Subito 150mila mq di capannoni al posto di altoforno e acciaieria

Comuni e Regione tra i tanti propositi di Cevital

· Inserito in Sotto la lente
Massimo Zucconi

PIOMBINO 6 dicem­bre 2014 — Piom­bi­no e la Val di Cor­nia tira­no un sospiro di sol­lie­vo. Anche se non si conoscono anco­ra i doc­u­men­ti uffi­ciali e il quadro d’insieme del piano indus­tri­ale, il fat­to che lo sta­bil­i­men­to Luc­chi­ni abbia un acquirente, l’algerina Cevi­tal s.p.a., è di per sé un dato pos­i­ti­vo. Il mer­i­to va ascrit­to ai cit­ta­di­ni e ai lavo­ra­tori che si sono bat­tuti per man­tenere in vita lo sta­bil­i­men­to e al Com­mis­sario Nar­di che ha svolto un lavoro non sem­plice e spes­so tur­ba­to da inter­feren­ze impro­prie.
Per onestà bisogna riconoscere che, se si esclude la Smc di Khaled Habah­beh, sogget­to molto improb­a­bile fin dal­l’inizio, nes­suna delle pro­poste di acquis­to avan­zate ha mai con­tem­pla­to il man­ten­i­men­to in vita, anche solo tem­po­ra­neo, degli impianti a cal­do del vec­chio sta­bil­i­men­to e che in quel­la dife­sa sono sta­ti spre­cati trop­pi sol­di e trop­po tem­po.
Non è man­ca­ta nep­pure la vic­i­nan­za polit­i­ca delle isti­tuzioni alle quali, però, spet­ta­va il com­pi­to pri­or­i­tario di creare con­dizioni favorevoli per gli inves­ti­men­ti dei pri­vati; con­dizioni che a Piom­bi­no han­no nomi pre­cisi: boni­fiche, infra­strut­ture stradali e por­to. La realtà è che, nonos­tante gli infini­ti accor­di e le ingen­ti risorse annun­ci­ate in un decen­nio, nes­sun ter­reno è sta­to boni­fi­ca­to e la stra­da statale 398 finisce anco­ra nei campi di Mon­tege­moli. L’unico ril­e­vante inves­ti­men­to decol­la­to è quel­lo per l’ampliamento del por­to che, in assen­za del­la “Con­cor­dia”, una vol­ta ter­mi­na­to dovrà trovare altre utili des­ti­nazioni.
Sen­za l’aggiudicazione del­la gara alla Cevi­tal, che si è impeg­na­ta ad assumere da subito 1.860 dei 2.200 lavo­ra­tori del­la ex Luc­chi­ni, le prospet­tive di questi ter­ri­tori sareb­bero state molto peg­giori, anche per­ché nei lunghi anni d’incubazione del­la crisi siderur­gi­ca le azioni con­crete per diver­si­fi­care e ricon­ver­tire l’economia locale sono state davvero poche. Il sospiro di sol­lie­vo è dunque gius­ti­fi­ca­to, ma non l’abbassamento del­la guardia per­ché occorre col­mare fragilità e lim­i­ti del­la fase in cui ci tro­vi­amo, facen­do i con­ti real­is­ti­ca­mente con i prob­le­mi che si pon­gono sen­za pen­sare che non esis­tano e sopratut­to non dan­do per scon­ta­to che tut­to quel­lo che viene det­to ven­ga poi fat­to. Bas­ta ricor­dare il recen­tis­si­mo pas­sato.
Vedi­a­mone alcu­ni.
I posti di lavoro non si garan­tis­cono con il con­trat­to di com­praven­di­ta del­lo sta­bil­i­men­to. Bisogna rius­cire a fare buoni prodot­ti in gra­do di reg­gere la com­pe­tizione sui mer­cati glob­ali. La Cevi­tal per questo si pro­pone di costru­ire due nuovi forni elet­tri­ci e un nuo­vo lam­i­na­toio nell’ex pad­ule di Col­ma­ta, ma si trat­ta di zone anco­ra da bonifi­care ed inoltre non è chiaro come sarà garan­ti­to l’elevato fab­bisog­no ener­geti­co dei nuovi forni elet­tri­ci. Occor­reran­no anni per bonifi­care i ter­reni e costru­ire i nuovi impianti. I prob­le­mi da risol­vere sono dunque molti e la dife­sa di tut­ti i posti lavoro anco­ra da con­quistare.
Il lavoro non è solo quel­lo siderur­gi­co. Non lo era pri­ma del­la crisi del­la Luc­chi­ni e non lo sarà nep­pure con la pre­sen­za degli algeri­ni del­la Cevi­tal. Il tema ine­ludi­bile di Piom­bi­no e del­la Val di Cor­nia è la diver­si­fi­cazione. Questo sig­nifi­ca che l’assetto pro­dut­ti­vo dei nuovi impianti dovrà puntare ad un sal­do ambi­en­tale pos­i­ti­vo per non com­primere la pos­si­bil­ità di cresci­ta e di qual­i­fi­cazione di altri set­tori eco­nomi­ci, dal por­to al tur­is­mo. È una ques­tione ril­e­vante, anco­ra tut­ta da scri­vere, che chia­ma in causa il ruo­lo delle ammin­is­trazioni locali nel definire indis­pens­abili coeren­ze strate­giche, ter­ri­to­ri­ali e ambi­en­tali, sen­za le quali le prospet­tive di cresci­ta occu­pazionale si con­trag­gono. Non bas­ta più difend­ere l’occupazione stor­i­ca. Ci sono gen­er­azioni di gio­vani escluse dal mon­do del lavoro per le quali occorre costru­ire nuove prospet­tive.
