Per l’Alitalia si provano politiche attive per il lavoro
PIOMBINO 1 settembre 2014 — Uno degli aspetti più rilevanti che hanno contraddistinto la vicenda Alitalia-Etihad, da un punto di vista giuridico, consiste senz’altro nel fatto che, per la prima volta, viene data applicazione al comma 215 dell’articolo unico della Legge di Stabilità 2014, introduttivo dei “Contratti di ricollocazione” (o di ricollocamento). Circa 900 dipendenti infatti verranno assoggettati (per leggere clicca qui) a questo nuovo regime, che costituisce un’importante innovazione nel campo delle politiche giuslavoristiche, generalmente “passive”, basate cioè unicamente su un sostegno del reddito ma mai su un’effettiva promozione della ricollocazione del lavoratore. Tale regime introduce una politica attiva, che si contraddistingue sotto due punti di vista: il lavoratore continua a ricevere un sussidio economico mentre, contestualmente, beneficia di attività di formazione professionale e viene aiutato a reinserirsi nel mondo del lavoro per mezzo di Agenzie.
Per quanto concerne il primo aspetto, bisogna sottolineare come la competenza legislativa e amministrativa in materia di servizi per l’impiego spetta alla Regione: è infatti quest’ultima, con delibera della Giunta, che offre ai lavoratori l’opportunità della ricollocazione, tramite l’erogazione di un voucher che consta di una parte fissa ed una variabile (quest’ultima verrà concessa solo a ricollocazione avvenuta). Tale voucher è funzionale al secondo aspetto: esso infatti è destinato alla copertura del costo dei servizi di “outplacement” (assistenza intensiva nella ricerca di un nuovo impiego), di cui sono titolari le Agenzie accreditate presso la Regione (nel caso
Alitalia si tratta del Lazio). Il lavoratore è libero di scegliere l’Agenzia cui rivolgersi e questo dovrebbe stimolare la concorrenza tra le stesse, ma per evitare che queste si concentrino solo sui lavoratori più facilmente collocabili, il “voucher” deve essere graduato proprio in virtù della collocabilità: i requisiti che concorrono a formare questo criterio verranno di volta in volta fissati dalle diverse Regioni. Tale sistema dovrebbe consentire un equilibrio del mercato: da un lato infatti le Agenzie eviteranno di essere troppo accondiscendenti, per non correre il rischio di non intascare il voucher dal momento che non riusciranno a conseguire l’effettiva ricollocazione del lavoratore, ma dovranno anche stare attente a non incorrere in eccessiva rigidità, pena il rischio di perdere il lavoratore che invece potrà rivolgersi ad Agenzie più efficienti. In ogni caso, il lavoratore fruisce di un trattamento di disoccupazione pari al 75% dell’ultimo stipendio percepito, l’ASpI (“assicurazione sociale per l’impiego”, che rappresenta un’indennità di disoccupazione introdotta dalla l.92/2012 in sostituzione delle prestazioni di disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti normali, della disoccupazione ordinaria non agricola a requisiti ridotti o della disoccupazione speciale edile, a cui può aggiungersene un altro complementare grazie alla partecipazione dell’impresa che licenzia, arrivando anche al 90%.
Uno degli aspetti più innovativi della normativa (già sperimentata con successo in altri Paesi europei, come l’Olanda) è dato dall’introduzione del “Tutor”, figura chiave: questo soggetto, designato dall’Agenzia, ha lo scopo di assistere il lavoratore passo dopo passo nel suo percorso di riqualificazione professionale, determinando le occasioni di occupazione, i percorsi di formazione e controllandone inoltre la disponibilità effettiva. Ogni volta che il lavoratore rifiuta di partecipare ad un corso, ad un’iniziativa o addirittura respinge una proposta di lavoro, il tutor valuta il comportamento e, se del caso, lo contesta al lavoratore: tale contestazione non è priva di conseguenze, poiché determina la prima volta un dimezzamento dell’indennità, la seconda l’interruzione. Il lavoratore ha comunque la possibilità di impugnare la contestazione davanti ad un arbitro.
Vedremo solo nei prossimi anni l’efficacia di questo tipo di misure nel nostro Paese, ma già dai primi risultati sarà possibile determinare pregi e difetti e semmai apportare correttivi: di sicuro, se dovessero andare in porto, rappresentereanno un notevole risparmio per le casse pubbliche che dovranno sostenere il lavoratore per il tempo strettamente necessario a reimpiegarsi, fruendo peraltro dei Fondi europei a ciò destinati, anziché limitarsi ad erogare la cassaintegrazione, anche per periodi prolungati, senza fornire ulteriori opportunità di reinserimento ai destinatari.
(Foto di Pino Bertelli)