Crisi: il vero nemico è la rassegnazione
PIOMBINO 12 ottobre 2013 — E’ storicamente un dato di fatto che quando ha luogo un evento, coloro che si sono minimamente preparati ad affrontarlo riescono meglio rispetto a coloro che non si sono preparati affatto.
Un singolo evento o una serie di eventi collegati tra loro possono avere un impatto terribile sulla comunità o su un intero stato; come un evento naturale di tipo catastrofico, una guerra civile, un esaurimento delle risorse o una crisi dell’industria. Ecco, appunto, una crisi dell’industria. Piombino sta vivendo la crisi siderurgica in modo terribile. Era questo un evento predicibile? Sicuramente non è un terremoto improvviso. Sono in molti a credere che già da alcuni anni questa situazione si sarebbe manifestata. Ma non è semplice, durante una conversazione con un amico, sparare qualche pallottola contro un’inerzia di routine lavorativa che coinvolge così tante persone; soprattutto in una situazione italiana globale così grave. “Che cosa avremmo potuto fare prima?”, si odono le discussioni tra coetanei seduti a un tavolo nel bar sotto casa. Eppure ogni persona “straniera” che visita la città ne rimane affascinato. Salta subito alla mente il pensiero di “aprire un bagno, un albergo, un ristorante indiano, associazioni culturali”. In molti da fuori, restano basiti nel vedere una città piena di storia antica e medioevale, così bella e ricca di attrattive. Si domandano increduli “scusami, ma come fa ad esserci il problema del lavoro qui?”.
Il problema c’è e come se c’è. La crisi della siderurgia a Piombino è come un ictus o una lesione che abbassa le nostre funzionalità di base, che ci permette di svolgere comunque parzialmente le nostre attività ma che inesorabilmente debilita la nostra quotidianità, le nostre energie, la nostra carica. E il processo di riabilitazione è sicuramente molto lento. Si deve attendere la soglia temporale in cui la lesione ha fatto il suo corso e il momento in cui i neuroni tentano di riorganizzarsi. Una soglia molto difficile da individuare ed un tempo di individuazione impredicibile.
L’impressione è che la paura di perdere il lavoro e restare a casa non riesca a dare un “trigger”, una spinta rabbiosa ma produttiva verso la resurrezione, la rigenerazione. Bensì sussiste un senso di rassegnazione tra le persone, mescolato ad una buona dose di negazione che un evento disastroso stia per accadere. Una consapevolezza di essere impreparati, uno tsunami che crea quell’onda che sembra non così alta da creare danni, non così veloce da non poter scappare ma che nasconde in sé una forza inarrestabile. Questa forza non la vogliamo metabolizzare in spinta di ricrescita, non riesce a instillare rabbia tale da indurre reazione.
Si respira un’ aria un po’ tetra in giro. Tanti fanno quello che hanno sempre fatto: cena fuori con gli amici, gita del weekend. Però, dietro questa apparente normalità, passeggiando tra loro riecheggia sempre questa crisi nelle loro parole, questo Momento: in ogni negozio, supermercato, a spasso con il cane. Provate ad avvicinarvi a quelle chiacchiere, sentirete “acciaierie…, altoforno…., la speranza è che…”.
La crisi della siderurgia colpisce emotivamente ed economicamente tutti, persone care e amici estranei alla fabbrica. Tornando alle prime parole, un singolo evento può colpire duro. Una catena di eventi può stendere al tappeto. Certo è che un colpo come quello della siderurgia a Piombino, in un background di questa situazione italiana già devastante di per sé, può essere un colpo letale. In una situazione serena (utopica) italiana, questa crisi locale non avrebbe sicuramente debilitato l’animo delle persone che probabilmente sarebbero state più coinvolte attivamente a rigenerarsi. Non c’è spinta di crescita nelle persone, di cambiamento e non è sicuramente colpa loro. Ma qualcosa deve pur succedere. Che sia il forno elettrico, il corex?
Il punto fondamentale è che la spinta al risorgere nell’animo ormai rassegnato non deve essere solo una spinta dall’esterno, un esterno fatto da eventi che possano più o meno accadere. “Secondo te pioverà?” “Arriverà la Concordia a salvarci?”. Deve essere una spinta attiva, armarsi di forza d’animo. Forse se già da qualche anno ci fosse stata più spinta da parte di quelli che già percepivano la paura di perdere il lavoro, perché consapevoli della possibile chiusura della Lucchini, e più spinta da parte dell’amministrazione comunale – arrivata troppo tardi — verso la comunicazione con coloro che offrivano idee, innovazione nel turismo e progetti di green economy, oggi qualche sorriso in più avrebbe stimolato a reagire coloro che adesso restano in attesa.
(Foto di Pino Bertelli)