E’ proprio certo che vogliono mandar via Rebrab?
PIOMBINO 7 gennaio 2018 — Ma siamo proprio certi che vogliono veramente mandar via Issad Rebrab da Piombino? O invece Rebrab è un comodo ombrello sotto cui ripararsi da responsabilità altrimenti evidenti?
Le domande non sembrino paradossali. Tali non sembreranno solo riflettendo sulla situazione, questa sì paradossale, che si sta vivendo in questa disgraziata parte dell’Italia.
Il ministro Carlo Calenda ha annunciato qualche tempo fa di voler attivare la procedura di risoluzione del contratto di vendita della ex Lucchini ed a questo scopo di aver attivato il commissario straordinario Piero Nardi. Motivazione molto semplice: il non aver rispettato tempi ed impegni sanciti in diversi atti che vanno dal contratto stesso, all’accordo di programma collegato, ad un addendum cresciuto come un fungo su quel contratto.
La claque ha applaudito.
Sennonché.
Sennonché la prima smagliatura è venuta dal viceministro Teresa Bellanova che ha fatto capire che se Rebrab avesse portato degli investitori la cosa poteva essere rivista. Naturalmente Rebrab ha portato degli investitori, questa volta cinesi, che addirittura, così ha tradotto dal cinese l’algerino Said Benikene amministratore delegato di Cevital/Aferpi, vorrebbero riattivare l’altoforno spento dall’aprile 2014. E così il tempo passa in attesa delle valutazioni cinesi, d’altra parte la Cina non è vicina, contrariamente a quello che pensava Marco Bellocchio nei lontani anni 60.
Nell’attesa il Comune di Piombino ha portato a termine la variante Aferpi basata, lo dice lo stesso nome, su un piano Aferpi in cui nessuno crede più e che fu già deriso, anzi fu deriso chi ci credette, dallo stesso amministratore delegato di Aferpi che ora in Aferpi non c’è più. Poco importa che anche il progetto dell’agroindustriale non goda ottima salute, dato che nemmeno il presidente della Regione Toscana voglia sentir più parlare, si va avanti. Non si sa mai. E se quel piano resuscitasse? Meglio pararsi le spalle da eventuali critiche. Poco importa se non sarà attuato, tanto gli strumenti urbanistici possono essere sempre corretti. La storia degli ultimi quindici anni della pianificazione urbanistica piombinese, fatta di previsioni che si scrivono, di previsioni che si cancellano e di previsioni tutte inattuate, sta lì a dimostrarlo.
Ma, c’è un ma. E se i cinesi volessero davvero riaccendere l’altoforno? Il piano Aferpi non lo prevede ed il Comune orgogliosamente valorizza le scelta ecologica di prevedere lo sviluppo della siderirgia ex forno/forni elettrici lontano, là in Colmata. Ma nulla è perduto, dice l’assessore all’urbanistica dei Piombino Carla Maestrini, lo potrà fare. Basta riaccenderlo, nessuno glielo può impedire. Poco importa se per riaccendere quell’altoforno non basta pigiare un interruttore, poco importa se per riaccenderlo occorre praticamente ricostruire tutta l’area a caldo dello stabilimento siderurgico, acciaieria compresa, poco importa se c’è sempre vigente una autorizzazione integrata ambientale con le sue prescrizioni, cosa vuoi che sia. Non dipende mica da noi, in fin dei conti lo vuole Rebrab, non siamo mica tenuti a dire cosa ne pensiamo noi, sembrano dire gli amministratori di Piombino.
Cosa vuoi che sia, meglio essere disponibili a tutto ed al contrario di tutto, poi il futuro, che come si sa è scritto nel grembo di Giove, scioglierà i problemi. Cosa vuoi che sia.
In questa corsa a chi si assume meno responsabilità il ministero dell’ambiente ed in particolare il solerte sottosegretario Silvia Velo non è da meno. Rebrab è riuscito a non far figurare come necessarie di bonifica il 50% delle aree in possesso ed in concessione dato che lui ci vuole fare la siderurgia e così come sono vanno bene. Per quel poco di messa in sicurezza che è necessaria basta un po’ di cementificazione che con una decina di milioni o poco più Rebrab ha detto di voler fare ed il ministero è disponibile ad approvargli. Dunque va tutto bene. I soldi pubblici per la bonifica della falda, che stante le cose così sarà ben difficile bonificare in permanenza, Invitalia li spenderà, nei suoi tempi ma li spenderà, e allora dove sono i problemi?
È vero, su una quantità sterminata di aree portuali Rebrab mantiene la sua opzione (oggi la chiamano così) che di proroga in proroga viene rinnovata, ma d’altra parte sono così tante le aree e tanti i lavori ancora da fare senza avere i finanziamenti relativi che, tutto sommato, non cambia niente se quella opzione viene mantenuta.
Certo che se Rebrab non ci fosse più i problemi sarebbero seri perché bisognerebbe pensare a previsioni urbanistiche diverse ed il Comune dovrebbe dire che cosa prevede davvero in quelle aree, dovrebbe pensare ad un nuovo accordo di programma e dire su quali priorità davvero puntare, dovrebbe passare dall’ auspicio di un messia salvatore comunque pronto a intervenire, anche se siccome in quindici anni tutti i messia si sono rivelati poco credibili è difficile continuare a cantare la stessa nota stonata, ad un esame attento delle necessità e delle compatibilità territoriali, economiche, ambientali e sociali drammaticamente peggiorate nel corso del tempo.
Mica roba semplice. E poi c’è pure il rischio di essere giudicati e su questo “cosa vuoi che sia” non si può dire.
Beh, in fin dei conti, pensandoci bene meglio dire che vogliamo mandare via Rebrab ed attribuire le responsabilità a lui. Se poi non se ne va, cosa vuoi che sia.