Ci ritroveremo presto con le cave più estese
PIOMBINO 12 ottobre 2013 - Sembra che a livello regionale e a livello provinciale sia in corso una discussione sui nuovi piani regionali e provinciali delle attività estrattive e di recupero. Non pare che una simile discussione sia aperta nella Val di Cornia, almeno non alla luce del sole, mentre sulla sua necessità è difficile non convenire. L’entrata in produzione del conglomix, un materiale derivante dalle scorie prodotte dagli impianti dello stabilimento Lucchini che può essere impiegato per costruzioni di strade e piazzali, ed il rilascio dell’autorizzazione alla commercializzazione ad ASIU, a parte i problemi non lievi trattati nel nostro articolo “Tap e Asiu potranno fornire il conglomix al porto?” (https://www.stileliberonews.org/tap-e-asiu-potranno-fornire-il-conglomix-al-porto), hanno fatto dimenticare come niente fosse un tema che stava alla base di quel progetto: la contestuale riduzione delle cave della zona. Così del resto già si esprimeva il protocollo di intesa fra Regione Toscana, Circondario e Comuni della Val di Cornia, Provincia di Livorno nell’ottobre 2002 ma che niente di ciò sia avvenuto è palese. Perché? È una storia che merita di essere raccontata. L’inizio non risale al 2002, risale ad alcuni anni prima, addirittura già prima del marzo 1999 quando fu firmata l’intesa tra la Presidenza del consiglio dei ministri, la Regione Toscana, la Provincia di Livorno e il Comune di Piombino nella quale si parlava del progetto per la realizzazione di una piattaforma polifunzionale per il trattamento dei rifiuti speciali provenienti dall’impianto Lucchini con produzione di materiale inerte proprio «al fine di ridurre l’estrazione di materiale dalle cave della zona». La realizzazione di una simile piattaforma, ancorché finanziata cospicuamente dalla Regione, ha avuto una vita tormentata, il progetto è cambiato radicalmente e solo nel 2013 si è arrivati alla produzione e possibile commercializzazione del conglomix. Ma non è questo che ci interessa anche se vale la pena di riflettere sul fatto che i ripetuti annunci secondo i quali TAP (società di ASIU e Lucchini) era in grado di fornire da tempo i materiali necessari per la realizzazione delle grandi opere (tra le quali il prolungamento della SS. 398 che nei tanti accordi istituzionali di questi anni doveva essere completata entro il 2011) erano privi di fondamento e che se fossero davvero partiti i cantieri delle grandi opere stradali e portuali previste dall’Accordo di Programma sottoscritto nel 2007 per il SIN di Piombino i rifiuti industriali sarebbero rimasti accumulati nello stabilimento mentre i materiali per la loro costruzione sarebbero stati ancora prelevati dalle colline. Ci interessa piuttosto capire cosa nel frattempo è successo sul versante cave dato che per raggiungere quell’obiettivo non si poteva non portare avanti politiche ed iniziative coordinate e coerenti. In realtà ciò che è successo non sembra avere queste caratteristiche. Ci riferiamo in particolare alla cava di Monte Calvi. Nel 1994 l’accordo tra il Comune di Campiglia e la società che gestisce la cava prevede che il termine previsto per la coltivazione sia il 2014 e che l’impiego del materiale estratto sia utilizzato preferibilmente per l’attività siderurgica, ammettendo utilizzazioni diverse degli scarti con esclusione comunque degli usi diretti in opere edili e stradali. Nel 1997 l’accordo viene modificato e si ammette che le granulometrie non utilizzabili nel ciclo siderurgico potranno essere liberamente commercializzate con terzi. Nel 1998 il termine viene portato al 2016 e nel 2002 viene spostato al 2018. Nel 2002 la quantità di materiale estraibile già fissata nel 1999 in 4milioni865mila metri cubi viene portata a 8milioni507mila metri cubi. Non c’è bisogno di aggiungere altro. La contraddittorietà delle linee politiche affermate e di quelle praticate è evidente.