Cave di Campiglia SpA difendendosi fa autogol
CAMPIGLIA 29 ottobre 2017 — In QUI NEWS VAL DI CORNIA del 27 ottobre 2017 leggiamo che il sig. Mauro Radaelli, amministratore delegato di Cave di Campiglia SpA, ha dichiarato: “Leggiamo il resoconto del Comitato per Campiglia troviamo l’ultima di una lunga serie di errori e falsità: non è solo ignoranza ma c’è una parte consistente di malafede, che non fa del bene a nessuno, soprattutto alla verità”.
In pratica quindi il sig. Radaelli, in veste di amministratore delegato di Cave di Campiglia SpA e quindi di portavoce dei proprietari BERFIN srl e UNICALCE SpA, accusa il Comitato non solo di non conoscere i fatti e di fare errori, ma anche di dare notizie false e in malafede. Il Sig. Radaelli evidentemente abituato a far saltare mine in cava non va per il sottile e non ha coscienza della gravità di quello che dice. Le sue accuse infatti, se non ne dimostra la fondatezza, sono al limite del codice penale.
In realtà, almeno stando all’articolo, il signor Radaelli non solo non dimostra le sue calunniose affermazioni, ma anzi dà ragione a quello che il Comitato sostiene nei suoi scritti e che forse il sig. Radaelli non ha avuto tempo di leggere o non ha capito.
Il fatto che sia solo e sempre solo Cave di Campiglia a lamentare la crisi e tratti in merito con il sindaco, senza che mai si sia vista alcuna richiesta da parte della SALES (che pare abbia ben sette anni davanti a sé per finire di scavare), e il fatto che anche l’articolo sia ispirato alle parole del solo rappresentante di Cave di Campiglia, dimostra quanto sostenevamo, cioè che l’avere modificato una Norma del Piano Strutturale per tutto il settore estrattivo di inerti è ingiustificato in quanto non atto eccezionale e circoscritto ma strutturale, che rimette in discussione tutto il futuro quadro del sistema paesaggistico del Comune.
Quanto alla impossibilità di convivenza tra cave e Parco di San Silvestro, il Comitato ritiene che le parole del prof. Francovich siano fondate su una imparzialità e conoscenza che manca a quelle del sig. Radaelli che cerca comprensibilmente di tutelare l’interesse dei padroni al di là di ogni ragionamento scientifico ed economico. Infatti il sostenere che i visitatori al Parco ci sono e crescono (nonostante anche i gravi incidenti) non dimostra la compatibilità con le cave, ma semplicemente che, malgrado le cave, il Parco ha grandissime potenzialità. Solo con la chiusura o il ridimensionamento della Cava di Monte Calvi, queste potenzialità potranno svilupparsi in pieno, permettendo di ampliare il Parco e di farlo diventare uno dei più importanti parchi archeo-mineralogici d’Europa in grado di portare vantaggi economici per il territorio e per l’occupazione, molto più di quanto non faccia la Cava di Monte Calvi.
Quanto al valutare il rapporto tra materiale estratto e calcare pregiato, il Sig. Radaelli dimentica di dire che in realtà nelle fasi passate di scavo, il rapporto tra microcristallino e altri materiali non pregiati è sempre stato di due a uno: per ottenere un metro cubo di microcristallino occorreva scavare due metri cubi. Solo ora, modificando il Piano di coltivazione con estrazione in profondità si potrà raggiungere la percentuale citata del 70% di microcristallino.
Va ricordato poi che la percentuale di materiale che fino a qualche anno fa veniva utilizzato per le acciaierie era solo il 25% del tutto e che il resto veniva scavato e venduto invece di restare sul posto come avveniva fino a che la cava serviva solo per le acciaierie. Solo successivamente con passaggi complessi, vorticosi e poco comprensibili, con passaggi da proprietà pubblico-privata a solo privata, Monte Calvi è diventata una cava di prestito che poco aveva a che fare con le acciaierie. Certo è che con questo cambiamento di carte, funzioni e destinazioni, Cave di Campiglia si è garantita tre cose:
- un sacco di soldi per i proprietari,
- il prolungamento del posto di lavoro per 39 dipendenti,
- una massiccia distruzione del patrimonio paesaggistico di un’area oltretutto circondata da un Sito di Interesse Comunitario e incistata nel parco di San Silvestro.
Del guadagno delle società proprietarie ci interessa poco, anche perché non sappiamo neppure se e quanto dei guadagni milionari sicuramente fatti in tutti questi anni è stato reinvestito sul nostro territorio.
Ci interessa invece molto il fatto che il Paesaggio di questo territorio sia stato distrutto e continui a essere distrutto danneggiando altre attività, per l’interesse dei privati e l’incapacità dell’amministrazione di gestire una crisi in atto da anni.
L’unica cosa positiva può essere il continuare a dare lavoro a 39 persone ma ci sentiremmo più rassicurati se ci fosse un accordo che impedisse categoricamente che i lavoratori siano licenziati anche persistendo la crisi del settore e se, in previsione della chiusura o ridimensionamento dell’attività estrattiva, i privati e il pubblico si attivassero per ricollocare le maestranze in esubero.
Solo con queste garanzie una prosecuzione delle attività estrattiva oltre i tempi di legge sarebbe accettabile ma solo per Monte Calvi e solo per tempi ben definiti, contenuti e non necessariamente legati ad estrarre tutto il materiale concesso visto che quello che è vendibile è solo il microcristallino.
Per il resto le parole dell’amministratore delegato di Cave di Campiglia SpA sono solo chiacchiere che dimostrano ignoranza dei problemi complessi di un territorio e delle potenzialità di sviluppo che le cava soffocano. Quel che resta è una comprensibile, ma inevitabilmente non imparziale, difesa degli interessi dei suoi datori di lavoro.
Comitato per Campiglia, arch. Alberto Primi