Dai proclami alla ricerca di soluzioni possibili
PIOMBINO 21 marzo 2014 — Governare vuol dire avere il coraggio di confrontarsi con la realtà e trovare soluzioni. E questo è tanto più vero quanto più i problemi sono gravi e le situazioni critiche. È successo nella vicenda Lucchini? Ci pare di no. Si può sempre rimediare, almeno lo speriamo, ma occorre cambiare decisamente rotta e passare dal previlegio delle enunciazioni alla priorità dei nodi da sciogliere e del modo per scioglierli. Puntare a raggiungere le stelle quando le condizioni non ci sono significa non raggiungere nemmeno la luna e cadere precipitosamente. Nella vicenda Lucchini si è insistito, e lo si fa tuttora, nel voler mantenere in funzione un altoforno giunto a fine corsa e sempre in perdita, ci si è fatti supporter di “imprenditori” che raccontavano sogni irrealizzabili (investimenti per 3 miliardi e alberghi a cinque stelle e palazzi dei congressi in mezzo alle industrie), si sono dati per quasi fatti insediamenti produttivi (area per il recupero della Concordia, polo per la rottamazione delle navi col conseguente trattamento dei rifiuti pericolosi) lontani nelle nebbie future per fattibilità e caratteristiche, si sono promessi investimenti pubblici inesistenti e comunque di difficile ottenimento. Si è condito tutto con quella che oggi si chiama comunicazione e ieri, molto più correttamente propaganda. Quando si fa così gli incidenti di percorso sono quanto di più probabile ci possa essere ma qui si è andati anche oltre: nello stesso giorno in cui il sindaco di Piombino si è lanciato in una esternazione dicendo “mi spiace mortificare l’erezione di chi pensa che gli arabi siano fuori: non è così” è venuto fuori che gli arabi non erano affatto credibili. E ci fermiamo a questo eufemismo. Politiche sbagliate con conseguenti responsabilità. Il risultato è che oggi i problemi sono più difficili di quando si è partiti. Organizzazioni sindacali, partiti politici, Comune di Piombino, Regione Toscana e Governo hanno adesso un compito primario: smettere di inventare soluzioni impossibili irrispettose nei confronti dei lavoratori direttamente interessati, delle loro famiglie e di tutti gli abitanti di questo territorio e riprendere il loro ruolo che è quello di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità e su questa base impostare soluzioni possibili nel breve, medio e lungo termine. La vera responsabilità che emerge da questa vicenda è tutta qui ed è una responsabilità politica, collegialmente politica: aver illuso e magari essersi illusi rinunciando all’esercizio del confronto pubblico sulle cose possibili piuttosto che su quelle desiderabili.
La riconversione di un territorio in crisi siderurgica è molto difficile ma non impossibile. È una strada stretta ma proprio per questo occorre tenere gli occhi aperti e non farsi accecare dallo splendore dell’irrealizzabile.