La TAP ha cinque consiglieri ma fa ben poco
Non ha nessun dipendente, svolge ben poca attività, i ricavi sono esclusivamente derivanti da un canone di locazione che gli paga la società dalla quale è controllata, in maniera tale da chiudere il bilancio 2013 con un utile di 6.624 euro, ma in compenso ha un consiglio di amministrazione composto da cinque membri ed un collegio sindacale che tra effettivi e supplenti ammonta anch’esso a cinque membri.
È la Tecnologie Ambientali Pulite S.p.A., meglio conosciuta come TAP, posseduta per il 75,10% da ASIU e per il restante da Lucchini in amministrazione straordinaria. Il 7 maggio si è riunita l’assemblea ordinaria che ha approvato il bilancio di esercizio 2013, ha corrisposto al presidente (contemporaneamente amministratore unico di ASIU) , che ha già un compenso fisso di 20mila euro annui, un compenso variabile pari a 6.994 euro per aver raggiunto gli obiettivi prefissati, ha rinnovato il consiglio di amministrazione riconfermando quello uscente (Fulvio Murzi come presidente, Enrico Barbarese (contemporaneamente direttore generale di ASIU), Angelo Di Pietro, Francesco Maria Semino e Gilberto Lunardi come consiglieri), senza alcun rispetto per le pari opportunità di genere, ed ha nominato il Collegio sindacale che è composto da Leonardo Carolini (contemporaneamente membro del collegio sindacale di ASIU) come presidente, Antonio Baldassarri e Stefano Noferi come sindaci effettivi, Erica Sardo e Luca Ferrari come sindaci supplenti. I compensi rimangono inalterati: 200 euro a seduta per l’organo amministrativo (eccettuato Enrico Barbarese) e 7.749 euro complessivamente per il collegio sindacale.
Qual’è la funzione attuale di TAP e qual’è la sua storia?
Nella sostanza TAP è proprietaria dell’impianto per la produzione del conglomix (realizzato con un finanziamento della TAP stessa ed un cofinanziamento regionale intorno a 4,5 milioni di euro pari al 50% dell’investimento concesso nel 2004) ma lo ha dato in affitto ad ASIU per un canone che viene determinato a totale copertura dei costi che TAP sostiene nel corso dell’esercizio oltre al riconoscimento di un utile di impresa. Una cifra nel 2013 pari a 921.830 euro. Il contratto di locazione ha posto a carico di ASIU anche la realizzazioje degli interventi di modifica e dei piazzali a servizio dell’impianto (costo stimanto nel 2011 pari a 3 milioni di euro). C’è da dire peraltro che ASIU sembra tardare i pagamenti dato che nel bilancio TAP compare una voce crediti verso controllante pari a 1.341.972 euro definito come credito di natura commerciale nei confronti della controllante ASIU S.p.A. per la parte di canone di locazione non ancora saldato.
Niente di più dato che nel 2009 TAP ha ceduto il ramo d’azienda per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani (si tratta degli impianti di discarica e trattamento, compreso quello di produzione del CDR, di Ischia di Crociano) alla stessa ASIU assumendosi naturalmente quest’ultima oneri ed onori.
Eppure quando nacque TAP aveva ben altre ambizioni e composizioni societarie.
Il Comune di Piombino ne è stato il maggior azionista per una quota del 70% (Lucchini ha sempre posseduto una quota poco inferiore al 25%) fino al 2008, quando ha ceduto le sue azioni ad ASIU per un valore di cessione di 170.893 euro ed è stato lo stesso Comune che ha immaginato di diventare protagonista, attraverso TAP, di un progetto di acquisizione, trattamento e recupero dei rifiuti industriali al fine di produrre materiale da utilizzare nell’edilizia e sopratutto nelle infrastrutture. L’obiettivo era correlato alla necessità della riduzione del prelievo di calcare dalle cave di Campiglia.
È la storia tortuosa, iniziata intorno al 2000, della piattaforma polifunzionale per il trattamento dei rifiuti industriali che ha nel corso del tempo subito consistenti modifiche progettuali per arrivare ad ottenere le autorizzazioni necessarie per il prodotto, nel frattempo diventato conglomix, solo nel 2013. I risultati commerciali sono praticamente assenti così come si capisce non tanto dal bilancio di TAP quanto dal bilancio dell’ ASIU dove si apprende che nel 2013 sono entrate in circolo solo 45.000 tonnellate di conglomix, compresi gli utilizzi interni, su una potenzialità di produzione che supera le 550mila tonnellate. La stessa Associazione d’ imprese Sales/CMC impegnata a costruire il porto di Piombino che doveva acquistarne 60.000 non l’ha fatto.
Nel 2005 la TAP fu anche azionista per qualche mese della società CIGRISER, società specializzata e certificata nel settore delle opere civili infrastrutturali (reti tecnologiche idriche ed energetiche, strade e urbanizzazioni, edilizia civile, opere ambientali), insieme a CIGRI (Consorzio Intercomunale Gestione Risorse Idriche) in liquidazione e Italflluid srl (società privata) e in questa funzione autorizzò nel marzo 2006 ASIU ad affidare a Cigriser la gestione dell’impianto di frantumazione di rifiuti inerti prima gestito da ASIU stessa.
Nel 2006 TAP affidò alla stessa CIGRISER la realizzazione del campo di prova per la sperimentazione delle qualità fisiche, chimiche ed ambientali del prodotto CIC, il materiale che avrebbe dovuto produrre la piattaforma polifunzionale per il trattamento dei rifiuti industriali Lucchini. Nel novembre 2006 la TAP uscì da CIGRISER.
Nel 2008 l’uscita del Comune di Piombino da TAP quando occorreva aumentare il capitale sociale di TAP da 220mila euro a 4,4 milioni di euro per assicurare una capacità finanziaria e patrimoniale idonea a completare la piattaforma polifunzionale mantenendo pienamente la fruibilità del contributo pubblico comunitario. L’ esborso finanziario fu sostenuto proporzionalmente da Asiu e da Lucchini. Già allora il Collegio dei revisori di Asiu in sede di espressione di un parere in relazione all’acquisizione della partecipazione in TAP da parte della stessa Asiu ebbe a dichiarare: «La società TAP SpA rimarrà titolare solo ed esclusivamente degli impianti in via di completamento destinati alla produzione del “CIC” e quindi deve a tutti gli effetti considerarsi alla stregua di una “società di progetto” la cui capacità operativa e reddituale è seppure ad oggi credibile, ancora tutta da realizzare, con quel che ne consegue in termini di aleatorietà e rischio imprenditoriale».
Sono le tappe di una lunga navigazione finita nella bonaccia cioè nell’attuale situazione.
L’interrogativo che si pone riguarda non solo la utilità del mantenimento di una simile società ma anche, più in generale, l’ utilità, aldilà della legittimità, della presenza di strutture pubbliche o a grande maggioranza pubblica in un campo che, come quello dei rifiuti industriali, si colloca nel mercato, non certo nella privativa pubblica.