come tali abbaiano, comporta un grave danno alla salute, e questo si può verificare consultando i numerosi studi scientifici in materia.
Comunque, dopo vari incontri con gli attuali rappresentanti dell’istituzione comunale, tra cui il sindaco Giuliani, che sui giornali dichiara invece di non aver mai ricevuto nemmeno una mail, decidiamo di adire il Tribunale per cercare di risolvere questa grave situazione.
Nel giudizio il Tribunale affida l’incarico all’ ing. Frosini di valutare l’impatto acustico delle emissioni provenienti dal canile ed il tecnico, a maggio 2016, conclude affermando che tali rumori superano enormemente i limiti di legge e provocano un grave danno alla salute dei ricorrenti.
Si badi bene che già in quel momento, con un esame strumentale che ha avuto ingenti costi per la comunità e che poteva invece essere eseguito dal Comune prima della causa proprio per evitarla, era chiaro quale sarebbe stato l’esito del giudizio.
Ed infatti l’amministrazione, dopo alcune settimane tramite il proprio legale, mi invia una proposta di accordo chiedendo la permanenza del canile fino al dicembre 2017; tale proposta viene accettata da me e da mia moglie che, contrariamente a quanto sostenuto dall’assessore e dal sindaco, siamo sempre stati disponibili a risolvere la questione in modo amichevole.
Tuttavia il legale del Comune, dopo aver ricevuto la nostra accettazione, comunica che l’assessore aveva cambiato idea e ritira la proposta che noi avevamo già accettato.
A questo punto non resta che proseguire il giudizio di primo grado, che termina con la condanna del Comune a risolvere, entro novanta giorni, il problema delle immissioni sonore attraverso l’esecuzione di opere di contenimento acustico o attraverso lo spostamento del canile in zona lontana da abitazioni, prevedendo, per ogni giorno di ritardo, la somma di cinquanta euro in favore dei ricorrenti.
Il Comune, dopo essersi sobbarcato una spesa di circa venticinquemila euro di spese tecniche„ sempre sulle spalle dei cittadini, invece di adempiere al dispositivo propone reclamo contro il provvedimento, ancora una volta utilizzando i soldi della comunità.
Alla prima udienza del secondo giudizio io e mia moglie, come prova di quella intransigenza e di quell’accanimento che sbandierano sia il sindaco che l’assessore, rinunciamo davanti al Giudice al pagamento delle cinquanta euro giornaliere fino alla fine del giudizio per cercare di trovare una soluzione concordata; tanto per capire abbiamo rinunciato all’importo di 7.500 euro che invece ci spettava.
Ma ancora una volta, invece di definire la questione come suggerito più volte dal Giudice e come accettato dai ricorrenti, il Comune, sempre attraverso il suo legale, fa sapere che nessun accordo è possibile e che quindi dovrà essere emanata una formale ordinanza, così come poi è stato.
Ora, sulla base di questa corretta ricostruzione dei fatti, potremmo chiederci: perché l’assessore Chiarei si lamenta di non poter tenere i cani fino al dicembre 2017 se tale proposta era già stata accettata oltre un anno fa e poi fu ritirata dal Comune? E perché ha ritenuto, ovviamente con il sostegno della giunta, di utilizzare decine di migliaia di euro della comunità per opporsi ad un esito scontato del giudizio? E perché secondo il Chiarei il provvedimento del Giudice, confermato poi dal Collegio in secondo grado, sarebbe ingiusto?
Tornando al concetto iniziale, chi ricopre una carica pubblica, dovrebbe fare più attenzione ad esprimere avventati giudizi, soprattutto in campi operativi del tutto estranei alla propria competenza come, per esempio, ha fatto il nostro assessore Chiarei affermando che “seguendo questa strana logica, il Comune avrebbe dovuto già trasferire i cani anche in assenza di sentenza. Quindi qualsiasi cittadino può comprendere facilmente che se c’è un dibattimento in corso, un’amministrazione pubblica, o anche un privato cittadino, non può certo attuare misure per le quali non ha nessun obbligo. Ci si difende e si aspetta una sentenza, dopodiché devono essere prescritte misure realmente attuabili”.
