Costoso porto turistico vicino alla demolizione navi
PIOMBINO 27 febbraio 2017 — Il 29 maggio prossimo è stata convocata dal Comune di Piombino la conferenza dei servizi per l’approvazione del progetto definitivo per la realizzazione di un porto turistico nella Chiusa di Pontedoro da parte della omonima cooperativa. In realtà si tratta del progetto di un più complesso “Polo della Cantieristica, dei Servizi e delle Attività Ittiche” di cui il porto turistico è una parte. Questa nuova infrastruttura, limitiamoci al porto turistico, potrebbe ospitare 700–800 imbarcazioni di varie tipologie comprese fra i 5 e 25 metri. A detta dei proponenti sarebbero così soddisfatte le esigenze della nautica sociale e delle imbarcazioni d’alto bordo.
Avremo quindi in teoria due previsioni urbanistiche operative nel settore della nautica considerando che nulla vieta la realizzazione dell’altra struttura portuale da costruirsi nell’ambito di Poggio Batteria.
La tipologia delle imbarcazioni per la Chiusa va dagli 8 metri di lunghezza ad una categoria superiore tra gli 8 e 16 metri, per finire con un 10% di natanti superiori ai 16 metri . È previsto anche uno spazio (8 ettari) per la cantieristica e il rimessaggio.
Se realizzati, i due porti potrebbero ospitare 1500 barche, la stragrande maggioranza delle quali di stazza più appropriata all’alta borghesia che non a proletari con stipendio fisso. Detto che la previsione di Poggio Batteria si può ormai dichiarare fallita, sia per i costi di costruzione sia per le criticità presentate in ordine alla contiguità con il porto passeggeri e commerciale, vediamo ora perché anche questa seconda previsione, la Chiusa, rischia la sua inattuabilità.
In primo luogo la sua posizione è ambientalmente incompatibile nel senso che è poco credibile che armatori di barche di 15–20 metri vorranno ormeggiare i loro lussuosi natanti accanto ad un padule ricolmo di rifiuti industriali inquinati e ad un polo di smaltimento di navi (nella planimetria sottostante si può vedere a sinistra la localizzazione del porto turistico di Poggio Batteria e a destra nell’ordine del polo per la rottamazione delle navi e del “Polo della Cantieristica, dei Servizi e delle Attività Ittiche”).
Senza contare che ancora non è detta l’ultima parola sul forno elettrico e colata continua che, se realizzati, si troverebbero proprio lì dietro. Ma se l’aspetto d’impatto ambientale potesse essere superato con delle schermature arboree così come descritto nel progetto (sic!) un’altro masso enorme ostruisce la strada ai proponenti: il finanziamento dell’opera. Secondo i progettisti si tratta di un investimento per l’intero Polo di oltre 85.252.718 euro (Darsena turistica 44.085.932, Area catieristica 30.057.724, Nautica sociale 6.239.583, Area pescherecci 4.869.479) in un periodo di costruzione pari a dieci anni collocandosi però nei primi 5 anni la realizzazione dell’80% del totale. Naturalmente non sarà così perché esperienza insegna che i costi aumenteranno via via che passerà del tempo rendendo sempre più difficile il reperimento dei fondi per l’investimento. In considerazione anche dei tempi che corrono e della crisi economica che colpisce non solo la Val di Cornia ma la Toscana e l’Italia sembra certo che un mucchio di soldi così non sarà possibile rimediarlo tanto facilmente.
C’è infine un’altra questione che si frappone alla realizzazione di questo porto e cioè una necessaria e adeguata viabilità di accesso ad una così imponente infrastruttura. Dovrebbe e potrebbe essere la famosa ss 398 la soluzione del problema ma credo che in pochi a Piombino pensino ancora di vederla realizzata prima di una decina d’anni.
