Contratti di solidarietà per 2228 lavoratori Lucchini
PIOMBINO 6 maggio 2014 — Sono 1197 gli esuberi della Lucchini dopo la messa in stand by dell’altoforno e di conseguenza dell’acciaieria. Per non applicare ad essi la procedura di licenziamento collettivo con lo strumento della mobilità si è ricorsi alla stipula dei contratti di solidarietà L’accordo siglato tra Lucchini in amministrazione straordinaria e organizzazioni sindacali (per leggere clicca qui) in due tornate, il 18 ed il 30 aprile, in vigore dal 2 maggio prevede che essi coinvolgeranno per un periodo di 12 mesi 1995 lavoratori. La riduzione media dell’orario settimanale sarà pari al 60% per cui le ore lavorative medie procapite saranno 16. Saranno interessate tutte le aree lavorative dall’area a caldo all’area laminazione, dall’area logistica e servizi tecnici all’area Staff.
Anche ai lavoratori della Lucchini servizi si applicheranno i contratti di solidarietà (per leggere clicca qui). I lavoratori coinvolti saranno 233: la riduzione oraria per il personale dedicato alle officine sarà pari al 54%, per il personale dedicato al movimento stradale e pulizie industriali al 66%.
Alla riduzione dell’orario corrisponderà un’analoga riduzione delle retribuzioni salvo che spetterà ai lavoratori per le ore di riduzione un’integrazione ministeriale pari al 70% della retribuzione persa ed un’altra regionale del 15%.
Una parte dell’accordo della Lucchini affronta il problema della formazione, fondamentale in un’ottica di riconversione produttiva e professionale, affermando che “l’azienda individuerà processi formativi a beneficio del personale posto in riduzione di orario, utili a creare i presupposti per l’acquisizione di competenze specifiche da parte dei lavoratori, al fine di favorire processi di riqualificazione/riconversione professionale che consentano di cogliere le opportunità emergenti da quanto operaio lucchinidefinito nell’Accordo di programma siglato il 24 aprile”. Ci si avvarrà delle “diverse fonti di finanziamento disponibili”.
In realtà si tratta di una petizione di principio così come si tratta di una petizione di principio la parte dell’ Accordo di Programma dedicato alle Misure per il reimpiego anche in progetti di riconversione: “Le parti si impegnano a favorire l’impiego di lavoratori coinvolti dalla crisi …in progetti speciali per azioni di bonifica ambientale, di infrastrutturazione delle aree produttive, di smantellamento di impianti obsoleti, e di supporto ad eventuali sperimentazioni di tecnologie siderurgiche innovative. Le parti si impegnano anche a favorire l’impiego di lavoratori…negli interventi di bonifica, pavimentazione ed infrastrutturazione di aree eseguiti da soggetti attuatori pubblici, sia in attività di smontaggio, manutenzione, messa in sicurezza, bonifica o riqualificazione industriale, eseguiti da soggetti provati”. Per le imprese private si prevede un punteggio premiale nell’assegnazione dei lavori che non potrà che avvenire sulla base di un appalto pubblico, per i soggetti pubblici si pensa alle attività socialmente utili che hanno costituito nel passato uno dei fallimenti più clamorosi delle politiche per il lavoro italiane.
Progetti inesistenti, aziende non nominate ed enti pubblici con le loro regole e competenze rendono assai bassa la credibilità di queste affermazioni.
Che sia una petizione di principio lo conferma anche quanto stabilito nello stesso Accordo per le Azioni per la riqualificazione del personale interessato dalla crisi industriale dell’area che individua come fonti finanziarie su cui basare la riqualificazione i Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua ai quali aderiscono le imprese interessate dalla crisi industriale e il Fondo bilaterale per la formazione dei lavoratori in somministrazione. Difficile immaginare l’attivazione di questi strumenti per aziende in crisi o addirittura in amministrazione straordinaria e comunque in dimensioni tali da non avere corrispondenza con la dimensione dell’opera di riconversione da realizzare o che dovrebbe essere realizzata.
(Foto di Pino Bertelli)