Cevital ha deciso di cedere le acciaierie di Piombino
PIOMBINO 30 novembre 2017 – Nuovo capitolo della telenovela dell’acciaio. Il gruppo algerino ha deciso di cedere lo stabilimento di Piombino. Lo ha annunciato in un comunicato l’amministratore delegato di Cevital, Said Benikene, che ha motivato la decisione con l’impossibilità di procedere nei propri piani senza il supporto del governo. Implicito ma tuttavia evidente il riferimento all’ultimo intervento del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda all’assemblea della Cgil sull’acciaio. In quella occasione l’esponente del governo era stato molto duro con il gruppo di Rebrab.
Cevital ha anche smentito l’indicazione del ministro sul prezzo di vendita che sarebbe stato fissato dagli algerini.
“Nonostante continuiamo a credere nel nostro progetto e nei nostri nuovi partner – ha scritto Benikene — siamo consapevoli di non poter procedere senza il supporto del governo, che chiaramente non abbiamo. Per questa ragione abbiamo perso in considerazione l’ipotesi di cedere le acciaierie di Piombino. Abbiamo indicato una cifra corrispondente a quanto attestato da una perizia effettuata da una primaria società lo scorso anno, quando il mercato dell’acciaio era in una fase di congiuntura ancora negativa e si tratta di una cifra ben al di sotto del “doppio del capitale da noi investito”, come fatto circolare in queste ore”.
Da notare che l’amministratore delegato di Cevital parla di acciaierie e non di altro presente nel piano, polo agroalimentare e logistica, ovvero roba direttamente collegata al porto verso cui l’interesse degli algerini potrebbe non essere venuto meno nonostante l’assenza del “supporto” governativo.
Il comunicato di Cevital si conclude con un periodo che, ad occhio, appare tutt’altro che privo di interesse, lasciando spazio a molte interpretazioni e comunque essendo destinato a più compiute valutazioni in un prossimo futuro. Così infatti termina la nota di Benikene: “Ci chiediamo come mai ci sia suggerito di svendere gli impianti di Piombino a beneficio di un altro acquirente, piuttosto che, per esempio, chiederci di reinvestire in Italia, in accordo con il ministero, una parte del totale eventualmente ricavato dalla vendita”.