Società della Salute addio
E’ arrivata da pochi giorni la notizia che le Società della Salute (Sds) istituite solo 7 anni fa e allora definite come “una delle più importanti e sostanziali innovazioni politico istituzionali di integrazione socio-sanitaria …. una forma evoluta del distretto socio-sanitario, nella quale le attività sociali, le attività sanitarie e le attività sociosanitarie si fondono, perseguendo una integrazione non solo a livello politico-istituzionale, ma anche direzionale e professionale”, chiuderanno i battenti.
La prima versione di questo articolo, già evidenziava i limiti di questi organismi individuandoli nella loro inefficacia, dovuta in primo luogo al fatto che la Regione non ha mai concluso il percorso di delega della gestione dei servizi sociali, e nel loro costo aggiuntivo per i cittadini, simboleggiato dallo stipendio del direttore generale che, ad esempio, nel caso della Val di Cornia è arrivato a 147.770,00 euro lordi all’anno. Molte forze politiche di opposizione in questi anni hanno più volte chiesto spiegazioni e chiarimenti ai sindaci e ai consigli comunali sul ruolo di queste Società, denunciandone la loro inefficienza e il loro costo eccessivo per la collettività, ma le risposte, quando ci sono state, hanno sempre teso a difendere il percorso voluto dalla Regione Toscana. La Corte dei Conti stessa si era pronunciata sulle Sds, suggerendo di ripensarle.
Il ripensamento regionale è avvenuto qualche giorno fa, quando l’assessore al bilancio della Regione Toscana, Riccardo Nencini, in occasione dell’illustrazione in aula delle linee per la prossima finanziaria regionale, ha chiaramente parlato di “riordino sanitario, necessario per sopperire alla miniore capacità di spesa della Toscana stimata in circa un miliardo di euro.” Nell’occhio del ciclone sono finite proprio le SdS, contestate sia sul piano dei costi che sul piano del loro funzionamento. Lo stipendio dei 25 direttori generali delle Società della salute toscane, infatti, assorbe più di due milioni e mezzo di euro l’anno. Riguardo ai servizi che offrono, dal Consiglio regionale dicono: «Ognuna fa per conto suo, con scelte in libertà capaci di sfiorare l’anarchia».
Marco Remaschi (Pd), presidente della commissione sanità regionale, durante la discussione in aula sul documento di programmazione e finanziaria, ha detto senza mezzi termini che devono essere superate. Monica Sgherri, capogruppo della Sinistra e Verdi ha rafforzato il concetto: «Sulle società della salute avevo ragione! – ha dichiarato — In tempi non sospetti avevo avanzato dubbi su questo strumento organizzativo: capace di produrre più costi, più burocrazia, maggiore privatizzazione dei servizi e maggiore precarizzazione del lavoro».
Verrebbe da dire, meglio tardi che mai. Ma dei soldi buttati al vento in questi anni chi risponde?
Ottimo articolo; evidenzia l’inutilità di sovrastrutture puramente politiche per la gestione di un servizio essenziale per un paese che si vuole definire “civile”.
Le responsabilità delle decisioni prese in questi anni sono di una politica più votata alla poltrona che alle soluzioni dei problemi dei cittadini; gli unici aspetti che contano per loro sono i bilanci e non la salute.
Questo è un buon articolo ed evidenzia come queste “sovrastrutture politiche ” sono servite solo a finanziare clientele più che a fornire servizi efficienti ai cittadini che hanno pagato le spese. In un futuro non lontano spero si arrivi a creare delle commissioni parlamentari sul debito pubblico e che finalmente si riesca a far luce su queste scelte perpetrate da politicanti di tutti i tipi.