Città e fabbrica avvinte come l’edera

Redazione

Con il Rego­la­men­to urban­is­ti­co di Piom­bi­no ven­gono con­fer­mate le pre­vi­sioni sulle aree del­la grande indus­tria più vicine alla cit­tà mod­ifi­cate nel 2008 con una vari­ante di grande por­ta­ta al PRG vigente e al Piano Strut­turale d’Area per la por­tu­al­ità, il dis­tret­to del­la nau­ti­ca, il rias­set­to delle aree indus­tri­ali e delle infra­strut­ture con­nesse. Ci si rende con­to per­al­tro che i tem­pi sono cam­biati e così, non poten­do dis­porre di un nuo­vo piano indus­tri­ale, si indi­ca come stru­men­to attua­tore un nuo­vo piano di asset­to e con­sol­i­da­men­to indus­tri­ale che avrà le carat­ter­is­tiche  di un piano urban­is­ti­co attua­ti­vo. Con­fer­man­do, vale la pena di ripetere, quelle pre­vi­sioni.
In realtà era­no pro­prio quelle pre­vi­sioni il prob­le­ma e lo sono dunque tut­to­ra.
Con­trari­a­mente a quan­to sta­bil­i­to dal Piano Strut­turale, sul­la base di un pro­gram­ma di vilup­po, poi com­ple­ta­mente cadu­to, pre­sen­ta­to dal­la Luc­chi­ni, veni­vano can­cel­lati 13 ettari di ter­reno des­ti­nati alla “ricon­ver­sione urbana”, quel­la denom­i­na­ta Cit­tà futu­ra. Dove era pre­vista la “ricon­ver­sione urbana” avrebbe potu­to  sorg­ere un nuo­vo sta­bil­i­men­to per la pro­duzione di lam­i­nati piat­ti: il min­imill. Per le neces­sità di questo nuo­vo impianto,  la Luc­chi­ni prevede­va di innalzare la pro­duzione di acciaio da 1,8 mil­ioni di ton­nel­late  annue a cir­ca 3,0 mil­ioni di ton­nel­late annue.
La zona che la vari­ante des­ti­na­va alla costruzione del nuo­vo sta­bil­i­men­to veni­va inopinata­mente chia­ma­ta  “zona per impianti indus­tri­ali sat­uri”. In realtà, le aree che la vari­ante resti­tu­i­va all’industria non era­no né des­ti­nate ad usi indus­tri­ali né tan­tomeno  sat­ure. Era­no invece le uniche disponi­bili per real­iz­zare il prog­et­to urban­is­ti­co che prevede­va il ricon­giung­i­men­to del Cotone con la cit­tà, com­pre­sa la ria­per­tu­ra del­la via­bil­ità stor­i­ca che col­le­ga­va il quartiere con il cen­tro urbano. Veni­va meno, insom­ma, la strate­gia di riqual­i­fi­cazione e di riordi­no del prog­et­to di “Cit­tà futu­ra”, ovvero la riap­pro­pri­azione da parte del­la cit­tà di aree sot­touti­liz­zate o non uti­liz­zate dall’industria siderur­gi­ca.”.
Ma non solo.
Nel 2007 era sta­ta approva­ta una vari­ante per la ricon­ver­sione urban­is­ti­ca delle aree di Cit­tà Futu­ra e degli ambiti urbani cor­re­lati che prevede­va tra l’al­tro 170 nuovi allog­gi all’in­ter­sezione tra viale Unità d’I­talia e via del­la Resisten­za e una vocazione a “serre urbane” o “bosco in cit­tà” tra la nuo­va fab­bri­ca e viale Unità d’I­talia.
E dunque nel 2007 si era­no avvi­c­i­nati res­i­den­za e servizi alla fab­bri­ca, in vista di un suo allon­tana­men­to, e nel 2009, al con­trario, si avvic­i­na­va la fab­bri­ca alla cit­tà. La cosa appare anco­ra più sor­pren­dente se si con­sid­era che negli stes­si anni il Comune si era impeg­na­to a cofi­nanziare fon­di europei per un ambizioso e cos­to­sis­si­mo pro­gram­ma di riqual­i­fi­cazione urbana nelle stesse aree di Cit­tà Futu­ra (Par­co verde, Museo del fer­ro e del­l’ac­ciao, Par­co del­la dan­za e del­la musi­ca, Polo sci­en­tifi­co e Tec­no­logi­co) che, se real­iz­za­to, si sarebbe trova­to con­fi­nante con una nuo­va grande acciaieria. 
I tem­pi sono cam­biati, la fab­bri­ca è in fal­li­men­to, le res­i­den­ze non sono state real­iz­zate, le pre­vi­sioni di Cit­tà futu­ra abban­do­nate ma il Comune con il rego­la­men­to urban­is­ti­co fa fin­ta di niente e con­fer­ma tut­to, anche le con­trad­dizioni.
Anzi, con­va­l­i­da e aumen­ta le con­trad­dizioni enun­cian­do una strate­gia che si pro­pone di non incre­mentare la pre­sen­za di nuovi impianti nelle aree indus­tri­ali più vicine alla cit­tà e con­tem­po­ranea­mente ammette in queste aree “la costruzione di nuovi impianti indus­tri­ali ed il poten­zi­a­men­to di quel­li esisten­ti a fronte del­la pre­sen­tazione, da parte del sogget­to gestore, di un nuo­vo piano di con­sol­i­da­men­to e rias­set­to indus­tri­ale”. Tra queste insiste anche il “par­co rot­ta­mi” che la Luc­chi­ni ha chiesto di autor­iz­zare ed il Comune invece ha pro­pos­to di delo­cal­iz­zare.
C’è con­fu­sione sot­to il cielo ma la situ­azione non pare eccel­lente.

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