Se quanto detto finora fosse in prossimità del vero quale considerazione dovremmo trarre da una vicenda come quella della Chiusa che costituisce null’altro se non l’ennesima ripetizione di sbagli che affliggono vari ambiti della vita politico-amministrativa della città? Molti progetti sono falliti, molti programmi non si sono attuati per l’inorganicità e l’estemporaneità delle idee. Qui da noi negli ultimi dieci anni c’è stato un grande impegno da parte dell’amministrazione comunale nel tentativo di realizzare grandi opere forse allo scopo di lasciare un segno tangibile delle proprie presunte capacità progettuali. Addirittura si era arrivati a parlare di svolta epocale mentre al contrario non possiamo certo dimenticare che fine ha fatto la storia dei fanghi di Bagnoli, di Città futura, di Città Antica, della piscina comunale, dell’ospedale a Riotorto, del canile, del centro benessere al cimitero, di Luis Vuitton all’Enel, delle previsioni del regolamento urbanistico e delle varianti urbanistiche e chi più ne ha più ne metta.
Sulla nautica, un settore importante e forse decisivo per il rilancio economico e sociale della Val di Cornia, si sono fatti errori a catena. Si pensi a Poggio Batteria e alla testardaggine (speriamo sia solo quella) che ha prodotto una tale cantonata urbanistica.
Ora è ben noto che per evitare questi fallimenti bisognerebbe avere l’attitudine a riconoscere e distinguere i limiti entro i quali ci si può muovere. Questa capacità è un’arte che va coltivata e praticata con cura. Gli amministratori pubblici dovrebbero lasciarsi guidare da un’adeguata conoscenza delle specifiche circostanze e contesti, da un ponderato giudizio critico e da un vigile senso di responsabilità. Gli obiettivi da raggiungere devono essere commisurati alle energie intellettuali, morali e materiali di cui si dispone. È cosa risaputa che non vi è alcuna convenienza nel tentare sempre l’impossibile perché si fa un cattivo servizio alla collettività e si gettano via tempo e denari pubblici. Per questo “ Anziché attendere la giusta città di Platone ci deve bastare una cosa: un po’ di miglioramento, anche minimo “.
Per ora l’unica certezza che abbiamo è che qui da noi anziché progredire si sta solo peggiorando e sembra che il fondo sia ancora distante. E questo ovviamente non ci basta.
Figuriamoci, oramai alle loro bischerate non crede più nessuno. Questi “politici”, dal più locale fino al nazionale, fanno solo ridere i polli e ci porteranno alla rovina assoluta. Ma la finite di votarli questi buoni a nulla? La finite una buona volta?
Bell’articolo Luigi, complimenti. Aggiungo soltanto che se la classe politica che da sempre governa il territorio, un bellissimo territorio, fosse stata meno rattrappita sui propri interessi ed avesse avuto più progettualità e visone per il futuro, non ci troveremmo in questa assurda e drammatica situazione. Colpa nostra purtroppo.….….…..
Lo sviluppo di un territorio si basa sulle sue caratteristiche, sulle sue ricchezze da valorizzare. Non si può pensare ad un porto turistico con alle spalle cumuli di rifiuti industriali che formano una enorme discarica abusiva, mentre di fronte un cantiere della PIM demolisce navi militari!
La politica insieme alla cittadinanza, alle forze economiche, alle associazioni, alle università ecc.. deve scegliere, costruire un piano di sviluppo e su esso programmare un territorio, in base a tale piano si attirano gli investimenti e non viceversa.
Se lasciamo che sia il mercato a programmare il nostro territorio ne faremo una fonte di ricchezza solo per pochi e non creeremo posti di lavoro numerosi e stabili.
Occorre togliere i cumuli, bonificare, realizzare la ss 398 verso il porto secondo un progetto funzionale e non dettato da AFERPI e indirizzare la PIM al rimessaggio e alla costruzioni di navi e non alla demolizione dato che, fra l’altro, queste attività richiedono strutture e specializzazioni diverse. Forse allora il porto turistico sulla Chiusa ha una possibilità. Possibile non capire che le scelte anche imprenditoriali devono essere compatibili con lo sviluppo complessivo di un territorio? La politica anche locale ha rinunciato alla sua funzione di indirizzo e tutela dell’interesse comune: occupazione, qualità della vita, sviluppo proiettato nei prossimi decenni. Traguarda tutto alla luce della prossima tornata elettorale mentre si pone acriticamente al servizio di qualsiasi idea imprenditoriale immediata seguendo logiche puramente liberiste.
Complimenti a Renzo. Non poteva spiegarlo meglio.