Non è necessario sapere che già il provvedimento di primo grado del 2016 era esecutivo e che solo per nostra estrema disponibilità non è stato eseguito per dare più tempo al Comune di attivarsi, dovrebbe però essere obbligatorio, almeno per chi ricopre un ruolo pubblico, evitare di sostenere tesi incomprensibili in relazione ad argomenti di cui si sa poco o nulla.
E dovrebbe essere obbligatorio, anzi doveroso, evitare di utilizzare, nel migliore dei casi ottusamente, denaro pubblico per cercare di rimandare un esito assolutamente scontato, basato su una perizia tecnica incontestabile e cristallizzato in una prima decisione di un Tribunale, ecco, questo, si, dovrebbe essere doveroso.
Viviamo in uno stato di diritto, che per definizione pone al proprio centro, in antitesi ad altre forme di governo come quelle dittatoriali, la tutela dei diritti dei propri cittadini.
Ora, in questa tipologia di sistema, quando c’è un conflitto tra posizioni contrapposte, ed il buon senso, il rispetto del prossimo e la seria attuazione del mandato ricevuto dalla comunità hanno miseramente fallito, è il potere giurisdizionale che viene chiamato a dirimere la questione e, a meno di non cadere nella tentazione di berlusconiana memoria, di contestare la legittimità di una sentenza dello Stato, si deve ritenere che, tra i due contendenti, il prepotente è la parte che ha perso, non quella che ha vinto.
Ribadendo ciò che ho detto che augurare un tumore a delle persone è un atto vile oltre che maleducato e restando dell’opinione che il Comune ha agito da incompetente, mi chiedo due cose. La prima come ha potuto l’incaricato del Comune firmare un documento in cui si prendeva il carico di spostare un canile ad un avvocato sapendo che quest’ultimo sapeva dove mettere le mani per far valere i propri diritti. A quale pro ha firmato questo documento?
La seconda domanda è: se lo aveva firmato a me che con i tribunali non ho pratica avrei vinto? la legge sarà uguale per tutti io credo di no.
Spero di non aver offeso nessuno, non era mia intenzione anche se qualcuno lo meriterebbe ma non si può.
Non giustifico le offese scritte su facebook o altro social, ma, caro il mio avvocato, non capisco il suo comprar casa dove c’era già un canile esistente se sapeva che ci sarebbero stati problemi visto la presenza dei cani. Ora, avrà pure ragione che ha vinto una causa, ma poteva denunciare chi le ha promesso certe cose, sindaco e l’assessore Chiarei, invece che buttare per strada 45 povere creature come le chiama lei.
Sono d’accordo con la signora Azzurrini. Il canile gia esisteva lì da anni prima che ci costruissero abitazioni. A questo punto io non auguro né mando accidenti perche ho rispetto di tutte le creature viventi compresi i cani. Ora secondo lei, che probabilmente non ama gli animali ma sopratttutto li considera animali e basta e come tali da poter essere soppressi, perché la loro vita non è degna di essere rispettata, o mandati randagi chissa dove costretti e a subire senza nessuno che si occupi di loro proteggendoli da gente perversa che li cattura, li sevizia, li impicca, dà loro fuoco, semplicemente per il piacere sadico di vederli soffrire (penso che avrà letto alcuni articoli e casi del genere denunciati!) le sembra giusto che sia finita cosi? E’ come se all’mprovviso si presentassero forze dell’ ordine o altro in un condominio e sfrattassero tutti coloro che da anni ci abitavano, mandandoli alla mercé di ladri ed assassini per strada, per dare le loro case a terroristi e stranieri senza scrupoli, solo perché pagano di più. Lei come si sentirebbe se si trovasse in una circostanza simile?
