Cevital, quali sono i veri progetti degli algerini?
PIOMBINO 22 febbraio 2015 — Si va per sentito dire perché i documenti, ovvero nero su bianco, per ora non è stato possibile né vederli né sentirli raccontare da fonti ufficiali. L’arrivo di Cevital a Piombino è stato più santificato che benedetto. Il gruppo algerino ha sbaragliato la concorrenza indiana ed è arrivato al galoppo e tra gli applausi nelle aree della vecchia fabbrica. Indubbiamente allettanti le promesse iniziali: due forni elettrici, i vari revamping, l’assorbimento completo di tutta la manodopera in uscita da Lucchini, la diversificazione rispetto alla tradizionale monocultura siderurgica con il progetto di un polo agroalimentare. E addirittura, col passare del tempo, si sono aggiunte tutte le situazioni critiche della città, affidate ai nuovi arrivati perché le potessero avviare a soluzioni certe e rapide. Così nel piatto, a sanare un appetito piombinese assai vorace, sono comparsi progetti per rilanciare l’Hotel centrale, per valorizzare una discreta area del porto, per risanare il consistente e crescente debito di bilancio dell’Asiu, per realizzare una nuova vetreria, per attivare un import di elettrodomestici e di automobili sulle banchine dello scalo marittimo. Non si è mai saputo quanto di tutto questo fervore sia stato partorito dalla fantasia di chi a Piombino ha ripreso a credere in Babbo Natale oppure sia nato da un reale interesse del management di Cevital. Di sicuro e di concreto abbiamo potuto assistere solo alla produzione quotidiana di un’infinità di notizie e di dichiarazioni apparse sulla stampa locale.
D’altra parte, sul piatto della bilancia come pezze di appoggio, dopo l’enorme, quasi generale e molto istituzionale scottatura di mister Kaled, si è potuto contare soltanto la conclamata e senz’altro reale consistenza del gruppo di mister Rebrab, attivo positivamente in altre parti dell’Europa e del mondo.
Non altro per ora se non le parole e il mistero di una sorta di compromesso che sarebbe stato firmato nella sede della presidenza del consiglio, all’inizio di dicembre e che nessuno finora è stato in grado di mostrare. Eppure nel giorno in cui fu siglato il documento a Roma c’era anche il sindaco di Piombino Massimo Giuliani, che al di là del maglioncino inadatto alla circostanza secondo Matteo Renzi, possedeva — adattissimi invece alla bisogna – due occhi per vedere. Sono passati ormai quasi tre mesi da questo “storico avvenimento” e, sia pur tardivamente, non sarebbe male che qualcuno, segnatamente proprio il sindaco, rendesse noto quel compromesso di vendita e ci rendesse edotti, in nome della trasparenza, dell’ammontare, per esempio, della caparra che Cevital in quella occasione si presume abbia dovuto versare.
Tutto ciò diventa importantissimo oggi, quando centinaia di famiglie, che hanno finora campato con gli stipendi della fabbrica, vedono slittare di continuo appuntamenti importanti. L’ultimo esempio è il rinvio a maggio della firma del contratto per il definitivo passaggio a Cevital degli impianti ex Lucchini. Ed è addirittura prevedibile che non prima di allora possa essere presentato il tanto atteso piano industriale del nuovo proprietario, un documento essenziale in grado di far piazza pulita di voci e previsioni e di chiarire finalmente fin dove Cevital intende spingersi e cosa dagli algerini è logico attendersi.
Tempi quindi non brevi mentre si avvicinano le scadenze per quegli ammortizzatore sociali grazie ai quali tante famiglie piombinesi sono riuscite ad alleviare i disagi di una crisi mai così intensa.
E tempi lunghi anche in relazione a quanto era stato indicato al momento dell’arrivo degli algerini la cui iniziativa doveva portare alla realizzazione del forno elettrico in appena diciotto mesi e tempi lunghi anche per le bonifiche (i primi (?) cinquanta milioni tanto sbandierati non potranno trovare impiego prima della definizione degli assetti proprietari delle aeree in cui sorge lo stabilimento).
L’impasse nel frattempo è stata riempita con progetti, impensabili solo poche settimane fa, tanto che non si riesce a comprendere quanto essi siano ufficiali, quanto siano invece solo verifiche del management di Cevital, quanto debbano essere considerati ormai superati da valutazioni ad hoc o quanto addirittura sino campati in aria.
Il riferimento è soprattutto alla possibilità di rimettere in funzione il vecchio altoforno, fermato quasi un anno fa. Sulla questione il dibattito è acceso e le posizioni dividono perfino compagni di fede e di militanza. Mirko Lami della Fiom ha considerato la riattivazione “una genialata”, Stelio Montomoli, già segretario federale del Pd e già al vertice della stessa Fiom, ha parlato invece di una “supercazzola”.
