C’è discordia sulla Concordia a Piombino
L’annuncio a margine della presentazione del rapporto Ocse sulle performance ambientali dell’Italia. Il ministro dell’ambiente Corrado Clini afferma di fronte ai cronisti: “Siamo predisponendo un provvedimento che consentirà di rimuovere la Costa Concordia dall’isola del Giglio e di portarla nel porto più vicino, cioè nel porto di Piombino”. Qualche ora dopo nel sito della Presidenza del Consiglio si puntualizza anche meglio: “Su proposta del Ministro Clini, il Consiglio dei Ministri ha autorizzato il Dipartimento della Protezione civile, in stretto raccordo con il Ministero dell’ambiente e il Ministero dei trasporti, ad adottare i provvedimenti necessari a consentire il trasporto della nave Concordia presso il porto di Piombino per lo smantellamento, utilizzando le risorse già stanziate ed effettivamente disponibili, in raccordo con il Ministero dell’economia”. Trionfante il governatore della Toscana, Enrico Rossi commenta attraverso l’agenzia di informazione della giunta regionale: “Una notizia positiva e attesa. La decisione presa dal Consiglio dei ministri risponde al nostro progetto, per il quale ci siamo battuti fin dall’inizio di questa vicenda con insistenza. Dunque avevamo ragione, l’avevamo detto per primi e alla fine ci siamo riusciti. E oggi siamo soddisfatti. La nostra proposta era motivata da ragioni sia ambientali che economiche. Ambientali, perché il porto di Piombino è il più vicino al Giglio e quindi riduce i rischi durante la navigazione di trasferimento del relitto. Economiche, perché gli interventi che dovremo realizzare al porto di Piombino aggiungono a quella realtà industriale un importante vantaggio competitivo, oggi ancora più necessario a fronte della crisi della siderurgia. D’accordo con il sindaco della città Gianni Anselmi già nella prossima settimana ci incontreremo per definire meglio tutte le iniziative necessarie per consentire nei tempi previsti la realizzazione del progetto”.
In tanto dibattito si osserva il silenzio non privo di significato della Concordia e delle assicurazioni a cui dovranno far carico le spese di smantellamento che non sono proprio le stesse se si sceglie un sito piuttosto che un altro. L’armatore aveva preannunciato una decisione entro febbraio sulla scelta del porto per ricoverare il relitto. Febbraio se ne andato, un’altra settimana è passata e nulla si è mosso. Di fronte alle forti pressioni per portare la nave a Piombino il silenzio della controparte non può essere letto positivamente in Val di Cornia.
L’esultanza di Rossi non cancella poi le molte preoccupazioni e le molte difficoltà per realizzare in tempi brevi un progetto pieno di incognite. Sia chiaro nessuno è insensibile ai 300 posti di lavoro per qualche anno che la Concordia regalerà a chi avrà il compito di demolirla. Ma tra una legittima aspirazione ed una concreta possibilità c’è di mezzo un oceano tutto da solcare peraltro tra infinite tempeste. Un comprensorio in crisi che cerca posti di lavoro per rilanciarsi non è certo un comprensorio che può vivere di speranze o di promesse. Osiamo dirlo sottovoce mentre altri lo stanno peraltro urlando. Non una forza impegnata in una sterile opposizione, pronta a contrapporsi a tutto, ma tre autorevoli esponenti dello stesso partito di Rossi e di Anselmi, cioè i parlamentari Michele Anzaldi, Federico Gelli ed Andrea Marcucci, questa nota hanno dettato all’Ansa alle 16,43 di oggi, 8 marzo, poco dopo le dichiarazioni di Clini e il comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri: “La scelta di indicare il porto di Piombino come destinazione per lo smaltimento della Costa Concordia non rientra nell’ordinaria amministrazione, ma si tratta di una scelta politica ben precisa. Il Quirinale valuti se il governo dimissionario è nella posizione di poterla prendere. Per poter portare il relitto della Concordia a Piombino occorrono ingenti lavori di adeguamento del porto, che potrebbero durare circa un anno, secondo quanto riportato dalla stampa. Ciò significherebbe che la nave rimarrà almeno fino al prossimo inverno sul mare del Giglio. L’adeguamento di Piombino comporta, inoltre, altissimi costi, si parla di circa 150 milioni di euro. Altro elemento da considerare è il rischio ambientale: scavare per 15 metri in un porto industriale come quello di Piombino significa incontrare chissà quali tipi di rifiuti. Di fronte a rischi di questo tipo è lecito domandarsi se un esecutivo dimissionario da alcuni mesi possa prendere simili decisioni. La scelta del porto per la destinazione del relitto è rimasta bloccata per un anno e l’accelerazione avviene a pochi giorni dal possibile insediamento di un nuovo governo. La Presidenza della Repubblica valuti la congruità di questa procedura amministrativa”.