Cava Monte Calvi continua a tempo indeterminato
CAMPIGLIA 30 agosto 2017 — La concessione di estrazione nella cava di Monte Calci è stata rinnovata a tempo indeterminato (oltre la scandenza del 2018) fino ad esaurimento volumi: una scelta miope che non dà futuro a lavoratori, ambiente e turismo. Questa mattina si è riunito il consiglio comunale di Campiglia Marittima: il tema principale del dibattito è stata la delibera portata in approvazione dalla maggioranza con la quale si rinnova a tempo indeterminato la concessione di estrazione nella cava di Monte Calvi, in scadenza nel 2018, fino ad esaurimento dei volumi previsti e si aumenta la superficie di attività estrattiva.
Il nostro voto è stato nettamente contrario. Di seguito le nostre ragioni e le proposte per risolvere una situazione che andava presa in mano almeno 10 anni fa.
Nella relazione di impatto ambientale redatta dal geologo incaricato dal comune per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), si riporta un grafico molto interessante sui possibili effetti negativi e positivi dell’atto: sei voci sono di colore arancione con possibili effettivi negativi significativi sulla lotta ai processi di cambiamento climatico, salvaguardia della natura e della biodiversità, uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti, una è di colore verde con possibile effetto positivo significativo, condizioni socio-economiche e tutela dell’occupazione. Quindi è chiaro che ancora una volta quest’amministrazione sta barattando l’occupazione temporanea per qualche anno, con un certo peggioramento delle condizioni ambientali con ricadute su aria, acqua, suolo, morfologia del territorio, termalismo, incremento dei rifiuti, assetto idrogeologico, preservazione del patrimonio culturale (Parco di San Silvestro).
La superficie di attività estrattiva verrà aumentata di circa 3 ettari che verranno utilizzati per il passaggio dei camion senza incrementare i volumi di escavazione. Osservando le cartine e la VAS possiamo notare che tale zona è interessata da zone di pericolosità da frana elevata PFE, con un possibile rischio per i lavoratori impiegati nel perimetro.
Sempre nella VAS e nelle cartine possiamo notare che la cava è circondata da una zona molto vasta idrotermale e nel rapporto vi è questa dichiarazione: “l’acquifero carbonatico dei Monti di Campiglia M.ma è in uno stato buono, mentre quello del macigno risulta non buono (scarso). È inoltre opportuno evidenziare che l’unità idrogeologica dei Calcari dei Monti di Campiglia (figura 4.11), presenta soprattutto interesse idrotermale in quanto alimenta le sorgenti del Calidario, di Canneto e di Caldana utilizzate dagli stabilimenti turistici/balneoterapici e pertanto assume anche un valore di tipo economico.”
Agire sempre all’ultimo momento, per emergenza, con un tampone che non risolve stabilimente la situazione, è una pratica usata da troppo tempo dalle amministrazioni, le quali fanno sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.
Servirebbe altresì una visione lungimirante di lungo periodo per dare un futuro a tutti i soggetti interessati, non per i prossimi 3–4‑5 anni, ma per decenni.
Noi crediamo che sia possibile coniugare ambiente e occupazione gestendo la transizione e assicurando un futuro sia per i lavoratori che per l’ambiente e il turismo.
Dovremmo impostare una politica virtuosa di riduzione dei volumi di escavazione aumentando al contempo l’attività di riciclo degli inerti: esistono esempi virtuosi sia in Italia che all’estero, ed è certificato che a parità di un volume di escavazione di 100mila metri cubi annui un impianto tradizionale occupa direttamente 9 persone, mentre un impianto di riciclo ne occupa 12, il 30 % in più!
Inoltre crediamo che ci siano le condizioni e gli attori a livello territoriale per creare una vera politica alternativa all’escavazione: Comune, Rimateria e PMI che si occupano di riciclo/riuso di inerti dovrebbero unire le forze e gestire questa fase di transizione, non esaurendo i volumi e creando occupazione ambientalmente sostenibile nel tempo.
Non crediamo al rimpallo delle responsabilità tra Comune e Regione, ma chiediamo che quest’amministrazione richieda il giusto canone di concessione alle attività estrattive, oggi fermo ad un decreto regio del 1927, e con le risorse poter investire nella transizione. I nostri canoni sono 6 volte inferiori all’Inghiliterra e 11 volte rispetto alla Danimarca, 0,46 euro al metro cubo in Italia, contro 5 euro al metro cubo in Danimarca, paesi che hanno portato la percentuale di materiale riciclato utilizzato al 90% mentre noi siamo fermi al 9%. Pensate che nel porto di Piombino non è stato utilizzato un grammo di materiale riciclato, non rispettando le raccomandazioni sulle opere pubbliche.
Esistono centinaia di esempi anche in Italia, come Recycle, “il progetto del paesaggio delle cave tra riduzione del rifiuto e riuso dello scarto” del Politecnico di Bari, in cui il passaggio da fase di transizione a stabilizzazione con tecniche abientalmente compatibili è illustrata per filo e per segno.
Questa è la testimonianza che basterebbe la volontà e la lungimiranza di agire per tempo con un visione di lungo periodo per risolvere le situazione e in maniera resiliente trasformare la crisi in opportunità.
Daniele Fioretti, Cristina Chesi M5S Campiglia