C’era un confine provinciale ma non importava

· Inserito in Sotto la lente

Era il mar­zo 1973. La Regione, nata meno di tre anni pri­ma, sot­to­pone­va alla pub­bli­ca dis­cus­sione un doc­u­men­to inti­to­la­to Linee del pro­gram­ma regionale di svilup­po. Com­par­i­va per la pri­ma vol­ta la Zona Q  (com­pren­de­va sia la val di Cor­nia sia le Colline Met­al­lif­ere) di cui negli anni seguen­ti molto si sarebbe par­la­to e su cui molto si sarebbe lavo­ra­to. Di cosa si trat­ta­va? Era una pro­pos­ta di sud­di­vi­sione del­la Toscana in zone eco­nomiche di pro­gram­ma, una pro­pos­ta, si sot­to­lin­ea­va, sul­la quale fon­dare il com­pren­so­rio, inte­so dal­lo Statu­to del­la stes­sa Regione come momen­to di con­trol­lo delle scelte pro­gram­matiche region­ali e di ges­tione e speci­fi­cazione delle rel­a­tive politiche di inter­ven­to. In realtà la larga dis­cus­sione che si svolse in tut­ta la Toscana accen­tuò le carat­ter­is­tiche di stru­men­to di pro­gram­mazione tan­t’è che Rodol­fo Gio­van­nel­li, già sin­da­co di Piom­bi­no ed allo­ra con­sigliere regionale, nel­la sua qual­ità di rela­tore del­la mozione di mag­gio­ran­za nel feb­braio 1974 affer­ma­va esplici­ta­mente che ave­va trova­to “…ulte­ri­ore con­fer­ma la lin­ea che affi­da al com­pren­so­rio fun­zioni essen­zial­mente di pro­gram­mazione.…”.
Così fu vis­su­to in val di Cor­nia, né come nuo­vo ente né tan­to meno come nuo­va provin­cia, e questo non impedì anzi raf­forzò le scelte che i Comu­ni fecero tra sé e anche con i Comu­ni delle Colline met­al­lif­ere, sem­pre tenen­do pre­sente, almeno per diver­si anni, quel­lo sfon­do ter­ri­to­ri­ale, la zona Q anche se tal­vol­ta cam­biò nome e si chi­amò zona 16.
I Piani Rego­la­tori Coor­di­nati dei Comu­ni del­la val di Cor­nia, adot­tati tra il 1979 e il 1980, sono sta­ti fon­dati su stu­di ed ipote­si, dis­cus­si in una Con­feren­za Eco­nom­i­ca Com­pren­so­ri­ale del­la Zona Q, che riguar­da­vano attiv­ità pro­dut­tive e servizi, infra­strut­ture e parchi.
I Pro­gram­mi Pluri­en­nali di Attuazione, introdot­ti dal­la nuo­va legge urban­is­ti­ca nazionale 10 del 1977, furono elab­o­rati ed approvati uni­tari­a­mente dai dod­i­ci Comu­ni.
Il meto­do di lavoro fu sem­pre lo stes­so: un coor­di­na­men­to isti­tuzionale con sin­daci ed asses­sori e tal­vol­ta anche con con­siglieri comu­nali di mino­ran­za, un coor­di­na­men­to tec­ni­co con i tec­ni­ci interni o con quel­li incar­i­cati, tan­ti dibat­ti­ti pub­bli­ci.
Era­no i prob­le­mi nel­la loro realtà e le idee per la loro soluzione l’ogget­to delle dis­cus­sioni a pre­scindere dai con­fi­ni ter­ri­to­ri­ali, anche da quel­li provin­ciali.

 

Una risposta a “C’era un confine provinciale ma non importava”

  1. Fabio Baldassarri says:

    Niente da eccepire. Le cose stan­no pro­prio così. E per­sonal­mente riten­go che le cose abbiano fun­zion­a­to al meglio finchè non han­no com­in­ci­a­to a cir­co­lare ipote­si velleitarie di mod­i­fi­ca dei liv­el­li isti­tuzion­ali (comune uni­co, cam­bi di provin­cia etc.). Anzi, agi­tan­do bandier­ine di questo tipo si è per­so molto tem­po: anni di ritar­do per la cos­ti­tuzione pri­ma del Cir­con­dario e, adesso, per l’U­nione dei Comu­ni. Non a caso il coor­di­na­men­to tra i comu­ni del­la Val di Cor­nia sta diven­tan­do un fan­tas­ma. Al Piano Strut­turale approva­to nel 2007, ha fat­to segui­to un’in­sp­ie­ga­bile e dan­nosa dis­cra­sia (anche dal pun­to di vista crono­logi­co) fra i rego­la­men­ti urban­is­ti­ci adot­tati o in via di adozione. E non dimen­tichi­amo­ci che è pro­prio il “rego­la­men­to” l’at­to di gov­er­no attra­ver­so cui, oggi, si dis­ci­plina l’at­tiv­ità urban­is­ti­ca ed edilizia del ter­ri­to­rio del Comune e si ren­dono oper­a­tive le linee di ind­i­riz­zo e le scelte pre­viste dal Piano Strut­turale. Io, però, cre­do che siamo anco­ra in tem­po: parafrasan­do un cele­bre film di Troisi, cre­do che si deb­ba avere almeno l’u­miltà di “ricom­in­cia­re da tre”.

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