La diver­si­fi­cazione va gui­da­ta. E’ un fat­to pos­i­ti­vo che il grup­po Cevi­tal abbia inter­es­si che spaziano dall’industria, all’agroalimentare, fino alla logis­ti­ca e alla grande dis­tribuzione. A Piom­bi­no pro­pone di real­iz­zare un’industria agro-ali­menta­re al pos­to dell’acciaieria dismes­sa, in prossim­ità del por­to. La pro­pos­ta è sicu­ra­mente inter­es­sante per­ché intro­duce il tema del­la riqual­i­fi­cazione e del riu­so di centi­na­ia di ettari di ter­reno (quel­li dell’altoforno, del­l’ac­ciaieria, del­la cok­e­ria e dei con­ver­ti­tori) che non saran­no più uti­liz­za­ti per scopi siderur­gi­ci. Den­tro queste aree ci sono gran­di prob­le­mi come le boni­fiche, ma anche stra­or­di­nar­ie risorse cos­ti­tu­ite da aree strate­giche in prossim­ità del por­to e da tes­ti­mo­ni­anze di arche­olo­gia indus­tri­ale, a par­tire dall’altoforno, che mer­i­tano di essere val­oriz­zate nell’ottica di una rigen­er­azione del­la cit­tà in chi­ave cul­tur­ale e tur­is­ti­ca. Den­tro queste aree van­no trovate le soluzioni per i col­lega­men­ti stradali e fer­roviari con la cit­tà e il por­to, allo sta­to del­la situ­azione del tut­to irrisolti. Il pres­i­dente del grup­po Cevi­tal ha invece dichiara­to che è loro “inten­zione sman­tel­lare entro 6 mesi l’acciaieria e l’altoforno” e “real­iz­zare 150.000 mq. di capan­noni” in quelle aree.
Sul­la ricon­ver­sione delle aree indus­tri­ali dismesse si gio­ca gran parte del futuro del­la cit­tà sia per gli aspet­ti pro­dut­tivi e por­tu­ali che per la più gen­erale riqual­i­fi­cazione urbana. Sono temi di pre­m­i­nente inter­esse pub­bli­co che chia­mano in causa la respon­s­abil­ità pri­maria delle isti­tuzioni, a par­tire da quelle locali. La nuo­va legge urban­is­ti­ca regionale offre stru­men­ti per la riqual­i­fi­cazione e il riu­so delle aree indus­tri­ali dismesse che van­no usati con la mas­si­ma urgen­za per delin­eare un prog­et­to organ­i­co di ricon­ver­sione nel quale tut­ti gli inter­es­si in gio­co tro­vi­no adegua­ta com­po­sizione. L’alternativa è un ruo­lo notar­ile e sub­al­ter­no delle isti­tuzioni che non aiuterà lo svilup­po locale e la cresci­ta occu­pazionale. C’è dunque da esercitare una fun­zione pub­bli­ca di gov­er­no che Comu­ni e Regione non pos­sono del­e­gare a nes­suno.
La diver­si­fi­cazione non è solo una par­ti­ta di Piom­bi­no. La ricon­ver­sione dell’economia e la creazione di nuo­va occu­pazione chia­ma in causa l’insieme delle risorse di cui dispone la Val di Cor­nia. Il fat­to stes­so che gli algeri­ni pensi­no ad un’ indus­tria agro-ali­menta­re sul por­to induce a ver­i­fi­care quali relazioni pos­sano essere costru­ite con l’agricoltura del­la Val di Cor­nia e del­la Toscana. Temi che van­no trat­tati almeno con tut­ti i Comu­ni dell’area, subito e non dopo altri anni bru­ciati in dis­pute isti­tuzion­ali incon­clu­den­ti e dis­trut­tive com’è sta­to nel­la pas­sa­ta leg­is­latu­ra. La nos­tra sto­ria ci dice che la Val di Cor­nia è un ambito di pro­gram­mazione adegua­to, mag­a­ri estendibile, ma sicu­ra­mente non divis­i­bile. Cosa impedisce di cos­ti­tuire subito l’Unione dei Comu­ni del­la Val di Cor­nia e di affrontare i temi urgen­tis­si­mi dell’occupazione, del riu­so delle aree indus­tri­ali dismesse e del­lo svilup­po locale? La doman­da viene pos­ta ripetu­ta­mente da più par­ti, ma le risposte non arrivano anco­ra.

Commenta il post