Con la retorica non si affrontano i problemi
PIOMBINO 28 febbraio 2015 — Si recita una farsa ma palcoscenico, soggetto, scenografica e attori fanno pensare tutti a una tragedia. E sono proprio i registi che non se ne accorgono, tant’è che pensano già alla tournée.
Il titolo della piece è Modello Piombino. Gli atti sono due, Stare insieme e Progettare il futuro, con l’ intermezzo Accordi di programma che gli stessi autori considerano meno nobile degli altri.
Sì effettivamente è meglio non parlare dell’intermezzo dato che tutti gli Accordi di programma sottoscritti, ma potremmo elencare anche protocolli e simili, sono tutti miseramente falliti e l’ultimo, quello di cui si mena vanto, è in clamoroso ritardo e comunque i suoi effetti saranno tutti da valutare.
Ma vediamo i due atti.
Progettare il futuro è composto solo da fogli bianchi dato che, in presenza di piani solo dichiarati da imprenditori algerini, i Comuni non dicono mezza parola sulla loro idea di assetto territoriale e, nella più completa inerzia, si limitano ad aspettare ciò che altri decideranno. Abdicano insomma alla loro funzione di rappresentanti degli interessi generali che significa avere idee ed attuarle con atti e decisioni. E così pure per gli assetti istituzionali: proprio mentre quelli tradizionali sono in discussione non si fa il minimo passo in avanti su quelli nuovi che si vogliono costruire ed anzi si decidono strumenti molto discutibili senza la minima regia unitaria. Per non parlare degli strumenti pubblici e dei relativi servizi che, anch’essi in una fase di discussione oltretutto imposta dalla legge, non si sa bene come saranno ristrutturati. Naturalmente lasciamo perdere le emergenze delle quali si nega perfino la reale natura.
Tutti uniti o Stare insieme sono una bella ed evocatrice petizione di principio ma anche lasciando perdere i risultati, e meglio sarebbe dire i non risultati, si è proprio sicuri che siano le formule giuste? In realtà anche in altre situazioni la più serrata delle concertazioni ha ottenuto risultati quando nessuno dei soggetti istituzionali e della società ha rinunciato ad esporre il proprio elaborato parere e la risultante è stata l’integrazione, quando possibile, dei punti di vista in una trama coerente. Qui in realtà si parla di altro, si parla di una concezione del governare nel quale si perdono i contorni degli attori e si mette persino in discussione la liceità di diversi punti di vista. E così molti problemi sfuggono. Sarebbe meglio parlare di istituzioni aperte e di società aperta come presupposti dell’arricchimento reciproco e di conseguenza della più ampia possibilità di copertura di problemi e proposte. Ciò che si evoca invece è proprio la situazione peggiore, quella cioè nella quale ci si illude che tutti insieme (ma poi chi sono i tutti?) si sia fortissimi nelle rivendicazioni e questo basti, non capendo che in realtà si è debolissimi nei ragionamenti e nelle dimostrazioni della giustezza delle rivendicazioni. Che è quello che conta. La vicenda della Concordia insegna: a rivendicazione urlata senza nessuna costruzione razionale sottostante corrisponde il nulla, così come è successo.
Insomma, se Modello Piombino è, forse è troppo stretto.
Per non dire poi che in realtà il Modello Piombino, nell’accezione data da chi l’ha proposto, non esiste ed è solo il frutto di una stucchevole retorica, quella retorica nei confronti della quale sarebbe meglio far prevalere la logica. Solo allora si potrebbe cominciare a parlare di modelli.
(Foto di Pino Bertelli)