Con la siderurgia dopo la siderurgia
PIOMBINO 16 novembre 2012 — C’è una emergenza immediata: quale futuro per la siderurgia in Val di Cornia? A questa emergenza si tenta di rispondere con un impegno unitario fra sindacato ed istituzioni, che non può non essere accolto positivamente. Si risponde, però, in ritardo, non tanto per responsabilità sindacale, quanto per l’incapacità complessiva di tutti i soggetti di governo, a partire da quello nazionale, di produrre in questi anni, complessivamente, una visione nuova di rilancio e sviluppo economico, nel Paese e nel complesso territorio della Val di Cornia.
E’ mancata e ancora oggi manca una visione e una proposta unitaria di coordinamento e integrazione di tutte le potenzialità economiche, produttive e culturali presenti in questo territorio.
Parlare di bonifiche industriali, dei loro costi, dei progetti e delle potenzialità che queste possono rappresentare, nel medio, ma anche breve termine, non può essere capitolo scindibile da qualsiasi risposta venga data al futuro dell’acciaio nella Val di Cornia.
Su questo terreno le istituzioni locali hanno accumulato ritardi e fallimenti che non possono essere sottaciuti. Sicuramente ci sono responsabilità nazionali, in particolare nel Ministero dell’ambiente, ma non possiamo dimenticare l’enfasi con cui il Comune e l’Autorità portuale, nel 2007, accolsero e sottoscrissero l’accordo di programma che prevedeva di trasferire a Piombino due milioni di metri cubi tra fanghi e rifiuti provenienti da Bagnoli. Così come, nel 2008, con altrettanta enfasi, accolsero e sottoscrissero l’Accordo di programma per le bonifiche del SIN (sito per le bonifiche d’interesse nazionale) che prevedeva investimenti faraonici. La somma degli investimenti con i due accordi sfiorava il miliardo di euro.
La realtà è che nulla di quanto previsto negli accordi è stato realizzato, neppure gli interventi per la bonifica delle aree del Comune, come Città futura o la discarica di Poggio ai Venti. Per questi interventi i soldi ci sono, ma il Comune non li spende. Sul porto si stanno attuando oggi, finalmente, interventi previsti da decenni, ben prima dell’accordo per i fanghi di Bagnoli. Si tratta di fallimenti clamorosi, di cui nessuno sembra voler rendere conto, che hanno fatto perdere al territorio anni preziosi.
Negli anni ’90 si cominciò a mettere le premesse per un recupero di intere aree industriali non utilizzate e gravemente compromesse, a sostegno di una idea nuova di sviluppo, in cui l’industria pesante, non fosse un capitolo da chiudere, ma anzi potesse aprire attraverso un processo di modernizzazione, integrazione con nuove realtà produttive, un nuovo corso per l’intero territorio. Obiettivi ambiziosi che richiedevano concretezza e capacità di governo locale, come presupposto per il dialogo con gli altri livelli istituzionali.
Gli accordi del 2007/2008 non avevano questi requisiti perché si basavano su scelte sbagliate nel merito ed erano privi di copertura finanziaria, come i fatti hanno chiaramente dimostrato. Inoltre con quegli accordi si chiedeva alle imprese industriali di contribuire pesantemente alle spese di bonifica, senza interrogarsi realmente sul loro destino produttivo e sulla effettiva capacità di sostenere i costi.
Cosa resta di questo lungo delirio di megalomania? Nessuna bonifica è stata realizzata, la SS 398 è sempre ferma a Montegemoli, Città Futura resta un’area industriale dismessa da bonificare, parte di quelle aree sono state di nuovo destinate ad usi industriali creando così le condizioni per un ulteriore aggravamento dei problemi ambientali della città. Intanto nessun concreto programma di rilancio e innovazione produttiva nel comparto siderurgico è stato messo a punto ed anche i flebili segnali di diversificazione economica messi in atto nei decenni passati sembrano essere stati abbandonati e addirittura osteggiati.
Inoltre i Comuni non affrontano più insieme i problemi del territorio. La crisi della siderurgia sembra essere diventato un fatto solo piombinese, così come le risposte sembrano rinchiudersi solo nei confini comunali.
Di fronte agli innegabili fallimenti due sembrano essere le vie da seguire:
Sul piano nazionale costruire relazioni istituzionali capaci di delineare programmi concreti e sostenibili di rilancio del comparto industriale piombinese, basato sull’innovazione produttiva, sulle bonifiche ambientali e sulla soluzione delle strozzature logistiche del territorio, come il prolungamento della SS 398 per il porto;
Sul piano locale riannodare le relazioni territoriali, almeno tra i Comuni della Val di Cornia, per delineare strategie di diversificazione estese all’insieme delle risorse che questo territorio può mettere in campo, dai parchi al comparto agroalimentare.
(foto di Pino Bertelli)