Con il presidente Rossi i tempi non tornano
PIOMBINO 6 ottobre 2015 — Enrico Rossi, Presidente della Regione Toscana, dopo oltre tre mesi dalla firma dell’accordo di programma per l’attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell’area dei complessi aziendali ceduti dalla Lucchini, avvenuta il 30 giugno 2015, sembra preoccupato della situazione piombinese tant’è che il 6 ottobre 2015 ha affermato essere arrivato «…il momento di avere certezze sui tempi della reindustrializzazione di Piombino. Pur apprezzando il lavoro che Aferpi sta facendo l’attenzione che mostra verso la città e anche la sua disponibilità al dialogo, credo siano maturi i tempi perché ci venga presentato un cronoprogramma relativo allo smantellamento dell’altoforno e alla realizzazione degli investimenti previsti nell’area.….».
In realtà il «momento» è già passato e da tempo ed anche il cronoprogramma, almeno dello smantellamento degli impianti, era stato già stabilito, ma forse il presidente se lo è scordato. Altrimenti non si sarebbe lanciato solo in un auspicio ma avrebbe usato il tono della rivendicazione.
A parte il fatto che tutti i tempi scritti nel Piano industriale per la rinascita del sito di Piombino di Cevital, in maniera contraddittoria rispetto a quelli scritti nella Proposta di strategia di intervento per la messa in sicurezza operativa di Aferpi, ambedue allegati contemporaneamente all’accordo di programma, di cui Stile libero ha già parlato (https://www.stileliberonews.org/aferpi-i-nodi-non-sciolti-arrivano-al-pettine/), sono tutti saltati, sarebbe stato bene che il presidente avesse ricordato, a proposito dei tempi di smantellamento degli impianti e di presentazione dei progetti, ciò che sta scritto nell’ accordo di programma da lui stesso firmato.
All’ art 7 (Interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico – impianti industriali), infatti, si stabilisce che :
«1. Fino alla completa attuazione del proprio piano industriale, Aferpi si impegna a mantenere in esercizio gli impianti di laminazione e le relative attività di finimento e di servizi connesse, con dismissione definitiva dei restanti impianti.
2. Ai fini del comma 1, Aferpi nei termini di legge, presenta la comunicazione di cui all’art. 29 nonies, comma 4, del d.lgs. 152/2006 per il subentro nella titolarità dell’autorizzazione AIA MINGAB– 2013-127 del 18 aprile 2013 al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare che provvede alla trasmissione degli atti per competenza alla Regione Toscana o all’Ente competente ai sensi dell’art. 7, comma 4 ter, del d.lgs. 152/2006;
3. Entro 30 giorni dalla presentazione della comunicazione di cui all’art. 29 nonies, comma 4, del d.lgs. 152/2006, Aferpi predispone e trasmette alla Regione Toscana o all’Ente competente ai sensi dell’art. 7, comma 4 ter, del d.lgs. 152/2006 il piano di cui alla prescrizione 84 del paragrafo 9.13 del Parere Istruttorio Conclusivo della Commissione Istruttoria IPPC, allegato all‘autorizzazione AIA MIN-GAB-2013–127 del 18 aprile 2013, per la dismissione e smantellamento degli impianti cessati…».
La comunicazione di cui all’art 29 nonies, quella che fa presente che non più Lucchini ma Aferpi è titolare dello stabilimento e dunque responsabile dell’attuazione dell’Autorizzazione Integrata Ambinetale (AIA), è stata presentata al Ministero dell’ ambiente il 30 luglio 2015 (per leggere clicca qui) e dunque entro il 30 agosto 2015 Aferpi avrebbe dovuto trasmettere il piano di cui alla prescrizione 84 allegata all’AIA (per leggere clicca qui).
La prescrizione riguarda proprio le dismissioni degli impianti e stabilisce che «…In relazione ad un eventuale intervento di dismissione totale o parziale dell’impianto, il Gestore dovrà predisporre e presentare all’ Autorità Competente un piano che dovrà essere comprensivo degli intervcenti necessari al ripristino e alla riqualificazione ambientale delle aree liberate. Nel progetto dovrà essere compreso un Piano di Indagine atto a caratterizzare la qualità cdei suoli e delle acque sotterranee delle aree dismesse e a definire gli eventuali interventi di bonifica, nel quadro delle indicazioniu e degli obblighi dettati dalla Parte IV del D.Lgs 152/06 e smi., considerando inoltre che l’area dello stabilimento è all’interno di un SIN…».
Sono le parole stesse del presidente che ci dicono che il piano non è stato presentato e che ovviamente nessuna istruttoria è stata effettuata e nessuna autorizzazione è stata concessa, tant’è che chiede un nuovo cronoprogramma senza dire che è, ovviamente, sostitutivo dei tempi già stabiliti nell’ accordo di programma. E senza riflettere sul fatto che quei tempi forse erano proprio impossibili e dettati almeno da leggerezza, chiamiamola così.
E si parla solo della dismissione degli impianti non più utilizzabili nell’opinione di Cevital, delle organizzazioni sindacali e delle istituzioni.
In realtà è proprio saltato tutto e sopratutto sono saltati i tempi che in maniera così decisa lo stesso presidente aveva enfaticamente e pubblicamente dichiarati e declamati.
Era il 27 novembre 2014 e annunciava che in due anni Piombino sarebbe tornato a produrre due milioni di tonnellate di acciaio.
Era il 30 giugno 2015 e dichiarava: «…tra 18 mesi [l’area industriale di Piombino] riprenderà a produrre acciaio…». Per la verità l’aveva detto anche il Presidente di Cevital Rebrab che il 6 dicembre 2014 aveva confermato che sarebbero bastati 18 mesi per costruire il primo forno elettrico e 24 per il secondo.
Tutto saltato, appunto.
Forse un po’ più di cautela sarebbe stata e sarebbe necessaria sopratutto a un così alto rappresentante delle istituzioni.
(Foto di Pino Bertelli)