Cominciamo a mettere i piedi nel piatto

· Inserito in Editoriale
Redazione

Non è un amar­cord quel­lo che vogliamo trasmet­tere con questo numero di Stile libero. É piut­tosto un ten­ta­ti­vo di met­tere i pie­di nel piat­to del­la vita in val di Cor­nia con gli occhi riv­olti al pre­sente e mag­a­ri con qualche pic­co­lo pen­siero riv­olto al futuro.
Lo abbi­amo fat­to intrec­cian­do parole con numeri per­ché le parole sono pietre ed i numeri sono eterni.
Pre­oc­cu­pazione, indig­nazione, ammi­razione, assue­fazione sono i quat­tro sostan­tivi che derivano da questo eser­cizio e dopo di essi la doman­da alla quale è impos­si­bile sfug­gire: «Che fare?»
La pre­oc­cu­pazione deri­va sia dal­la realtà del­la vita vis­su­ta sia dal­la realtà che emerge dai numeri, essen­ziali e sig­ni­fica­tivi, che ci resti­tu­is­cono una val di Cor­nia vec­chia dal­la quale i gio­vani scap­pano e nel­la quale le sostanze diminuis­cono fino ad arrivare ai liv­el­li del­l’I­talia merid­ionale. Con­tem­po­ranea­mente arrivano nuove energie che sono insieme risorse e prob­le­mi ma un nuo­vo fun­zionale e fun­zio­nante amal­ga­ma è anco­ra lun­gi dal­l’essere trova­to.
L’indig­nazione sca­tur­isce dal fat­to che a fronte di una sim­i­le situ­azione che richiederebbe con­fron­ti liberi, aper­ti e pun­tu­ali ha pre­so invece cam­po una retor­i­ca (gli inseg­nan­ti di un tem­po l’avreb­bero seg­na­ta con la mati­ta blu) nau­se­ante ed incom­pren­si­bile che si las­cia andare a decla­mazioni ed atteggia­men­ti dan­nun­ziani, le une sem­pre smen­tite dal­la realtà gli altri impro­dut­tivi e dimen­ti­cati appe­na il sipario cala e le luci dei media pas­sano ad altro. E la ruo­ta poi ricom­in­cia a girare, decla­mazione dopo decla­mazione sem­pre con lo stes­so stile retori­co, ma i prob­le­mi irrisolti riman­gono.
L’am­mi­razione è ori­en­ta­ta ver­so col­oro che oper­a­no in un silen­zio spes­so volu­to, tal­vol­ta sop­por­ta­to, per aiutare col­oro che han­no bisog­no e sopratut­to col­oro che han­no bisog­no e non lo fan­no pre­sente.
C’è chi preferisce dis­togliere l’at­ten­zione dai temi veri ed ind­i­riz­zarli ver­so temi irril­e­van­ti ma per for­tu­na c’è anche chi alle sof­feren­ze vere è sen­si­bile e prati­ca­mente disponi­bile.
No, l’as­sue­fazione no, ma allo­ra che fare?
Una pic­co­la pro­pos­ta: pre­tendere un meto­do come indice di un pos­si­bile buon inizio e cioè che i prob­le­mi siano sem­pre esposti pub­bli­ca­mente, sin­ce­ra­mente e doc­u­men­tata­mente e che si dica come si vogliono real­mente affrontare, così come fece quel pri­mo min­istro che iniz­iò il suo inter­ven­to al con­gres­so annuale del par­ti­to rac­con­tan­do di quan­ti bam­bi­ni di quat­tro anni non ave­vano pos­to nel­l’asi­lo nido e di quan­ti l’avreb­bero avu­to dopo tre anni e con quali risorse sarebbe sta­to pos­si­bile dar­glieli. Era il pri­mo min­istro di una nazione che era sta­ta non molto tem­po pri­ma un impero, anzi il più grande impero del mon­do.

(foto di Pino Bertel­li)

 

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