Conversazione con Enzo Della Monica, fotografo
PIOMBINO 10 ottobre 2018 — Mi ricordo sì, mi ricordo di Enzo Della Monica… un amico e fotografo con il quale ci siamo incrociati non solo per l’amore della fotografia o del cinema, ma anche per una visione della vita più giusta e più umana.
Un po’ di tempo fa, ricevetti una telefonata da Enzo Della Monica (nelle foto a sinistra, ndr)… diceva che dovevamo vederci e parlare un po’ dei nostri amici, di fotografia e della vita… come succedeva negli anni in cui Enzo abitava a Piombino. Ci vedevamo nella cantina di Renzo Chini e lì si parlava di cinema, di fotografia e di cose della quotidianità… Enzo e Renzo erano davvero legati da un’amicizia profonda e io lì in mezzo mi sentivo un po’ strano… avevo una ventina d’anni di meno e l’inquietudine mordeva il mio immaginario politico.
Renzo e Enzo però ascoltavano anche le mie intemperanze o utopie di libertà un po’ troppo gridate… il cinema neorealista ci univa, Rossellini, soprattutto, era il nostro maestro. A me piacevano anche Godard e Pasolini… Enzo contrapponeva Welles e Renoir, Renzo, John Ford e Bresson… poi eravamo tutti d’accordo su Dreyer, Ėjzenštejn e Vertov… ma in contrasto con il “realismo socialista” di Stalin… La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer faceva scorrere fiumi di parole nel freddo dello scantinato di Renzo… poi un caffè dal Nanni e ciascuno si portava via i propri sogni.
In questi incontri nello scantinato si parlava dei film indipendenti da fare, le fotografie dei piombinesi e la poesia del mare di Enzo… con Renzo abbiamo fatto una quindicina di film Super8mm (qualcosa in 16mm) e Enzo ha collaborato con la voce ad altri aiuti… ci è stato vicino anche quando abbiamo fatto “I piombinesi” (una deriva fotografica nelle case e nelle fabbriche della gente di Piombino nei primi anni 80… è uscito solo il volume di Renzo e la mia parte è rimasta inedita… tuttavia basta il lavoro di Renzo per comprendere bene il mutamento antropologico della città, il passaggio da una certa agiatezza economica ai vagiti di una crisi industriale che stava avanzando e andrà ad incrinare le certezze politiche e sociali della città-fabbrica).
Così andai con mia moglie a Pietrasanta dove abitava Enzo con la famiglia… era una domenica di sole… dopo un pranzo delizioso, ci mettemmo in un salottino a parlare di ciò che veniva… Enzo tirò fuori fotografie, la macchina da presa 16mm, lettere, ricordi… voleva svoltare i cento anni… si parlò anche di qualche progetto di mostre da fare con le sue fotografie… naturalmente ne ero felice… mi regalò l’immagine di tre donne del Sud, che accompagnò con quel sorriso corsaro che lo riportava all’infanzia della fotografia… lo abbracciai forte, era un dono importante che custodisco con amore nella stanza di mia figlia Myriam.
Si prese a parlare della sua famiglia di vecchi pescatori, di Renzo, delle nostre famiglie, dei nostri lavori… Enzo, con le fotografie sulle gambe e una luce di bellezza negli occhi toccò cento argomenti… Kafka, Melville, Dostoevskij con la naturalezza di chi sa molto di più di quello che dice.
Gli chiesi cosa era la fotografia per lui…
“La fotografia è un linguaggio universale e mi ha accompagnato tutta la vita….ho fatto fotografia sociale, come te… ma anche nelle fotografie dei miei sassi c’è la società, però bisogna vedercela… se non c’è amore per la vita non ci può essere nessuna buona fotografia”.
Raccontami di Renzo Chini e Luciano Tovoli…
“Abbiamo iniziato a fare fotografie e cinema insieme… si lavorava sulla realtà e sulla poesia della realtà… poi ognuno ha preso la sua strada… Tovoli è diventato un grande direttore della fotografia nel cinema, Renzo ha scritto libri, insegnato fotografia e fatto anche cinema e fotografia con te”… qui Enzo ride… “avete fatto cose molto marginali, ma vive, vere, una ritrattistica antropologica della città-fabbrica… una Piombino bella ma diversa… del resto vi ho anche partecipato”.
Hai fatto una particolare fotografia sociale o civile… la gente del Sud, pescatori, contadini… e poi quelle straordinarie fotografie dei sassi di Piombino… perché?, cosa ti ha spinto a raccontare la vita attraverso quelle pietre corrose dal sale?…
“Il cinema neorealista del primo dopoguerra ci ha ha fatto crescere… così mi sono accostato alla gente semplice… l’ho fotografata nella bellezza e nell’innocenza della loro esistenza, credo… ho usato un bianco e nero forte, deciso, essenziale, alla Weston, per intenderci”…
Sai che a me Weston proprio non piace, perché era un esteta o poco più… fotografava peperoni, water o scorci di fabbriche con grande destrezza tecnica, ma proprio non ci sapeva fare con le persone, nemmeno con le donne nude sulla spiaggia…
Enzo sorride… “Sei troppo cattivo… Weston è un maestro della fotografia, non ci sono santi… anche per Renzo era così”…
Ma non per me, dico, mordendo il sigaro all’anice. Meglio August Sander o Diane Arbus… almeno mettevano nelle loro immagini l’anima innocente (o colpevole) dell’umanità. E le tue fotografie delle pietre salate?
“Pietre salate? bello! non ci avevo pensato… è stata una scelta poetica… in quelle pietre consumate dal mare che ho fotografato sulle spiagge di Piombino, ci ho visto non solo il tempo ma anche il passaggio della vita… ero affascinato dalle forme, dalla surrealtà della fotografia che mi accostava all’essenza delle cose”…
Sono belle le fotografie delle pietre salate… molto belle… non dicono solo di forme ma riportano alla materia della vita… lì il passato ritorna e il nuovo che avanza è già in qualche modo finito… del resto, tutto nasce e muore per finire in una fotografia”…
Enzo mi accarezza una mano… sorride ancora…
“Non so se quello che dici è vero… sono fotografie di pietre, di scogli, di figure strane… ci ho passato tanto tempo su quelle spiagge… forse c’è anche quello che ci vedi te… c’è amore però in quello che ho fatto”.
È il momento di lasciarci… abbraccio forte Enzo, mi guarda con quella malinconia che gli ho sempre visto addosso… una lacrima indecisa affiora negli occhi… faccio finta di niente… in macchina non riesco a parlare con Paola… sarei dovuto tornare… libri, fotografie, viaggi hanno mangiato il tempo e adesso Enzo è volato via, verso giovinezze mai dimenticate… ma Enzo non è scomparso, perché resta la sua opera a testimonianza di una vita a fianco di quanti hanno fatto della bellezza anche un atto di giustizia… ciao Enzo, ci rivedremo certo, da qualche parte, là dove finisce il mare e comincia il cielo. Chi ha molto amato, amato sarà sempre.
*La conversazione non è stata registrata… ho preso solo qualche appunto su un pezzo di carta e riportato la nostra chiaccherata il giorno dopo sul mio Moleskine… ho ripreso anche i ricordi di diversi incontri in uno scantinato, dove un tubo perdeva sempre acqua, con Enzo e Renzo Chini di molti anni fa… e con una certa commozione per due amici scomparsi, ma che ancora restano legati a molto di ciò che poi ho fatto come fotografo di strada.
(Foto di Pino Bertelli)