Lami ha pensato che la ripresa dell’altoforno sia uno strumento efficace per ricollocare al lavoro gran parte degli operai destinati altrimenti ad una grande attesa. Una sorta quindi di ipotesi-tampone, provvisoria e limitata nel tempo e tale da non pregiudicare i futuri progetti indicati da Cevital (due forni elettrici ecc. ecc.). Secondo quanto ha scritto Maila Papi sulla Nazione, indicando una buona fonte, la nuova accensione dell’altoforno, costerebbe 20–30 milioni di euro e necessiterebbe di almeno otto mesi di lavori di adeguamento se non addirittura di ricostruzione della struttura.
È pensabile che un imprenditore possa intraprendere un’impresa con questi costi peraltro finalizzata a tamponare un’emergenza e quindi senza una prospettiva di impiego a medio e lungo termine? Semmai un riavvio sia possibile dopo una tale lunga sosta dell’Afo e semmai Cevital intenda davvero perseguire questa strada, le deduzioni inevitabilmente finirebbero per convergere verso una ridefinizione dei piani annunciati da mister Rebrab al suo arrivo a Piombino.
È il timore per quella che Montomoli ha definito “supercazzola”, ovvero un ritorno all’antico e cioè a una produzione inquinante e che ha portato finora – cosa tutt’altro che trascurabile – a ricorrenti crisi fino al collasso economico di oggi.
In questa situazione è evidente che occorrono pronunciamenti e documenti ufficiali che l’opinione pubblica ha il diritto di conoscere. Come è evidente che le istituzioni (in primo luogo il Comune e i Comuni) in una tale incertezza devono offrire puntuali, precise e rapide indicazioni ufficiali non fosse per la banale considerazione che in ballo è il futuro di un comprensorio forse per anni. Non è giusto che si debba continuare a vivere nel mezzo ad un balletto nel quale, dalla lettura quotidiana dei media, non si riesce a capire cosa sia vero, cosa forse lo sia o forse no e cosa invece rimanga il frutto di una personale meditazione di questo o quel personaggio in una notte insonne.
Nei momenti di crisi le certezze diventano un’urgenza per la gente. Si pensi solo cosa accadrebbe, se dopo aver addirittura ringraziato mister Rebrab, dovessimo assistere ad un ridimensionamento molto consistente dell’impegno algerino sul nostro territorio. Un comprensorio – va riconosciuto — indubbiamente molto difficile e problematico per qualsiasi imprenditore che, pur alimentato da buone intenzioni, non può comunque non pensare anche al profitto.
Articolo che condivido in pieno, grazie Fiorenzo Bucci.
Grazie sig. Bucci per aver scritto questo articolo che spero legga la maggioranza dei piombinesi e non solo. Ha centrato il problema e ne ha fatto un’analisi lucida, seria, onesta e soprattutto realistica.Tutto ciò che è stato detto sulla stampa e sul web fino ad ora è aria. Mia nonna diceva: carta canta! e su quella carta ancora non c’è scritto niente!
Il 6 marzo alle 21 appuntamento nella sala del Perticale a Piombino per discutere in merito alla vicenda delle acciaierie piombinesi e dell’indotto: a che punto siamo? Le Associazioni promotrici intendono rivolgere proprio questa domanda al Sindaco e ai capigruppo del consiglio comunale di Piombino, come pure alle organizzazioni sindacali metalmeccaniche e dei servizi Fim, Fiom, Uilm, Slai-Cobas, Filcams, Fisascat, Ugl, Uiltucs; alle associazioni delle imprese artigiane e commerciali, nonché al Collettivo studentesco Tre passi avanti. A tutti questi soggetti è stata consegnata una richiesta di partecipazione all’iniziativa del 6, e sono già arrivate le prime risposte positive, fra cui quella del Sindaco Massimo Giuliani. L’obbiettivo è quello di proporre a lavoratori e cittadini un’occasione per discutere con i rappresentanti istituzionali e sociali di occupazione, ambiente, salute e sicurezza. Introdurrà Adriano Bruschi a nome dei promotori; Cristiano Lozito, giornalista de Il Tirreno, con le sue domande stimolerà il dibattito, che si preannuncia vivace.
Hanno finora confermato la partecipazione i capigruppo del PRC Callaioli, Pasquinelli (M5S), Gelichi (Ascolta Piombino), Riccucci (Un’Altra Piombino), Camberini (PD). Ha preannunciato la propria presenza il Sindaco di Suvereto, Giuliano Parodi.
Associazione Restiamo umani
Associazione R. Toffolutti contro le morti sul lavoro
Lavoro salute dignità
Legambiente