Ci sono diversi punti della ricostruzione fatta dall’avvocato Napoleoni che ci preme precisare, per il rispetto di una realtà il più possibile oggettiva. In particolare, quando l’avvocato Napoleoni cita il mancato raggiungimento dell’accordo nella prima fase delle trattative intercorse alla fine di luglio del 2016, dimentica di specificare che l’accordo era condizionato da tutta una serie di clausole assolutamente inaccettabili e impraticabili per l’amministrazione comunale. Nell’accordo infatti si poneva come limite ultimo per lo spostamento del canile il 31 dicembre 2017 ma si prevedeva che, in caso di inadempimento entro la data prevista, i signori Napoleoni ‑Salini avrebbero potuto eseguire, a spese del Comune, lo spostamento di tutti i cani presso altre strutture, pubbliche e private, a loro scelta. Una condizione che si poteva prefigurare come una vera e propria deportazione degli animali da parte del privato e che violava l’autonomia amministrativa del Comune.
Sempre in questa fase inoltre, era prevista una penale giornaliera di 500 euro in caso di inadempimento.
A fronte di queste condizioni, l’amministrazione decise di attendere la decisione del giudice e di non accettare l’accordo, considerate soprattutto, all’epoca, le molte incertezze esistenti sulla possibilità di realizzare il nuovo canile entro la data prevista, collegate alla disponibilità effettiva di bilancio.
La seconda proposta, presentata in una seconda fase, faceva slittare la chiusura del canile al 30 maggio 2018, ponendo però un’ulteriore condizione inaccettabile e cioè lo spostamento di 30 cani nel periodo estivo, dal 15 maggio al 15 settembre 2017, creando pertanto una situazione altrettanto irrealizzabile.
Il Comune quindi non si è mai opposto alla costruzione di un nuovo canile, che è sempre stato nei suoi programmi, ma semmai allo spostamento transitorio dei cani.
Quanto all’esercizio del diritto a proporre reclamo davanti al Tribunale contro il primo provvedimento del giudice, l’avvocato Napoleoni volutamente dimentica che l’esercizio di difesa è garantito dalla Costituzione e l’esercizio di un diritto non si può qualificare abuso.
L’affermazione di un cattivo uso delle finanze pubbliche è pertanto strumentale, tesa solo a screditare gli amministratori.
Intanto nel consiglio comunale di giovedì scorso è stato approvato il progetto esecutivo per la realizzazione del nuovo canile, il cui cronoprogramma prevede l’ultimazione dei lavori alla fine di novembre. Già a gennaio avevamo depositato nel dibattimento il cronoprogramma che prevedeva la realizzazione del canile entro il 31 dicembre. Nell’ultima udienza ci siamo presentati con una proposta che prevedeva un’ulteriore riduzione dei tempi, trovando però l’assoluta indisponibilità da parte della controparte. Perché non è stato accettato questo rinnovato impegno?
In merito a quanto emerso invece nella discussione consiliare circa la mancata richiesta di sospensiva da parte del Comune nei confronti del primo provvedimento, è bene precisare che si è trattata di una scelta strategica, sia perché comunque erano in corso le trattative, sia perché la richiesta della sospensiva l’avremmo opportunamente avanzata nel momento in cui la controparte avesse richiesto l’esecuzione del provvedimento. E’ bene che tutti sappiano che un eventuale mancato accoglimento della sospensiva, se presentata prima della richiesta di esecuzione da parte della controparte, avrebbe determinato l’anticipazione dello spostamento dei cani addirittura a gennaio 2017.
Mi associo a Simona e Daniela: il canile c’era prima. Ma tutti lo dobbiamo dire e ridire perché gli azzeccagarbugli di manzoniana memoria sanno perfettamente come porre le questioni. Ma il tempo non perdona e non è malleabile alle volontà del Foro: il canile c’era già e forse quel terreno costava poco proprio per quello.
Avrei apprezzato molto di più se questa denuncia (sul canile posto in luogo inappropriato) l’avesse inoltrata un cittadino che abitava in una zona qualunque della città. Così non piace, abbiate pazienza!