Se ci riducessero a semplici spettatori passivi
PIOMBINO 16 settembre 2017 — Arriveremo alla convocazione del giorno 20 con uno stabilimento quasi o completamente deserto. Addirittura la portineria chiusa e la vigilanza ridotta al minimo indispensabile. Difficile ricordare qualcosa del genere anche tornando a ritroso nel tempo. Ditte dell’indotto, poche rimanenti. Mense chiuse e pulizie con continue ulteriori riduzioni .
Una situazione che sta andando avanti in discesa e per la quale, perché no, sarebbe stata opportuna un’assemblea pubblica dove poter avere un confronto, anche politico, con la cittadinanza. Ma ancor di più sarebbe stato necessario dare vita ad una iniziativa, anche una manifestazione, perché la frustrazione e lo sconforto, oramai è chiaro, non è solo di duemila famiglie. Dopo tre anni di promesse mancate è un intero territorio a pezzi e la sensazione è di non essere, se mai lo siamo stati realmente, una emergenza nazionale.
Vedremo il 20 cosa verrà fuori dall’ ennesimo appuntamento romano ma sarebbe inaccettabile che, come rappresentanti dei lavoratori, ci riducessero a semplici relatori passivi.
La situazione è grave, più del previsto: disatteso Il cosiddetto addendum, ovvero il nuovo accordo fatto tra azienda e istituzioni . Un accordo secretato di cui non conosciamo i termini esatti, penali previste comprese.
Quali saranno allora gli scenari futuri? Ipoteticamente sostanzialmente due:
- trattativa privata tra Jindal e Cevital; quest’ ultimo che chiede ed ottiene una parte dei 120 milioni investiti di cui, a suo dire, persi una buona parte (il rischio di impresa a quanto pare in Algeria non lo conoscono!). In questo caso tale trattativa potrebbe creare continuità e maggiore tutela degli accordi pregressi in essere, senza il timore di ritrovarci con il jobs act, ma cosa ne sarebbe degli altri due progetti logistico e agoindustria e dell’area portuale e relative concessioni?
- in caso di disaccordo: il Governo procede con la rescissione del contratto per inadempienza. Questo comporterebbe un contenzioso di difficile soluzione e durata, un potenziale nuovo commissariamento e la riapertura del bando di gara (rientrando a quel punto sicuramente nella normativa del jobs act).
In entrambi i casi si parla di 3/4 anni ancora di attesa per 1900 lavoratori diretti senza contare l’ indotto. Se Rebrab lasciasse la parte siderurgica ad un potenziale partner resterebbe comunque da capire cosa succederà ai 750/900 lavoratori che nei piani industriali presentati dovevano essere reimpiegati negli altri settori (agroindustria e logistica). Anche di questo occorrerà parlare perché nessuno, compreso Rebrab, ha mai detto che nel settore siderurgico sarebbero stati ricollocati 2000 lavoratori!
Fatte queste considerazioni, come Uglm, riteniamo le istanze da portare al governo siano :
- cercare subito soluzioni affidabili, un piano industriale serio e dettagliato, non le slides di Rebrab o lettere di intenti di Jindal;
- compatibilità urbanistica e ambientale;
- garanzia certa dei fondi.
Nel frattempo il governo, le istituzioni regionali e locali di concerto con le rappresentanze sociali e di categoria devono pensare e attivare soluzioni diverse per il territorio. È inaccettabile andare avanti con promesse e/o ammortizzatori sociali; tanto meno con naspi e formazione se non sappiamo neanche in quali settori occorreranno nuove figure.
Quindi ecco le nostre proposte che auspichiamo siano accolte anche dagli altri soggetti menzionati:
- dobbiamo attingere ai fondi europei che sono stati destinati per i SIN e alle altre risorse che ci sono state assegnate come area di crisi complessa (noi siamo entrambe le cose !!). A Taranto, per esempio , hanno offerto 1700 euro lorde per 2 anni , versati in unica rata, per incentivare il licenziamento volontario (4100 euro lorde );
- come area di crisi complessa dobbiamo puntare ad ottenere la modifica dei requisiti per la pensione e creare un turn- over non solo nella fabbrica ma in tutto il territorio che è appunto riconosciuto come tale . Per chi ha lavorato in fabbrica, perchè no, si potrebbe tornare a valutare il discorso amianto. Comunque in ogni caso si potrebbero definire molte situazioni di coloro che hanno perso il lavoro e che magari con la vecchia normativa sarebbero già in pensione e che invece oggi hanno pochissimo per maturare il requisito e sono rimasti senza alcuna entrata economica.
Dopo anni di monocultura non è semplice cambiare modo di pensare ma dobbiamo iniziare e trovare nuovi strumenti, dobbiamo bonificare le aree compromesse e diversificare. Tutto questo, per chiarezza, senza escludere il settore siderurgico che però non potrà e dovrà più essere unico volano dell’economia territoriale.
Se siamo “area di crisi complessa” e “sito di interesse nazionale” un motivo ci sarà.
Segreterie provinciali Uglm e terziario